Rossella Nappini, il cognato: «Il killer fece l'imbianchino a casa della madre, così si conobbero. Non credo fosse il suo ex compagno»

La famiglia dubita che tra i due ci fosse una relazione: "Se è stato quest'uomo sia fatta giustizia"

Rossella Nappini, il cognato: «Il killer fece l'imbianchino a casa della madre, così si conobbero. Non credo fosse il suo ex compagno»
di Camilla Mozzetti
Giovedì 7 Settembre 2023, 06:37 - Ultimo agg. 06:39
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«Non so chi frequentasse mia cognata, non so neanche se ci fosse questa relazione. Ma se è stato quest'uomo, prego Dio, che sia fatta giustizia». Francesco Mariani è il cognato di Rossella Nappini, l'infermiera di 52 anni accoltellata a morta nell'androne del palazzo al Trionfale lunedì pomeriggio. Per il suo assassinio è stato sottoposto a fermo, con l'accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, Adil Harrati, un cittadino marocchino di 45 anni irregolare sul territorio italiano. Ma la famiglia dubita che tra i due ci fosse una relazione. Il concetto stesso di "ex-compagno" è «da riservare ad altre figure» dice il cognato che ricorda l'ultimo giorno in cui ha visto la donna. «Era sabato sera, siamo stati a cena insieme non ha detto o fatto riferimento ad alcun problema. Se fosse stata preoccupata da un rapporto o da un uomo che la perseguitava, ad esempio, ce ne saremmo accorti ma è anche vero che mia cognata era una persona molto riservata». Poco diceva della sua vita privata e a volte anche le persone più vicine possono essere all'oscuro di molte cose. E il concetto stesso di "relazione" è di per sé molto labile. Quell'uomo che per alcune settimane era entrato da manovale nell'appartamento dell'anziana madre, la signora Teresa, per rinfrescare e tinteggiare le pareti, «non l'ho mai visto», prosegue il cognato. Ma questo anche in ragione del fatto che l'uomo con la moglie, ovvero la sorella della vittima, abitano a San Lorenzo da anni. Potevano essere all'oscuro certo di quello che c'era tra la donna e quell'operaio irregolare. «Non sono io a dover dire chi è stato. Per lui o per chiunque sia stato ad averla uccisa in quel modo, mi creda - aggiunge - non provo alcun odio, perché comunque nessuno ci riporterà indietro Rosella. Prego solo Dio, che il colpevole paghi per ciò che ha fatto». Più di venti le coltellate inferte sul corpo dell'infermiera, alcune delle quali l'hanno raggiunta non solo al collo e all'addome ma perfino alle gambe. Di certo Adil aveva frequentato quell'appartamento al primo piano di via Giuseppe Allievo per alcune settimane la scorsa primavera.

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I LAVORI

Quando infatti Rosella si è trasferita a casa dell'anziana madre, dopo aver provato invano ad acquistare una casa per lei nello stesso condominio, le due donne hanno deciso di rinfrescare l'appartamento e il marocchino, che lavorava per una ditta a cui il condominio aveva fatto riferimento in passato per altri lavori, è entrato in casa. «Che si fosse infatuato lui di mia cognata?», domanda il signor Mariani.
Nel momento del dolore e dello choc subito, per una perdita tanto crudele, è difficile anche riuscire a pensare di fare i conti con delle ipotetiche realtà. Ma non è neanche questo il punto per i familiari dell'infermiera. «Mia cognata andava a lavoro e tornava a casa, la prima volta l'ho accompagnata io al San Filippo Neri», aggiunge il cognato. Era la fine degli anni Novanta. Rossella aveva iniziato a lavorare come infermiera, lo stesso mestiere della madre, e all'inizio era impiegata nel reparto di Ortopedia passando da ultimo agli ambulatori. Due figli adolescenti, la relazione con il loro padre terminata anni fa. La voglia di tornare a vivere. Gli inciampi e le cadute sul percorso, tra cui anche il danneggiamento dell'auto da parte di un uomo che, nel 2019, le ricoprì l'auto con le scritte "Ti amo tanto" e a cui seguì una denuncia per danneggiamento. Fino a lunedì quando, uscendo di casa per recarsi dal suo avvocato, è stata uccisa nell'androne. «Ma perché?», continua a domandarsi il cognato.

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