Trucco sui fondi per i nuovi asili: spariscono 13 milioni per il Sud

Trucco sui fondi per i nuovi asili: spariscono 13 milioni per il Sud
di Marco Esposito
Lunedì 6 Novembre 2017, 09:24
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Un errore materiale. O un trucco deliberato. Valuti il lettore cosa è accaduto nella suddivisione dei fondi per nuovi asili nido, finiti per tre quarti al Centronord. L'inchiesta del Mattino sul riparto di 209 milioni pubblicata sabato scorso non è stata smentita neppure in un dato. E i nuovi numeri che andiamo a snocciolare dimostrano come nel giro di un mese siano state cambiate le carte in tavola, facendo letteralmente sparire 13 milioni di euro destinati al Mezzogiorno secondo le tabelle preparate dallo stesso ministero dell'Istruzione e consegnate agli Enti locali.
Il sottosegretario all'Istruzione Vito De Filippo, in una lunga lettera al giornale, ha ricordato che «prima queste risorse non esistevano» e ha ragione perché il fondo è stato istituito proprio per ridurre l'incredibile divario territoriale nei servizi per l'infanzia. De Filippo non nega che al Mezzogiorno vadano 54 milioni su 209 (il 26% con il 34% dei bambini entro i sei anni) e però non spiega come mai il procapite al Sud sia decisamente più basso: 43 euro per bambino da zero a sei anni in Campania contro 90 euro in Emilia Romagna. Un assurdo perché, secondo il decreto legislativo 65/2017 - quello che stabilisce i criteri per assegnare i finanziamenti - i fondi vanno consegnati «con priorità per i Comuni privi o carenti di scuole dell'infanzia statale». Non per abbellire gli asili che ci sono già.
Su una cosa però De Filippo ha perfettamente ragione: i criteri di riparto con la tabella finale approvati il 2 novembre sono «frutto - come scrive il sottosegretario - di un accordo raggiunto in Conferenza unificata dove siedono i rappresentanti di Regioni ed Enti locali». Anche del Sud. I quali però - ma non è una novità su temi del genere - sono colpevolmente assenti o silenti.

Gli Enti locali, del resto, il 2 ottobre (esattamente un mese prima) avevano ricevuto dal ministero dell'Istruzione una proposta di riparto del fondo con tre ipotesi, ciascuna con la relativa tabella. Il fondo di 209 milioni veniva in sostanza diviso in due parti: una da suddividere tra le regioni in base ai bambini e la restante parte da ripartire in base agli iscritti nelle scuole dell'infanzia. Le ipotesi sviluppate nelle tabelle vedevano un riparto di 50%-50%, di 60%-40% e di 70%-30%. La base dati è sempre la stessa: 3.046.817 bambini entro i 6 anni non compiuti e 1.765.860 iscritti nei nidi e nelle materne. I numeri cambiano nelle tre tabelle, com'è ovvio, ma non in modo clamoroso. La Campania si vedeva assegnare 21,1 milioni nell'ipotesi 50-50; 20,9 milioni con la formula 40-60; 20,8 milioni nella tabella con i pesi 30-70 ovvero valorizzando di più gli iscritti.

Il 2 novembre, in Conferenza unificata, sul tavolo c'è un'ipotesi un po' diversa. Il peso assegnato ai bambini è del 40% come nella seconda tabella; il peso assegnato agli iscritti è del 50% come nella prima tabella e si trova spazio per una quota del 10% con la finalità, spiega il ministero, «di garantire un accesso maggiore».

Andiamo per ordine. La Campania in base alle tabelle doveva ricevere 10,2 milioni dalla quota fondo derivante dagli iscritti (pesati al 50%), più 8,7 milioni dal numero dei bambini (pesati al 40%). Fermiamoci qui: il totale fa già 18,9 milioni e ancora deve essere ripartita la quota per «garantire un accesso maggiore».

Quella quota perequativa è stata costruita al contrario rispetto allo spirito e alla lettera della legge. La norma in vigore - che l'esecutivo ha il dovere di attuare - pone tra le finalità il progressivo «riequilibrio territoriale» con «l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale». E la ministra Valeria Fedeli cosa fa? Per la perequazione invece di considerare la fascia di età 0-3 anni fa riferimento esclusivo a quella 3-6 anni e conta i bambini che non hanno la scuola materna «statale» per cui si considerano bisognosi di aiuto i bambini che hanno già scuole comunali. Una perequazione al rovescio ma che, a ben vedere, sposta poco. Il peso di tale voce infatti è modesto (10%) pari quindi a 20,9 milioni su 209 milioni. Alla Campania, secondo stime del Mattino su dati Istat, di quei 20,9 milioni ne toccano solo 1,3.
Poco, ma torniamo ai 18,9 milioni che andavano alla Campania in base alla tabelle che lo stesso ministero ha consegnato agli enti locali. Sommiamo a quella cifra i pur insufficienti 1,3 milioni di «perequazione». Il totale fa 20,2 milioni di euro. È matematico.

 E invece per la tabella finale del ministero dell'Istruzione 18,9 milioni più 1,3 milioni fa... 13,7 milioni. Spariscono cioè senza alcuna spiegazione logica 6,5 milioni destinati ai servizi per l'infanzia della Campania, secondo i numeri consegnati alla Regione e ai Comuni dallo stesso ministero dell'Istruzione. E altri 3,3 milioni vengono sottratti alla Sicilia. La Calabria perde 1,3 milioni. La Puglia 1,1 milioni. Il Mezzogiorno nel suo insieme vede sparire quasi 13 milioni di euro destinati all'infanzia, arrivando a un valore medio di 51 euro per bambino contro i 78 euro del Centronord.

Ce ne è quanto basta per chiedere, a nome dei lettori e delle famiglie meridionali che aspettano servizi dignitosi per l'infanzia, alla ministra Fedeli, al sottosegretario De Filippo e agli uffici tecnici del ministero alcuni chiarimenti di dettaglio. In nome di un'operazione trasparenza, doverosa proprio perché siamo di fronte a «un cambiamento epocale», come ha ricordato ieri il sottosegretario. E non è il caso di esordire creando precedenti errati o poco chiari.

Primo punto: come si spiega la forte differenza nei risultati finali tra le tabelle inviate il 2 ottobre agli enti locali e quella definitiva approvata il 2 novembre? In particolare per la Campania quali sono i valori che giustificano il passaggio dai circa 21 milioni delle tre ipotesi prospettate il 2 ottobre a 13,7 milioni del 2 novembre?
Seconda questione: perché per la voce destinata a «garantire un accesso maggiore» dei bambini ai servizi per l'infanzia si è considerata la fascia di età 3-6 anni quando la legge pone attenzione sulla fascia 0-3 anni, dove le differenze di accesso sono più ampie?

Terzo tema: perché nei criteri di riparto non si è tenuto conto della differente capacità fiscale tra i territori nonostante tale criterio sia esplicitamente indicato nel decreto legislativo 65/2017 all'articolo 12? Infine c'è una quarta domanda che non è destinata al ministero bensì ai presidenti di Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria e Sicilia, ai presidenti delle Province di Cosenza e Potenza e ai sindaci di Napoli, Lecce, Catania, Chieti e Bari, tutti componenti della Conferenza unificata: perché nessun vostro rappresentante il 2 novembre 2017 ha preso visione della tabella finale di riparto e si è accorto delle forti e clamorose differenze rispetto ai documenti preliminari consegnati un mese prima?