Gigi D'Alessio versione rap: «E ora tutti insieme al San Paolo»

Gigi D'Alessio versione rap: «E ora tutti insieme al San Paolo»
di Federico Vacalebre
Venerdì 4 Settembre 2020, 09:46
4 Minuti di Lettura

Con Guè Pequeno e Luche' aveva preso le misure, adesso ci si è buttato dentro completamente. «Buongiorno», il nuovo album di Gigi D'Alessio in uscita oggi, è costruito intorno al suo canzoniere più verace, rinnovato dalla scena del rap newpolitano. Ci sono tutti, esclusi quelli della (g)old school iniziale, come testimonia una fotografia d'effetto: Clementino, Rocco Hunt, CoCo, Enzo Dong, Geolier, Lele Blade, MV Killa, Samurai Jay e Vale Lambo più l'antico sodale della stagione neomelodica Franco Ricciardi (illuminato dall'hip hop già negli anni 90), J-Ax, i Boomdabash e Luca D'Alessio (terzo figlio di Gigi, che sta seguendo le sue orme). Tutti ad aggiungere rime e ritmi (targati Max D'Ambra) a successi impostisi dal basso come «Annare'», «Fotomodelle un po' povere», «Chiove», «Guagliunce'», «Mon amour», «Come suena el corazon» (le ultime due più latine che napoletane, ma fatte proprie dai posteggiatori partenopei sin dall'uscita). I detrattori non mancheranno, ma l'operazione è centrata: Gigi rispetta se stesso e la sua storia, riparte dalle radici, ma lascia a un mucchio selvaggio di giovani amici la libertà di rileggere il suo repertorio, ricevendone in cambio una dichiarazione di affetto, rispetto, fratellanza, vabbè diciamo nipotanza.

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Gigi, com'è venuto fuori questo progetto?
«C'è stato un tempo in cui ero un ragazzo che cercava di emergere. Avrei voluto che qualcuno mi desse una mano, ma ho dovuto fare tutto io. Eccomi, allora al servizio di questi ragazzi, alcuni già famosi, altri no: su tutti loro, come successo con me, pesa un pregiudizio che sembra inevitabile quando si parla di Napoli».

«Annare'» rap con J-Ax è davvero una sorpresa.
«Quello è il cortocircuito nel cortocircuito. La musica è incontro. Una donna nuda è erotica, vestita da sposa diventa romantica, rock con il giubbotto di pelle, trap con i tatuaggi. Questi ragazzi conoscevano a memoria le mie canzoni, sono entrati spontaneamente in qualcosa che hanno nel sangue, nel dna, anche se magari quando i pezzi su cui hanno lavorato sono usciti non erano nemmeno nati».

Canzone neomelodica e urban sono, insomma, più vicine di quanto sembri: due culture di strada si incontrano.
«Proprio così. Quando si parla di neomelodici lo si fa in negativo, quasi fosse un ghetto sottoculturale. Se lo è, lo sono allora anche il rap, la trap, il reggae, il rai algerino, il reggaeton, tutto il sound moderno delle metropoli. Il successo della scena urban newpolitana ha sdoganato una lingua che rapper e trapper innovano: il sound e il suono della lingua ci fanno uscire dal ghetto».

Primo punto in contatto tra te e questo mucchio selvaggio?
«Clementino è un amico e mi fa scompisciare di risate, bravura a parte. Rocco Hunt, con Nu juorno buono aveva già lanciato un ponte tra i due generi che allora si guardavano in cagnesco: il muro è caduto da tempo, i due pubblici si sono fusi da soli, senza aspettare nessuno, nemmeno noi».

Come hai scelto gli altri compagni di rime?
«Mi sono fidato di Enzo Chiummariello, che per primo ha scommesso su molti di loro. Quando me li portava in studio non li distinguevo uno dall'altro, poi, lavorandoci, ho capito che ognuno di loro aveva un talento specifico, una particolarità».

Ovvero?
«Geolier ha uno stile, persino una lingua, tutta sua. Samuray Jay è più fighetto, più nazionale. CoCo è un signore, Vale Lambo è romantico, anche un po' melanconico. Non puoi confondere con il flow - ho imparato il gergo del genere - di Mv Killa con quello di Lele Blade o di Dong».

A proposito: nel brano che dà il titolo al disco Enzo dà «Buongiorno» anche a Higuain, che aveva trattato malissimo, come un «infame» al tempo del tradimento del Napoli per la Juventus.
«Oggi è più buono anche lui, sarà che Gonzalo non indosserà più la maglia bianconera...».

Ci vediamo al San Paolo?
«Dovrebbe essere tutto Ok per il 29 maggio 2021, Covid-19 permettendo. Tanti rapper veraci insieme non li aveva mai messi insieme nessuno, figurarsi sul prato che fu di Maradona. E pure di Gigi D'Alessio: era il 7 giugno 1997 quando la mia carriera prese il volo dalla curva dello stadio».

E poi, magari, un secondo volume con il tuo repertorio italiano e il contributo di rapper «italiani»?
«Tu l'hai detto».
 

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