La preside punita per l'alunno ferito:
«Lotterò fino all'ultimo per la verità»

La preside punita per l'alunno ferito: «Lotterò fino all'ultimo per la verità»
di Gianluca Sollazzo
Giovedì 23 Maggio 2019, 13:00
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«Fino all'ultimo respiro della mia vita lotterò per dimostrare la verità». Ha il volto provato ma si dice «resiliente» e convinta che la sua battaglia non finirà con una condanna confermata in Cassazione. Paga per il suo ruolo di preside, di rappresentante dello Stato in una comunità, quella di Sapri, che l'ha sempre considerata una dirigente scolastica in gamba e destinata a fare carriera. Franca Principe, preside del liceo Pisacane di Sapri, è a Salerno il giorno dopo il verdetto della Cassazione, che ha respinto il suo ricorso contro la condanna comminatale per il ferimento di un alunno. Era il 7 luglio del 2011, quando un giovane di Torre Orsaia cadde nel vuoto a causa del cedimento del lastricato solare dell'istituto durante una sessione di esami di maturità. La preside Principe è stata condannata in primo e secondo grado di giudizio perché rappresentante legale dell'edificio dove avvenne l'incidente. Quel maledetto giorno la Principe, pur essendo presidente di esame di stato in un'altra scuola, pagò per il suo ruolo di preside. Oggi è provata ma lucida. «Sono una resiliente», dice.
 
La preside sta superando problemi di salute con grande forza e carattere. E non si tira indietro per un colloquio sul Corso Vittorio Emanuele. La sentenza di condanna resa definitiva dalla Cassazione è una macchia sulla sua carriera. Il dolore è dipinto sul suo volto. Ma ha ancora forza di lottare la preside del Pisacane. «Quale presidente dell'associazione Modifica 81, che si occupa nello specifico della tematica inerente la sicurezza delle scuole, preparerò un comunicato - annuncia - oltre ad una relazione tecnica utile alla comunità professionale dei dirigenti scolastici non appena saranno note le motivazioni della Cassazione». Il suo pensiero è rivolto ai presidi di tutta l'Italia. La Principe, suo malgrado, è simbolo di una situazione complessa che vede i dirigenti scolastici responsabili, ai sensi della legge 81 del 2008, della sicurezza delle scuole, assimilati a datori di lavoro. Una norma che fa sentire i dirigenti scolastici come capri espiatori. «L'associazione Modifica 81 - rincara la Principe - che ho l'onore di presiedere, sta lavorando ad un tavolo tecnico in Commissione XI Lavoro proprio alla formulazione dei decreti attuativi». La condanna della Principe - un mese di reclusione, pena sospesa, e pagamento di una provvisionale di 15mila euro - è destinata comunque ad avere effetti sul mondo dei presidi. La stessa dirigente saprese annuncia che in commissione parlamentare è lei stessa a difendere la categoria, che non può essere responsabile di tutto ciò che accade in edifici scolastici gestiti dagli enti locali. «Mi sento provata da questa vicenda che dura da ben sette anni e che ha prodotto danno alla mia persona, alla mia famiglia ed alla mia immagine professionale», confessa con forte commozione la preside. Poi reagisce. E il pensiero torna alla categoria, ai suoi colleghi presidi. Prende il cellulare in borsa, scorre i messaggi di solidarietà di migliaia di colleghi che si sono stretti a lei. È per lei, questo, una spinta in più a continuare a lottare. «Mi sento preoccupata per il destino della scuola pubblica», dice. E aggiunge: «La notizia di oggi, apparsa senza il mio consenso, mi preoccupa perché tra il diritto alla cronaca e quello alla riservatezza della persona il confine è molto sottile. In questi giorni l'opinione pubblica si interroga sul valore dell'articolo 21 e 33 della Costituzione - sottolinea - un dirigente scolastico rappresenta l'intera comunità locale, l'Educazione e dunque lo Stato». Quando ormai s'è fatto pomeriggio, la Principe si avvia verso la stazione. Il treno per Sapri l'attende. Oggi sarà a scuola regolarmente. Combattiva e motivata, continuerà a lavorare per i suoi studenti. Ma da ieri c'è un altro punto fermo nella sua vita. «Fino all'ultimo respiro - dice congedandosi - cercherò di dimostrare la verità dei fatti che talvolta non coincide con la rappresentazione della verità processuale».
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