Vincenzo Salemme torna su Rai 2: «Ci vediamo a Pasqua»

Vincenzo Salemme torna su Rai 2: «Ci vediamo a Pasqua»
di Luciano Giannini
Giovedì 13 Ottobre 2022, 11:00
4 Minuti di Lettura

«Di mamma ce n'è una sola», «Sogni e bisogni» e «Una festa esagerata»: sono le tre sue commedie trasmesse negli anni scorsi da Raidue in prima serata e rigorosamente in diretta. Vincenzo Salemme, ne prepara di nuove? «Il progetto c'è. Altre tre... diciamo per la prossima Pasqua, ma per il momento nulla è stato ancora definito». Neppure i titoli? «No». Ma lei quale sceglierebbe? «Be'... questo, con cui aprirò la stagione del Diana».

Domani l'attore-autore-regista di Bacoli tornerà sul palcoscenico della sala vomerese, a grande richiesta, con «Napoletano? E famme na pizza», da lui scritta, diretta e interpretata, dopo le date già applaudite nell'inverno scorso e dopo il prestigioso premio Siae, ottenuto grazie alla sua capacità di «far convivere la popolarità con la qualità, la risata trascinante con la romantica malinconia».

In scena, a fianco al mattatore, saranno Vincenzo Borrino, Sergio D'Auria, Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero e Fernanda Pinto. Repliche: fino al 6 novembre.

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Salemme, come giudica l'esperienza in Rai?
«Fantastica. Ho capito che si può fare teatro in tv. La condizione necessaria, però, è che sia in diretta. Altrimenti si spegne. E diventa museo. Sposando il linguaggio televisivo, si può proporre anche Shakespeare, offrendolo a tanta gente che lo ignora».

Torniamo a «Napoletano? E famme na pizza».
«Nella scorsa stagione ha avuto un centinaio di repliche, circa 80 mila spettatori. Siamo stati a Milano, Roma, Napoli e nelle altre provincie campane, a Bologna e a Torino...».

Come hanno reagito gli spettatori del Nord?
«Ridono un po' in tutta Italia. Lo spettacolo fonde il meglio di due mie commedie precedenti, Con tutto il cuore e Una festa esagerata, e prevede momenti in cui mi tolgo la giacca e disserto su Napoli: il ragù, San Gennaro, A livella di Totò, la scaramanzia, il mare, la pastiera, il babà, il caffè. E la pizza. Certo, sono chiché, ma tutti molto reali. Non come la nebbia a Milano; quando arrivai la prima volta, c'era un sole esagerato».

E questo è un bene o un male?
«Dipende. A volte, un bene, perché ci apre porte, ci rende bene accetti. Sono un male se ci spingono a far la parte dei napoletani, invece di esserlo. Insomma, puoi essere nato qua e non amare il caffè, o non saper cantare... Eh, voi napoletani siete sempre allegri, sapete trovare sempre una soluzione... ma non è vero! Se sto incazzato, sto incazzato e basta. Anche Palermo ha la cultura del caffè. Se sfogli la Treccani, nella voce caffè Napoli non compare».

E sappiamo cantare anche la tristezza.
«Certo! Che cos'hanno fatto Totò, Massimo Troisi, Pino Daniele, Eduardo De Filippo?».

Nelle note dello spettacolo lei si rivolge al pubblico e scrive: «Sono napoletano o faccio il napoletano? Aiutatemi». La risposta, alla fine, qual è?
«Oggi mi considerano tutti napoletano, pur essendo di Bacoli. Ieri sarei stato un provinciale, ma il web ha travolto tutto. La globalizzazione pervade ormai anche paesi e città».

Lei aprirà la stagione dei 90 anni del Diana, che coproduce i suoi spettacoli da 22 anni.
«La vecchia signora li porta molto bene. Il mondo è cambiato, ma il Diana resta il Diana. Si dice: Dov'è il Vomero? Dove sta il Diana e non viceversa. La frase segnala una identità forte, precisa».

Nuove commedie in arrivo?
«Sì, ma l'anno prossimo. Ne ho scritte due. Una tratta di responsabilità nei confronti della propria coscienza; l'altra, della vecchiaia di un attore».

Perché proprio gli attori?
«Più mi guardo intorno, più mi accorgo che sono nel mondo, non a teatro. Il tema è pirandelliano, lo so, ma mi pare che la paura induca tante persone a fuggire dentro un personaggio: il sentimentale, l'allegro, il depresso... Insomma, recitiamo i sentimenti». 

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