Coronavirus, la scelta di Ugo Cilento: «Non produrrò mascherine griffate, prima della moda viene la sicurezza»

Coronavirus, la scelta di Ugo Cilento: «Non produrrò mascherine griffate, prima della moda viene la sicurezza»
di Cristina Cennamo
Domenica 19 Aprile 2020, 20:00
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I cultori del bien vivre se ne facciano una ragione: la maison Cilento, in controtendenza con tante case di moda che hanno addirittura convertito la loro produzione, di vendere mascherine non ne vuole assolutamente sapere. Parola di Ugo Cilento, che tra le varie creazioni di successo può annoverare anche quella cravatta Italia che poche settimane fa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha indossato in diretta per annunciare agli italiani le iniziative dedicate alle aziende: un momento storico per l'Italia e per l'azienda napoletana, che da decenni veste i gentlemen cittadini e non solo.
 

Molte imprese della moda si stanno lanciando nella produzione di mascherine griffate. E lei?
«Ricevo tantissimi messaggi, telefonate ed email in cui mi si chiede di produrne. Ma la mia risposta, sia che mi si chieda di realizzarle a pagamento sia che mi si suggerisca di farlo magari anche solo per beneficenza, è sempre la stessa: non siamo un'azienda che produce mascherine a norma, e quindi non le facciamo. Ad ognuno il suo, anche in tempo di crisi e che crisi. È una questione di etica, sia personale che aziendale. Non critico chi le sta producendo, ne ho viste tante ed in vari tessuti alcuni dei quali non consentirebbero neanche una normale respirazione. Anzi ci tengo a precisare che rispetto le idee di tutti, ma noi non siamo di questo avviso».

La gente chiede ad un'azienda di moda un prodotto sanitario?
«Le vedono in giro, e pensano che siano tutte uguali e che vadano bene, cosa che non è. Certo, all'inizio quando era davvero impossibile procurarsi mascherine a norma potevo anche capire che le persone optassero per la sciarpa o il foulard davanti alla bocca. Ma oggi che bene o male si trovano non lo capisco. Eppure è chiaro a tutti ormai che le uniche mascherine che proteggono dal Coronavirus sono quelle certificate con il filtro ffp2 o ffp3, perché solo così vengono schermate le vie respiratorie, e devono essere realizzate in conformità alla norma EN 149 con valida marcatura CE. Neanche le altre mascherine vendute in farmacia lo sono, come le ffp1 o le chirurgiche. Figuriamoci quindi se lo sarebbero le nostre».

Che genere di prodotto le viene richiesto?
«Ci chiedono mascherine con la creatività Cilento, da realizzare o con la seta che usiamo per le cravatte o con il cotone per camicie. Ma, appunto, questi tessuti non sono a norma in quanto non hanno adeguati filtri. Possono essere bellissimi se parliamo di stile ma non sono sicuri. Ed io non posso eticamente vendere o regalare qualcosa che può essere elegante ma non sicuro. Qualcuno mi ha suggerito di prendere un tessuto di camicia che è più fresco di quello della cravatteria e farne gadget, ma sarebbe la stessa cosa. Non si possono neanche foderare perché anche qui bisognerebbe testare il tessuto, e per di più è come prendere un foulard e metterlo davanti alla bocca tutti i giorni: alla lunga è uno stampato con dei colori, in fase di emergenza va bene ma per la quotidianità non lo consiglierei perché non è un uso specifico e per di più non soni sanificati».

Quindi rinuncia ad un guadagno, o ad un'occasione di visibilità...
«Certo e sono ben consapevole. Ma io voglio fare abiti, come ho sempre fatto. Ed anche la beneficenza la faccio in altro modo. Aggiungo che lo trovo di cattivo gusto perché in questo periodo la mascherina è un simbolo di sofferenza, mentre io auguro a tutti che scompaiano per sempre dal nostro uso quotidiano. Purtroppo è il business del momento, tutti vogliono fare le mascherine: mi aspetto che anche il salumiere proponga quella con la fetta di prosciutto, chiaramente spessa, che un domani puoi anche mangiare».
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