Crescent, negozi e appartamenti.
De Luca disse: «Qui le mie ceneri»

Crescent, negozi e appartamenti. De Luca disse: «Qui le mie ceneri»
di Carla Errico
Sabato 29 Settembre 2018, 08:29 - Ultimo agg. 09:54
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«Anche se m’aspetto che accada tra moltissimi anni, mi piace immaginare l’urna con le mie ceneri posta al centro di questa piazza sul mare». A rileggerlo oggi, il malinconico auspicio pronunciato undici anni fa dall’allora sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, dà il senso pieno di quanto sia esiziale questo processo Crescent per colui che oggi governa la Campania. E non solo per gli scenari aperti dal verdetto dei giudici. Bensì per motivi viscerali che vanno oltre la politica, l’urbanistica, il potere.

È la battaglia della vita, e anche queste sono parole sue: «È un’opera che vale la mia vita», diceva a marzo 2009 presentando il plastico della mezzaluna progettata da Bofill alla folla accorsa a Portanova. Sì, perchè il Crescent e piazza della Libertà sono una cosa sola. La piazza «più grande del Plebiscito a Napoli» che attende gli ultimi ritocchi accanto alla rinata spiaggia di Santa Teresa. E il simil Colosseo che la abbraccia, aggiungendole monumentalità, e anche stavolta il paragone con l’arena della Capitale è farina del sacco deluchiano: «Noi che non abbiamo il Colosseo dobbiamo inventarci qualcosa di simile», ipse dixit. Ebbene: piazza e Crescent sono un unico grande disegno, il sigillo alla grandeur della rivoluzione urbanistica di Salerno di cui De Luca è stato nel bene - per i fedelissimi - o nel male - per gli avversari - il demiurgo. 
 
Perciò val la pena tornare a quel dicembre 2007, quando De Luca esterna come voce dal sen fuggita il desiderio di trovare sepoltura nel cuore della «nuova Salerno» da lui vagheggiata. Le Luci d’artista erano già accese, il sindaco già allora non disdegnava di fare lo sceriffo rincorrendo accattoni e vu’ cumprà. Il ridisegno della città era già avviato da tempo, fin dal 1993, quando De Luca, eletto sindaco per la prima volta, conferma l’incarico per il nuovo Piano regolatore all’architetto catalano Oriol Bohigas. Ad est c’erano già il parco del Mercatello ed i nuovi quartieri popolari. Sul fiume prendeva forma la LungoIrno. Nel centro storico si stavano cancellando le ferite del terremoto. Mancava, però, qualcosa. Un segno forte, un simbolo visibile a tutti, un marchio di fabbrica evidente sia da mare che da monte. E lì, dove oggi sono piazza e Crescent, c’era un agglomerato urbano onusto di storia ma anche di problemi. Il problema numero uno erano le famose Chiancarelle, falansterio di un’antica fabbrica di legname divenuta macerie, luogo di prostituzione e spaccio di droga alle spalle del Municipio e della Prefettura. Lì, il primo inquilino di palazzo di Città decide di lasciare il “suo” segno col lanciafiamme del recupero urbano. Via le Chiancarelle, giù anche l’hotel Jolly, piazza pulita dell’unico parco giochi del centro e del vecchio istituto nautico. Lì la «nuova Salerno» deve avere compimento identitario. Con la piazza della Libertà. «Quella piazza, una volta che sarà terminata - predicava De Luca - rappresenterà la liberazione, la vittoria di una battaglia contro poteri esterni che impedivano la nostra autonomia». Poi, due anni dopo, arriva la corona chiamata Crescent. 

Un investimento privato, trenta milioni messi sul piatto dai costruttori del gruppo Rainone per realizzare oltre centro residenze extra-pregiate e negozi per grandi griffe. Un polo del lusso affacciato sul lungomare, l’altro pilastro di un waterfront che dalla stazione marittima firmata Zaha Hadid e da Santa Teresa si spinge fin giù al porto Marina d’Arechi. «L’opera più importante della trasformazione urbana di Salerno», per De Luca. Un mostro di cemento e un colossale favore ai costruttori amici del governatore, per gli ambientalisti di Italia Nostra e per i movimenti che scelgono di chiamarsi «figli delle Chiancarelle» prendendo spunto, guarda un po’, dalla sprezzante definizione con cui De Luca li etichetta. È la battaglia della vita, anche per le associazioni antagoniste che tra Crescent e piazza della Libertà trovano linfa per diventare la vera spina nel fianco del potere deluchiano. 

Anni di denunce, petizioni, proteste, carta bollata sono oggi materia di contenzioso giudiziario. Mentre è la sinistra antideluchiana ad accusare di aver tradito lo spirito originario del ridisegno urbano di Bohigas. L’urbanista di Barcellona aveva immaginato due stecche di edifici a racchiudere una piazza di 16mila metri quadri. De Luca vuole di più. E stralciata l’ipotesi bohigasiana dal Puc, arrivano l’archistar Bofill e «una piazza monumentale ad emiciclo non inferiore ai 30mila metri quadri, con a sfondo l’edificio retto da un portico».
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