Caparezza: «Non mi ritiro ma non so se continuo»

Caparezza: «Non mi ritiro ma non so se continuo»
di Federico Vacalebre
Giovedì 14 Luglio 2022, 10:51 - Ultimo agg. 16 Luglio, 10:25
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All'ex base Nato di Napoli, per il suo concerto di domani sera, peraltro già rimandato un paio di volte, c'è il sold out, ma parlando con Michele Salvemini da Molfetta, per tutti Caparezza, stavolta è impossibile iniziare parlando di quello che vedremo, sentiremo, applaudiremo, balleremo. La prima domanda è d'obbligo.

Capa, allora, ma questa storia del ritiro com'è venuta fuori?
«Un'intervista travisata. Non ho mai detto che mi ritiravo, che chiudevo con i concerti, ma ho detto, e lo ribadisco, che questo sarebbe stato l'unico tour dedicato alle canzoni del mio ultimo disco, Exuvia. Appena si è sparsa quella voce del ritiro l'ho smentita anche se poteva servire a motivare i fans, ma stiamo raccogliendo tutto esaurito lo stesso».

Nessun ritiro per acufene, insomma.
«Nessun ritiro, l'acufene è un problema antico, confessato in ogni salsa, persino musicale.

Questo show, però, finito il tour si ritira dalla circolazione, lui sì: non avrà repliche indoor, la trafila tradizionale dei concerti invernali dopo quelli estivi non è prevista questa volta. Andiamo avanti sino al 13 agosto, senza ipotesi di riprendere tra qualche mese».

Ok, e tu, finita la tournée, che cosa farai?
«Non lo so, mi chiederò se e come continuare, che cosa fare. Come sempre, d'altronde, è successo alla fine di ogni giro di concerti. Sceso dal palco, completato un progetto, sono pieno di interrogativi, di dubbi, poi sono sempre risalito su quel palco, almeno fino ad adesso. Non so mai cosa farò, come, se, con chi...».

Va bene, praticamente non ci rimane altro da fare che goderci questo «Exuvia estate 2022», allora.
«Va bene così, non solo perché non rivedrete questo tour, questa scaletta, questo show, ma anche perché credo di avere messo in piedi davvero un bello spettacolo. Voglio restituire al pubblico quello che mi dà, faccio rinunce alimentari, mi preparo fisicamente, per poter arrivare sul palco nelle condizioni migliori. A 48 anni, quasi 49 anni, sono orgoglioso di me stesso, non mi esprimo più solo per istinto, ci ho ragionato su abbastanza. Le canzoni dell'ultimo disco e quelle precedenti sono impaginate da monologhi, coreografie, light show, ma tutto serve per raccontarle meglio, per chiarire il mio punto di vista. Il tutto, con il fondamentale aiuto della cartapesta di Deni Bianco, maestro del carnevale di Putignano».

Riecco la tua Puglia.
«Ma riecco anche Napoli, che mi ha sempre accolto con calore. Questo tour è il mio rito di passaggio, cantando i brani di un album che fa del rito di passaggio il suo tema centrale. Stiamo tra la disillusione e il tentativo di superare la disillusione. Sul palco provo a rendere visibili la selva di pensieri da cui sono nate le canzoni che porto in giro per il Belpaese».

«La mia testa è un focolaio di sovversivi» cantavano i 99 Posse, che pure hai incontrato sul tuo cammino al tempo di «Tarantelle pe' campa'».
«Sì. Dal tour di Musaica in poi ho deciso che non bastava suonarle le canzoni, bisognava in qualche modo metterle in scena».

Ti diverti sul palco, giochi con le canzoni e gli ascoltatori.
«La dimensione ludica del suono, della musica, è fondamentale, come quella epidermicamente fisica, e, di contro, quella più razionale».

Restiamo al Capa burattinaio di parole. E non solo. Continui a collezionare pupazzetti e giocattoli?
«Colleziono, senza manie, senza spendere pazzie, le tessere del puzzle della mia infanzia. Mi piace ritrovare qualcosa con cui ho giocato quando la mia creatività era libera da ogni condizionamento da adulto, o con cui avrei voluto giocare. Ho molte più pazzielle adesso di quante ne abbia mai avute da bambino, naturalmente. Metto da parte fumetti, 45 giri con le sigle dei cartoni animati, mille cose».

Nella tua ricerca del tempo perduto quale è il pezzo più amato, più caro?
«Sky-Man, il legionario spaziale movibile, diceva la pubblicità. Era uno dei primi action figure, protagonista della serie Galaxy. Magari lo ricordano in pochi, ma per me è il massimo».

E tra le sigle dei cartoni animati?
«In questo caso scelgo qualcosa che conoscono tutti: Jeeg robot d'acciaio».
 

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