A 40 anni capomissione in Antartide: «Mi sento un po' Indiana Jones»

A 40 anni capomissione in Antartide: «Mi sento un po' Indiana Jones»
di Maria Pirro
Venerdì 1 Febbraio 2019, 12:02
4 Minuti di Lettura
È il privilegio del suo lavoro arrivare ai confini del mondo, nel continente che occupa la calotta polare. Napoli-Roma, tappa a Dubai, diciassette ore di volo, poi due giorni a Città del Capo in attesa di poter salire su un aereo privato che, partito dalla Norvegia, punta dritto verso l'Antartide. Una volta a bordo, Yuri Cotroneo, ricercatore dell'università Parthenope, lascia tutto dietro di sé e attraversa la sottile linea bianca. Lì persino la pista di atterraggio è ghiacciata. «Non si vede nient'altro, e ogni volta ha il suo fascino», sorride. Classe 1978, sei spedizioni in dieci anni, 140mila euro di finanziamenti ottenuti dal Miur per questo progetto, una passione immensa per il mare, Cotroneo è il capomissione di un gruppo internazionale in partenza il 15 febbraio e ritorno previsto dopo una trentina di giorni o giù di lì. «È impossibile indicare esattamente la data di rientro: dipende dalle condizioni atmosferiche», spiega, ricordando l'esordio: «Sarei dovuto restare due mesi, sono diventati tre». Incluso il Capodanno trascorso in una terra da scoprire, laboratorio privilegiato per spiegare e affrontare fenomeni come le variazioni climatiche e il riscaldamento globale. È il fascino di un'esperienza personale e insieme universale da cui ci si aspetta una svolta per il pianeta. In particolare, Yuri studia la corrente circumpolare antartica a sud dell'Africa, usando «dati sperimentali, ad alta risoluzione, raccolti sul posto e associati a modelli simili a quelli per le previsioni meteo ma sviluppati nell'ambito del progetto che coordino, denominato Moma».

Il capomissione è un napoletano di corso Umberto, figlio di commercianti, dal 1998 volontario della Croce rossa nonché ex agonista di pallavolo, viaggia con l'assegnista Pasquale Castagno, ma il suo equipaggio è africano grazie alla collaborazione tra gli atenei delle due città, Napoli e Città del Capo, un'intesa premiata appunto con i fondi ministeriali che a Cotroneo hanno innanzitutto consentito di ottenere un contratto come ricercatore di tipo A (cioè a termine) alla Parthenope, dopo la trafila da precario post-dottorato non ancora conclusa, preceduta da diversi periodi trascorsi al Cnr e all'Enea e naturalmente all'estero, tentato da offerte di impiego sostenute dal timore di non riuscire a ottenere qui l'agognata stabilizzazione. Così Yuri si sente un po' Indiana Jones, per la serie infinita Vince chi non molla. «Nel 2016 ho scritto il progetto per partecipare al bando Pnra, il programma nazionale di ricerche in Antartide, e ho ideato le attività finalmente da realizzare. Ma, prima di procedere, come tutti i componenti della squadra, ho dovuto superare una serie di visite di idoneità, anche psicologiche». Questo il piano operativo. «La traversata con la nave rompighiaccio Rsa Agulhas richiede circa 15 giorni, durante i quali si lavora 24 ore su 24, con turni di 12 e incontri ravvicinati con foche, pinguini, orche e altri mammiferi marini», riassume. E poi? «La speranza è quella di continuare a crescere nell'Università».

Dall'autunno Cotroneo insegna oceanografia e meteorologia al corso di laurea in conduzione del mezzo navale. «Cerco di trasmettere agli studenti quella che è la mia passione, con la stessa energia che ho avuto dai miei professori di allora, oggi colleghi». Uno su tutti è Giorgio Budillon, capodipartimento di Scienze e tecnologie che unisce il passato e il presente: «Da trent'anni il nostro gruppo di oceanografia partecipa alle spedizioni italiane e, questa volta, le attività si svolgono in due distinte aree, intorno al Sud Africa e nel mare di Ross, dove l'Italia ha una sua base costiera (la Mario Zucchelli Station)». Lì l'altro team coordinato da Budillon ha il compito di effettuare rilievi sulle caratteristiche termoaline del mare e recuperare le informazioni registrate dai mooring, vere e proprie sentinelle che misurano le proprietà fisico-chimiche e dinamiche degli oceani, dove i cambiamenti climatici sono più evidenti. «Alcuni segnali si vedono già», avverte Budillon. «In particolare, ogni anno le acque di Ross diventano meno salate e quelle di Weddell più tiepide. «Comprendere gli effetti e le possibili conseguenze - tira le somme il direttore - è un obiettivo ambizioso e imprescindibile perché i poli svolgono un ruolo cruciale: possono essere considerati gli interruttori di un circuito che consente la ridistribuzione del calore in tutto il globo terrestre». E, per Cotroneo, questa luce che s'accende è anche il sistema per entrare nel futuro, tornando a casa senza l'ansia di dover emigrare come tanti altri suoi coetanei e cervelli in fuga ma restando al timone. In vista di una nuova, straordinaria avventura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA