Cnr, la presidente Carrozza: «Va ricostruita la fiducia tra cittadini e scienza»

Cnr, la presidente Carrozza: «Va ricostruita la fiducia tra cittadini e scienza»
di Nando Santonastaso
Martedì 27 Luglio 2021, 20:00
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Presidente Carrozza, le proteste ora anche organizzate contro le vaccinazioni anti-Covid e il green pass rimettono in discussione ancora una volta il primato della scienza. Come se ne esce?
«Più che di primato della scienza dovremmo parlare del rapporto di fiducia tra la ricerca scientifica, l'innovazione tecnologica e i cittadini, ma anche le istituzioni, che è fondamentale per lo sviluppo sociale e per il benessere delle persone risponde Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr e già ministro della Ricerca -. In Italia i dati dicono che l'atteggiamento verso la ricerca è in genere positivo ma contraddittorio, anche durante la pandemia abbiamo avuto fasi di giudizio altalenanti, con crisi dovute alla percezione di incertezza che cittadini avvertono dalla pluralità delle voci scientifiche riportate dai media. Questo punto però ci avverte di quanto sia complesso e difficile realizzare una comunicazione della scienza corretta ed efficace, poiché uno dei principi che dobbiamo trasmettere alle persone è proprio che la ricerca scientifica non può fornire certezze assolute e definitive, essendo un processo di avvicinamento progressivo, di avanzamento delle conoscenze».

I No Vax e ora anche I No green si stanno diffondendo in tutto il mondo, qual è secondo lei la vera partita in gioco? La posta in palio può essere cioè soprattutto politica?
«Nelle posizioni di chi si oppone a indicazioni oggettivamente necessarie e valide da parte degli scienziati, pensiamo alla mitigazione e adattamento rispetto ai cambiamenti climatici, oppure all'adozione delle misure di sicurezza contro il Coronavirus, per non parlare della vaccinazione, c'è sicuramente anche una quota di pregiudiziale ideologica.

Ma molti scettici, esitanti e perplessi lo sono perché la straordinaria complessità di questa situazione ha colto tutti impreparati e adattarsi all'incertezza generale, al dubbio, non è semplice».

Ma come si è arrivati a questo punto, di chi le responsabilità? Della scuola, per esempio o della stessa politica?
«Le responsabilità della scarsa alfabetizzazione scientifica in Italia sono diffuse e se c'è sicuramente una parte da attribuire alla scuola, che è stata troppo soggetta al pregiudizio secondo cui scienza e tecnologia sono una sorta di cultura di serie B, bisogna anche dire che per lungo tempo le istituzioni di ricerca non si sono attivate a sufficienza nella divulgazione. Per fortuna questa situazione è cambiata notevolmente negli ultimi anni. Inoltre i media, lo vediamo anche in questo contesto pandemico, tendono a dare una rappresentazione della scienza polarizzata, fatta di bianco e nero, pro e contro, cioè proprio quello che la ricerca scientifica nel suo confronto non deve e non può essere. Ciò determina tra l'altro l'accentuarsi di quella ideologizzazione della quale parlavamo prima. Tutti dobbiamo collaborare per ricongiungere pienamente il mondo scientifico agli altri stakeholder».

Quanto può incidere questa divisione sull'attuazione del Pnrr, che sicuramente chiama il Paese ad un radicale cambiamento in settori strategici come il green?
«Il Piano è una occasione storica è imperdibile per il nostro Paese, non soltanto per uscire dalla crisi socio-economica determinata dalla pandemia ma soprattutto per attuare un nuovo modello di sviluppo che trova i suoi pilastri nella transizione ecologica, nella digitalizzazione, nella salute e nella formazione. Credo che tutti i cittadini si rendano conto che se non la cogliessimo, oltre ai danni per esempio all'ambiente, pagheremmo le dirette conseguenze anche allontanandoci dal livello di sviluppo degli altri Paesi europei e avanzati».

Quale ruolo è chiamato a svolgere in questo contesto il CNR?
«Il ruolo del Consiglio nazionale delle ricerche in questo contesto è essenziale perché il nostro è non soltanto il maggiore ente di ricerca pubblico italiano e uno dei principali a livello internazionale ma un ente multidisciplinare, che cioè mette a fattore comune competenze di tipo molto diverso: ed è proprio questa la chiave della ricerca che più può risultare utile alla società contemporanea, come ci stiamo rendendo conto anche dall'esempio della pandemia. Inoltre il CNR lavora sin dalla ricerca fondamentale e fino a quella traslazionale, cioè che si traduce in terapie, o alle applicazioni tecnologiche e questo è un altro punto di complessità che l'emergenza pandemica ha reso particolarmente chiaro. Anche rispetto alla sostenibilità e alla transizione green, il CNR si candida ad esserne il pilastro in termini di competenze».

Il nuovo Programma nazionale della ricerca riduce almeno sulla carta duplicazioni e problemi di accesso ai finanziamenti, siamo alla svolta?
«Dobbiamo sperare che il Programma sia, assieme al Pnrr, non soltanto una grande opportunità di finanziamento della ricerca ma anche una occasione per creare un nuovo modello più coerente, organico, in cui le risorse siano ottimizzate e si evitino duplicazioni e sprechi che in passato hanno nuociuto. Almeno quanto la carenza di risorse umane e finanziarie che è purtroppo un male antico del nostro sistema scientifico».

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