Salemme: «Natale in casa Cupiello: omaggio al mio maestro»

Vincenzo Salemme
Vincenzo Salemme
di Luciano Giannini
Sabato 10 Giugno 2023, 08:41 - Ultimo agg. 16:19
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«Fu la prima commedia che vidi a teatro. Seconda coincidenza: Eduardo la stava registrando per la Rai quando lo conobbi». Infine: «È anche quella che mi piace di più. L'ho riletta e già sono a mio agio tra le sue battute». Tre buone ragioni per scegliere, dopo trent'anni, di trascurare la propria drammaturgia e portare in scena quella del suo maestro. Nella prossima stagione Vincenzo Salemme sarà protagonista e regista di «Natale in casa Cupiello», prodotto dalla sua compagnia Chi è di scena e dal teatro Diana. Dopo il debutto al Mancinelli di Orvieto, l'allestimento arriverà nella sala partenopea il primo novembre, (repliche fino al 17 dicembre). Seguirà una lunga tournée a Torino, Milano, Roma, Bologna, Firenze, Faenza. Sono in corso incontri e provini per definire la compagnia, tutta napoletana.

Allora, Salemme, coincidenze fatali?
«Incredibili ma vere.

Da tempo mi stuzzicava l'idea di rappresentare un testo che non fosse mio... Eduardo in particolare, l'autore che ammiro di più. Con lui cominciai».

Torniamo a quei tempi. Anzi, ancora prima. Torniamo ai tempi del liceo?
«L'Umberto. Ero attore amatoriale. Stavamo preparando "Napoli milionaria!". Il nostro tutor, come si dice oggi, era il compianto Sergio Solli. Grazie a lui andai fino a Roma per scoprire il teatro vero: "Natale in casa Cupiello", all'Eliseo, in pomeridiana. Era il 1975. Che emozione! Due anni dopo, Solli mi presentò Eduardo».

Racconti.
«Cercava comparse per "Quei figuri di tanti anni fa". Lo incontrai in un corridoio di Cinecittà. Aveva addosso i panni di Luca Cupiello, che stava registrando in quei giorni per la Rai. Solli gli parlò di me. E lui: "Dai qualche battuta a stu guaglione. Così piglia la paga di attore". Dopo, mi spiegarono la causa della sua benevolenza: ero così magro che deve aver pensato: questo non ha i soldi per mangiare».

Quindi?
«Più tardi, mi fece un provino per "Il cilindro" e mi prese in compagnia. Con lui recitai nel "Sindaco del rione Sanità", nel "Contratto" e in "Gennariniello", "Sik-Sik" e "Dolore sotto chiave", gli atti unici che rappresentò nelle sue due ultime stagioni, 79-'80. Poi si ritirò, io passai col figlio Luca che, però, si avvalse delle sue regie fino al giugno '84. Nel '90 fondai la mia compagnia».

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Dunque, questo suo spettacolo è un omaggio?
«Alle mie origini; a Luca, amico perduto; e al maestro. Tributo umilissimo, s'intende, che rende onore a un'epoca magnifica del teatro, in cui Eduardo eccelleva come autore di caratura internazionale e severo intellettuale».

La lezione più significativa che le ha dato?
«Disciplina e rispetto. Se non rispetti te stesso e il tuo lavoro, non puoi rispettare il pubblico. No, Eduardo non era un arrogante, ma una creatura austera, seria, perbene. E un uomo perbene desta sempre un po' di paura».

Parliamo del suo personaggio?
«Mi piace perché è un tenero ottimista, che convive con una profonda malinconia. Costruendo il presepe, Luca Cupiello tenta di aggiustare la propria vita. Il suo microcosmo di sughero e pastori incarna la pace e l'armonia che egli cerca per sé e la famiglia».

Concetta, la moglie, chi sarà a interpretarla?
«Non ho ancora scelto l'attrice. Il personaggio è modernissimo: una donna e una madre a tutto tondo, che si occupa dei figli, comprende e sostiene il marito bambino e sognatore; e ha una forte impronta maschile... entrambi sono archetipi, scritti negli anni 30!».

Tradirà l'originale?
«No! Cioè... lo tradisco nel momento in cui lo rimetto in scena, perché nell'immaginario collettivo c'è soltanto quel signore là, che emerge dalle coperte, con la sua sagoma e le rughe: Eduardo. Già ascoltare la mia voce sarà un trauma. Né ardisco al confronto. Ecco perché non ho paura. Se l'avessi, allora sì peccherei di presunzione».

È ancora presto per parlare di regia e scenografia?
«Certo, ma l'allestimento sarà realistico. Per intenderci: la scena sarà la casa di Luca Cupiello».

Quale edizione ha scelto?
«Quella della Cantata dei giorni dispari Einaudi, ma prenderò qualcosa anche dalla drammaturgia dell'edizione televisiva del '77, che contiene alcune variazioni».

Alla fine, che cosa significa per lei recitare Eduardo?
«Mi creda: un gran divertimento».

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