Edoardo Leo, Era ora: «A spasso nel tempo ma per capire la vita»

«Ognuno deve trovare dentro di sé il tempo giusto, capire qual è il momento per accelerare e quale quello di fermarsi»

Edoardo Leo con Barbara Ronchi
Edoardo Leo con Barbara Ronchi
di Titta Fiore
Giovedì 16 Marzo 2023, 11:00
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Svegliarsi ogni mattina con un anno in più e non ricordare di averlo vissuto. Un incubo. A Dante / Edoardo Leo, il protagonista della nuova romantic comedy di Alessandro Aronadio, «Era ora», ispirata al film australiano «Long Short Story», prodotta da Bim, Palomar e Vision, da oggi solo su Netflix, succede proprio questo. È uno che corre dietro a mille impegni senza fermarsi mai, compie quarant'anni ed entra in una una specie di tempesta perfetta. Un giorno la moglie è incinta, il giorno dopo c'è una bambina, l'altro ancora arriva la crisi, e poi una nuova donna, il salto di carriera, i rimpianti, le nostalgie Come farà il povero Dante a capire il valore del tempo prima che la sua vita vada a rotoli? Dice Edoardo Leo: «Il tempo è una percezione, passa e non te ne accorgi. A vent'anni ti sembra infinito, a cinquanta hai fatto più di metà percorso, ma l'equilibrio resta difficile».

La riflessione sul senso del tempo è la chiave del film.
«Se ripenso a quando ero giovane, il tempo non passava mai perché non lavoravo come avrei desiderato, oggi è tutto diverso.

A un certo punto ci siamo illusi che, grazie alla tecnologia, avremmo fatto più cose da casa e guadagnato tempo per noi. Invece abbiamo aggiunto ai soliti impegni il tempo delle mail e dei social, ci siamo riempiti la vita in altri modi. È un bene, un male? Non me lo chiedo, semplicemente va così».

È più importante la quantità del tempo dedicato a una persona, a un impegno, o la qualità?
«Non c'è una sola risposta. Bisogna distinguere tra chi fa qualcosa che gli piace in maniera totalizzante, senza la quale non sarebbe se stesso, e chi lavora per vivere e il suo tempo va a cercarlo da un'altra parte. Ognuno deve trovare dentro di sé il tempo giusto, capire qual è il momento per accelerare e quale quello di fermarsi».

Nel film Dante e sua moglie hanno una diversa concezione del tempo: uno corre, è sempre in affanno, l'altra (Barbara Ronchi) sente di aver trovato il proprio posto nel mondo. Il tempo è anche una questione di genere?
«Potremo chiedercelo quando uomini e donne avranno gli stessi diritti. Purtroppo non è ancora così e dovremmo essere noi uomini i primi a lottare per una reale parità. Mi ha colpito che le premier di Scozia e Nuova Zelanda abbiano deciso di dimettersi dai loro incarichi. Con gli uomini non accade mai. Mi auguro, però, che la loro scelta non sia stata condizionata da una società ancora patriarcale per molti aspetti. Perché se fosse così, la scelta diventerebbe una resa».

Il lavoro condiziona il tempo del suo personaggio. Lei come lo vive?
«Io ho investito la vita in un mestiere che amo, recito per fare un viaggio dentro me stesso, per conoscermi meglio. Dante fa un lavoro che non gli piace per affermarsi e avere di più. La differenza tra me e lui è che io sono felice».

Sente di aver fatto molte rinunce?
«Ne ho fatte, certo. Come tutti. Da giovane, per esempio, i miei amici avevano già uno stipendio e andavano in vacanza mentre io non potevo permettermelo, oppure si ritagliavano altri interessi e io no, perché ero completamente assorbito da un mestiere totalizzante. Sì, qualche amicizia l'ho coltivata di meno, qualche compleanno delle persone che amavo l'ho perso, non sono andato in vacanza, ma non ho rimpianti. La mia testa era concentrata su un progetto che mi riempiva la vita. Il lavoro dell'attore non è una semplice passione, è un'ossessione che ti divora e non puoi farci nulla».

Com'è il tempo che sta vivendo il cinema italiano?
«Molto complesso. Abbiamo perso qualche contatto con il pubblico, ma dopo una overdose di commedie, non tutte di qualità, ci siamo aperti a generi diversi che stanno avendo buoni riscontri. Penso a titoli come “Le otto montagne”, “L'ultima notte di Amore”, “I migliori giorni”... credo sia la strada giusta. Dobbiamo ricostruire il legame con gli spettatori puntando sulla pluralità delle offerte. Ha ragione Woody Allen quando dice che il pubblico vuole vedere sempre gli stessi film, ma ogni tanto bisogna deluderlo. Beh, il momento è arrivato. Era ora».

Anche lei che è un protagonista della commedia volta pagina?
«Ho avuto un anno di grandi cambiamenti, ho recitato in un film drammatico di Ivano De Matteo, “Mia”, ho fatto “L'ordine del tempo” con Liliana Cavani e ora sto girando la mia prima serie, “Il clandestino”, per Raiuno. Sono progetti ai quali tengo moltissimo. Tutto cambia, tranne la situazione degli attori italiani. Sono totalmente d'accordo con Favino che ha presentato alla Berlinale il documento di protesta del nostro sindacato, Unita. L'Italia è l'unico paese europeo a non avere ancora un contratto collettivo né un salario minimo per gli attori, questo scandalo deve finire». 

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