«Andavo a circa 65 chilometri orari, ma la Smart ha girato all’improvviso. Me la sono trovata davanti e ho tentato di frenare». Così Matteo Di Pietro, il ventenne che da venerdì si trova ai domiciliari ed è indagato per omicidio stradale aggravato e lesioni per la morte del piccolo Matteo Proietti, ha ricostruito davanti al gip Angela Gerardi, l’incidente dello scorso 14 giugno a Casal Palocco. Un’ora per raccontare la sua versione, smentita dai primi rilievi degli inquirenti che nell’ordinanza di arresto gli contestano di avere spinto il pedale dell’acceleratore del Suv Lamborghini fino a 124 chilometri orari in una strada urbana. Ma Di Pietro ha anche voluto esprimere al giudice il suo dolore per quanto accaduto e presto, con ogni probabilità, scriverà una lettera alla famiglia del bambino: «Vorrei tornare indietro, vorrei che tutto questo non fosse accaduto. Sono distrutto». E anche il nuovo legale del ragazzo, Antonella Benveduti, sottolinea: «Questa è una tragedia per tutti - il mio assistito è distrutto, sconvolto, così come la famiglia di Manuel: ci sono due famiglie distrutte».
La velocità
L’inchiesta si baserà tutta sulla velocità della Lamborghini, che sarà definita con certezza dalle perizie.
Le testimonianze
Anche un altro ragazzo che era a bordo del suv si era raccomandato con Matteo di andare piano sia pochi minuti prima dell’impatto, sia nei giorni precedenti. «Al momento dell’incidente stavo registrando con la camera piccola mentre un altro amico stava utilizzando quella grande». Nell’auto erano in cinque e almeno due erano intenti a registrare i video utilizzando il cellulare e una GoPro, poi sparite. «Lui sapeva di essere ripreso ma non interagiva con la telecamera», hanno raccontato ai carabinieri e agli agenti della polizia gli youtuber. «Ho chiuso gli occhi per la paura e l’ultima immagine che mi è rimasta impressa è quella della macchina orizzontale ferma davanti a noi. Matteo non andava sicuramente a 40 chilometri orari ma nemmeno eccessivamente veloce e una volta che aveva visto la Smart ha provato a frenare. Dopo l’impatto sono scoppiati entrambi gli airbag. Sono scesa per ultima dalla macchina, perché la portiera era bloccata dalla Smart e immediatamente ho prestato assistenza al piccolo Manuel», così l’unica ragazza che si trovava sul suv ed era salita appena un chilometro prima, a verbale, ha ricordato il momento dell’impatto.
Cinture di sicurezza
Un’altra testimonianza riportata nell’ordinanza è quella di una donna che si trovava in auto in via di Macchia Saponara in direzione via Cristoforo Colombo, ha detto che «aveva visto davanti a sé una Lamborghini di colore azzurro che trascinava una Smart Forfour bianca fin sul marciapiede. Scesa dalla propria auto, aveva visto la Smart con all’interno una donna dal lato guida, con la cintura indossata e sui seggiolini posteriori una bambina a destra e un bambino seduto sul rialzino a sinistra, entrambi assicurati con le cinture di sicurezza».