Mustafà arriva svelto alle 12.30. Bussa alla porta dove sa di poter trovare da mangiare. La porta della mensa dei poveri «San Francesco» si apre anche se è Pasqua. La solidarietà non si ferma in questo giorno di festa che anche quest'anno ha il sapore del lockdown. Non potrebbe fermarsi del resto, chi ha fame deve essere sfamato sempre, indipendentemente dal calendario. «Vengo ogni giorno qui per mangiare, per me la mensa è un punto di riferimento, peccato che non si possa più stare all'interno, avevamo bisogno di stare compagnia»: il racconto di Mustafà è simile a quello di Hasman e Joseph, stranieri senza fissa dimora, un passato difficile alle spalle ed un futuro tutto da scrivere. Bussano ogni giorno alla mensa «San Francesco», arrivano alla spicciolata, ognuno in orario diverso. Sono tanti, tantissimi, stranieri ed italiani come Matteo e Luigi, anche loro ospiti fissi. Ritirano il loro pacco di cartone e ridiventano invisibili.
Da quando c'è la pandemia la mensa dei poveri ha dovuto inventarsi un servizio d'asporto. Non si può più mangiare all'interno dell'ampio locale dei Salesiani nella sede di via D'Avossa, per paura dei contagi. Non si può neanche a Pasqua. Le sedie sono tutte accatastate, i tavoli non hanno tovaglie e bicchieri pronti per l'uso ma sono occupati dagli scatoloni che ogni giorno, anche se è festa, si preparano per assicurare il pranzo e la cena a chi ha bisogno. Ed è un peccato, era un momento di convivialità molto importante per tanti che vivono per strada e che spesso non hanno un tetto. «Per il pranzo pasquale ho preparato pasta al forno, pollo con contorno di insalata e biscotti - racconta Mario Conte, fondatore della mensa dei poveri - Noi ci siamo sempre nonostante le tante difficoltà del momento.
Accanto ad extracomunitari, senza fissa dimora, ed ex tossicodipendenti, ci sono i nuovi poveri da sfamare, come Anna. Il marito vendeva calzini per strada, ma per la pandemia non è riuscito più a guadagnare nulla. Lei ha vinto la vergogna ed ha chiesto aiuto. «Non ce la facevamo a fare la spesa, abbiamo figli a casa a cui dover dare da mangiare» è stato il grido di dolore. «Forniamo solitamente i pasti a 140-150 persone racconta Conte Prima di Pasqua è successa una cosa incredibile, una quindicina di famiglie nuove mi hanno chiesto aiuto. Ogni nucleo familiare è formato da almeno quattro cinque persone. Mi hanno telefonato e con grande dignità mi hanno raccontato che stavano attraversando un momento difficile. Ho preparato il pranzo per tre giorni oppure ho fatto arrivare loro degli alimenti». A volerli raccontare i nuovi poveri, si può dire che sono figli della situazione che stiamo vivendo. «Sono persone che hanno perso il lavoro a causa della pandemia, prima vivacchiavano con lavori saltuari - prosegue Conte - Un altro fenomeno è quello dei figli che hanno assistito i genitori anziani trasferendosi a casa loro per risparmiare sulle spese per la badante e per vivere con il sostegno delle pensione. Morti i genitori si sono ritrovati senza più un soldo».