Juventus-Napoli, scontro Lega-Asl:
alla fine scende in campo il governo

Juventus-Napoli, scontro Lega-Asl: alla fine scende in campo il governo
di Pino Taormina
Venerdì 7 Gennaio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 07:59
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Non è vero che questa è una serie A piena di controfigure di Ponzio Filato o di Don Abbondio. Macché, il governo del pallone ha le idee chiarissime. Baste essere qui all'Allianz Arena per capirlo. E vedere l'elenco dei giocatori in campo. Una mattanza di assenze. Si giochi sempre. Sempre. Costi quel che costi. Però ora la Lega fa persino di più: perché stanca delle continue intrusioni delle autorità sanitarie, ha approvato un nuovo protocollo in cui fa capire che non ha alcuna intenzione di consegnare se stesso e il campionato alle varie Asl sparse sul territorio. Che a seconda del responsabile dell'ufficio di prevenzione di turno sceglie una via piuttosto che un'altra. E lo ha capito il Napoli, lo ha capito per bene. Perché ieri è stato costretto a scendere in campo alla faccia della logica. Un anno e mezzo fa non partì per Torino per due positivi, oggi i contagiati sono 8 (allenatore Spalletti compreso) nelle ultime 36 ore. In ogni caso, è stata una specie di pantomima, perché per tutto il giorno a Torino, nell'hotel a via dell'Arcivescovado sede della vigilia azzurra, è stato un continuo alternarsi di infermieri e di emissari della Asl Torino Centro, con gli esiti dei tamponi e per rispondere ai quesiti dei dirigenti azzurri. Ma come si può preparare una partita con la spada di Damocle dell'altolà che può arrivare in ogni istante? 

De Laurentiis è stato in contatto per tutto il giorno con i vertici del pallone (e del governo), dopo aver cercato un filo di logicità al via libera dato dall'Asl di Napoli. Poi si è arreso. Due volte si è arreso: quando ha fatto partire il Napoli per Torino, sabato. E ieri quando ha detto ai suoi di scendere in campo. Dal Pino e De Siervo non hanno voluto sentir ragioni, sono andati dritti come un treno. Si deve giocare. E poco importa se è una sorta di commedia dell'assurdo. Alla fine, come dar torto a Maurizio Sarri? «Ci devono dire se è pericolosa o no questa malattia. Se lo è si fa lockdown e si ferma il calcio sennò si declassa a semplice influenza». Come se fosse una cosa facile da capire per i vertici della Lega Calcio visto che chiunque in questo Paese, e non solo, lo ha compreso. Il calcio, d'altronde, non è che lo specchio di questo caos, di questa incredibile differenza geografico/amministrativa tra una Asl che fa partire e un'altra che invece blocca a casa. A parità di condizioni. Come era successo nel 2020, sia chiaro. Ieri quelle di Udine, Torino, Salerno, Bologna hanno imitato la saggezza dell'Asl Napoli 1. Che è stata l'unica a contraddire se stessa, a mortificare la propria decisione. Stessi focolai, stessi rischi, stesso tutto. E allora il Napoli ha preso una decisione: ha schierato allo Stadium Zielinski, Lobotka ed Rrahmani, convinto di fare la cosa giusta, nel rispetto delle norme del protocollo ancora in vigore: i tre sono in isolamento, secondo la Asl 2 Nord, perché senza terza dose e contatto stretto di Rui e Meret positivi. Magari oggi non usciranno per andare al ristorante. Ma il famoso protocollo Figc dice che i tesserati negativi ma in quarantena possono uscire per recarsi a giocare ed allenarsi.

Così è. Anche se non vi pare. E vediamo oggi le risposte delle due Asl. Ma soprattutto cosa farà la Juventus, che certo è apparsa assai contrariata dalla presenze dei tre. Probabile che valuti un ricorso. 

 

La credibilità della serie A traballa. Il nuovo protocollo varato in fretta e furia per fronteggiare la nuova emergenza e ribattere alle disposizioni del governo chiariscono un bel po' di punti. Bastano 13 giocatori, tra cui almeno un portiere, per scendere in campo. Paolo Dal Pino precisa: «Qualora uno o più calciatori dello stesso club risultassero positivi, la gara sarà disputata, secondo il calendario di ciascuna competizione, purché il club in questione abbia almeno 13 calciatori (di cui almeno un portiere) tra quelli iscritti nelle rose della prima squadra e della Primavera nati entro il 31 dicembre 2003 negativi». Solo «qualora il club non disponga del numero minimo di calciatori, la Lega delibererà di conseguenza». Chi, nonostante sia «in grado di disporre del suddetto numero minimo di calciatori», non si presenti in campo subirà lo 0-3 a tavolino. Ieri il Napoli, pure se avesse rinunciato a Zielinski e gli altri due, avrebbe dovuto giocare. La ripartenza della prima giornata di ritorno inizia, in ogni caso, con già quattro partite saltate e con altre che, in condizioni simili, hanno visto le squadre scendere in campo. Ad essere saltate sono Venezia-Salernitana, Fiorentina-Udinese, Atalanta-Torino e Bologna-Inter. Per la Lega è arrivato anche una specie di momento di resa dei conti con le Asl. «A tal proposito resta fermo il convincimento che le decisioni delle varie Asl, per diverse ragioni, siano illegittime, pertanto la Lega Serie A ricorrerà presso tutte le sedi opportune a tutela del libero svolgimento delle proprie competizioni». E se ci fossero dubbi su cosa pensano i vertici del pallone, ecco il pensiero dell'ad dell'Inter, Giuseppe Marotta: «C'è una grande confusione, stiamo assistendo a situazioni anomale. Mancano le linee guida tra lo sport e il Ministero della Salute. La competenza delle Asl va limitata». 

L'accordo definitivo tra le istituzioni e il mondo del calcio potrebbe arrivare il 12 gennaio, quando, come annunciato dal ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, si punta a trovare «un'intesa tra le Regioni e la Lega Serie A per stabilire una regolamentazione uniforme, con criteri precisi, in merito alla disputa delle partite e al prosieguo del nostro massimo campionato di calcio nonostante la recrudescenza della pandemia. Anche negli ultimi giorni abbiamo avuto diverse decisioni e diverse interpretazioni di situazioni apparentemente analoghe, con le Asl spesso contrapposte alla Lega Serie A. Per questo è in atto un approfondimento ed il tema verrà trattato mercoledì 12 gennaio durante una Conferenza Stato-Regioni convocata ad hoc». 

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