Noemi, metti una scienziata tra Brusciano e la Particella di Dio

Noemi, metti una scienziata tra Brusciano e la Particella di Dio
di Antonella Laudisi
Domenica 9 Dicembre 2018, 15:00
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Partiamo dalla fine. Che è poi l'inizio di tutto: la vita. Una nuova vita che arriverà in aprile e che Noemi - come fanno tutte le mamme in attesa - accarezza di tanto in tanto studiando i dati registrati durante le collisioni di particelle. Lavora all'esperimento Atlas, Noemi Calace, tra scienziati (giovani e premi Nobel) che a Ginevra arrivano da tutto il mondo. La dottoressa Calace, appena 28 anni, fa parte della «grande famiglia del Cern di Ginevra» e collabora alla ricerca che ha portato alla rilevazione della «particella di Dio», il Bosone di Higgs.

Da Brusciano, dove ha vissuto fino alla svolta dell'incarico a Ginevra, Noemi Calace è partita per la più incredibile avventura nel mondo della Fisica. Il suo è quello che per una semplificazione comune si definisce un cervello in fuga perché «in Italia la ricerca non è tenuta in considerazione», e nelle università «si fa fatica anche a trovare l'azoto liquido». Quindi più che una fuga, quella del cervello di Noemi è una necessità: fuori dall'Italia ha trovato la dimensione che più è consona alle sue conoscenze e alla voglia di sapere che ha.

Dopo il diploma al liceo scientifico Imbriani di Pomigliano, Calace sceglie Fisica alla «Federico II» e si laurea con una tesi sulla Fisica delle particelle; poi l'iscrizione alla Magistrale. È tra il primo e il secondo anno che Noemi ha la possibilità di partecipare come «studente estivo» ai corsi del Cern finendo dritta dritta nell'esperimento Atlas. Una esperienza che sarebbe dovuta concludersi in poche settimane ma, una volta tornata a Napoli, viene ricontattata da Ginevra: «Mi chiesero se volessi tornare lì per completare l'ultimo anno della Magistrale». Una offerta che il Cern non riserva a tutti e che - per dirla con una delle battute più celebri della cinematografia - non si può rifiutare.
 
Parte da qua l'avventura di una giovane del Sud, una strada tutta in salita che non la spaventa. «Con lo studio e la volontà si possono superare gli ostacoli che la condizione di donna e di meridionale ha in sé». Lo dice sempre ai ragazzi (solo di poco più piccoli di lei), che incontra quando accoglie gruppi di studenti che arrivano al Cern per conoscere il più grande e importante laboratorio di Fisica del mondo: «Gli studenti devono capire, ora che un certo sessismo sta tornando in molti ambienti, che una donna può fare ricerca senza essere limitata. Il mio capo già ha disposto che in ottobre dovrò partire per una conferenza, anche se in aprile diventerò mamma, perché qui è normale fare ricerca e avere famiglia. E certo al Cern la differenza l'ha fatta anche la direzione della professoressa Fabiola Gianotti». Dopo questa premessa, che rivela il suo impegno civile, oltre che scientifico, Noemi passa a spiegare gli obiettivi dell'esperimento Atlas. Lo fa con una tale semplicità che sembra davvero una cosa facile, «perché - scherza - devo fare in modo che possano comprendere tutti, anche i babbani», come si direbbe nel mondo di Harry Potter per definire chi non appartiene a una famiglia magica. E sì che la dottoressa Calace, oltre a essere Guida ufficiale del Cern, ha svolto il dottorato all'università di Ginevra occupandosi anche della didattica come assistente, perfezionando quella capacità comunicativa che è di chi ama il proprio lavoro. «Il nostro obiettivo è di capire su quali leggi si basa il l'universo, andando a riprodurre la stessa condizione del Big Bang e studiando quello che è accaduto a partire da allora».

Roba vecchia, viene da pensare, lontana talmente tanto da domandarsi quale applicazione pratica ne avremmo noi, adesso e qui, nel Duemila. «Mai dissociare l'obiettivo dal modo per raggiungerlo», ammonisce. «Per i nostri esperimenti abbiamo dovuto sviluppare tecnologie impensabili che oggi applichiamo e applicheremo nella vita quotidiana. Per esempio, come pensate sia nata l'idea del World Wide Web, il www della Rete? Perché nel 1989 al Cern si trovò il modo per comunicare informazioni all'interno della struttura senza dover usare i fattorini da un piano all'altro. E gli acceleratori che vengono utilizzati per la cura del cancro?». Ecco allora che si svela tutta la praticità di ricerche come quella della «Particella di Dio» che Noemi Calace porta avanti con un team fatto di giovanissimi come lei e di scienziati affermati, «ma tutti ci diamo del tu, e questo è bello e gratificante per noi: una spinta a fare sempre meglio. Ma anche una attestazione di stima che ci viene da chi ha già lasciato il segno nel mondo della Fisica».

Al Cern Noemi non è sola: anche il marito Francesco Tullio, informatico di Somma Vesuviana ma con radici a Brusciano, lavora nell'istituto e si occupa di comunicazione: «Mi disse: o vieni anche tu a Ginevra o ci lasciamo. Sono andato», scherza. «Francesco lo avevo conosciuto a Napoli, sul bus per l'università, stava per laurearsi», ricorda Noemi. Per entrambi l'idea di un ritorno in Italia, al Sud, è al momento una ipotesi remota: «Tornare dipende dove e con quali prospettive, perché attualmente le università italiane non offrono grandi possibilità di crescita. Ecco perché il mio cammino di scienziata lo vedo qui a Ginevra. Certo mi manca la famiglia»; mamma Mariarosaria Ferrentino, docente di Scienze, e papà Alberto, informatore scientifico. Noemi ha anche altri fratelli, i gemelli Antonio, che insegna musica in Francia, e Debora che è ingegnere edile; poi c'è Beatrice, la piccola di casa, che è al liceo. Ma di una cosa la dottoressa Calace sente davvero nostalgia: «Il mare, quello mi manca tanto». E aggiunge: «Di sicuro non rimpiango l'organizzazione della vita che c'è al Sud, e questo mi addolora perché qui, tra la Svizzera e la Francia dove viviamo, i diritti sono diritti, non favori come accade giù».

Ma questa è un'altra storia.
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