Napoli, comincia l'era Gattuso:
​riecco la grande bellezza azzurra

Napoli, comincia l'era Gattuso: riecco la grande bellezza azzurra
di Pino Taormina
Lunedì 19 Ottobre 2020, 08:00
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Nella nostra serie A si sprecano i maestri. Maestro di qua e maestro di là. Poi spunta un tizio che descrivono come una specie di Cipputi ovvero solo tuta, chiave inglese d'ordinanza, lavoro, sudore e tondini da produrre in serie, senza mai alzare la testa dalla macchina. E si scopre che non è così: altro che operaio del pallone, perché quel tizio - che si chiama Rino Gattuso - da quando è a Napoli gioca sempre con almeno tre attaccanti, cerca il gol con azioni in orizzontali e in verticale e appena ha potuto imporre un nome nel mercato al proprio presidente ha scelto un tal Osimhen che attacca la profondità come poche punte in Italia. Insomma, era tutto chiaro da tempo che Gattuso non era solo tattica e grinta, ma il calcio va così: ha dovuto battere l'Atalanta, dare una lezione a Gasperini per far capire di che pasta è fatto il tecnico che ha preso il posto di Ancelotti. E all'inizio è stato trattato come una specie di usurpatore al trono del predestinato. Ora gli hurrà si sprecano, ma si sa come sono fatti i carri: ci provano tutti a salirci sopra. De Laurentiis ha creduto in Gattuso. Ci ha creduto talmente tanto che è, probabilmente, l'allenatore che ha più assecondato sul mercato: Osimhen, vero. Ma anche il rinnovo di Mertens porta la firma di Gattuso. Così come la scelta di accontentarlo prendendo in prestito Bakayoko. Senza dimenticare lo staff tecnico allargato in base alle sue indicazioni. C'è un feeling straordinario tra patron e allenatore, forse il rapporto più forte tra De Laurentiis e un proprio tecnico. Al di là del contratto su cui non c'è ancora la firma. L'impressione è che arriverà. 

 

A me gli occhi, pare voler dire Rino. 8 giorni ha gestire un gruppo col morale a pezzi, costretto all'esilio a Castel Volturno, in una bolla spietata sotto l'aspetto morale. Ma Gattuso ha trasformato tutto in energia positiva, facendo avvertire il meno possibile il peso delle lontananza dalla famiglia. D'altronde, anche il lungo ritiro a Castel di Sangro è stata una prova generale di bolla. Tatticamente, Gattuso non ha sbagliato una gara da quando è a Napoli: anche a Barcellona aveva capito tutto. «Bisogna avere fame e non sprecare i pochi soldi che ci sono», ripeteva durante l'estate. E i suoi dogmi sono chiari: motivare tutti, farli correre col fuoco nel sangue e col pepe nel cuore, ai cento all'ora sempre. Ritmo, passione, attenzione, schemi (soprattutto quelli), coraggio. E nessuno pensi che per Rino «Meglio vincere 1-0 che 4-2». È così che si fanno a pezzi gli avversari, inventandosi Mertens quasi numero 10 (l'ennesima metamorfosi del belga nella sua carriera), facendo rinascere Lozano, e dando una mano a Koulibaly a ritrovare il sorriso.

Gattuso è un po' psicologo e un po' maestro delle elementari, ma anche come un professore di latino, di quelli che pretende perché è così che si fa. Il risultato è fatica, passione ma attenzione, è anche bellezza. Ed è questo che colpisce tutti, ma era chiaro da mesi che Gattuso inseguiva anche questo.

«Io volevo giocare con la Juventus». Ed è vero, non è uno spot: ai calciatori, quel sabato mattina, aveva spiegato ogni cosa, dai duelli ai punti deboli del gioco di Pirlo, compresa la strategia da adottare nel secondo tempo. «Partiamo, vinciamo e torniamo». Ha subito la decisione della Asl, come l'ha subita il Napoli. Ma lui non si piange addosso, non lamenta il punto di penalizzazione. Per giocare con questo Gattuso che sogna lo scudetto - e prima o poi lo dirà - bisogna fare una fatica da matti. Guai a guardarlo in cagnesco (vero Allan e Milik?), guai a dire qualche parole fuori posto (chiedere a Maksimovic): con lui bisogna correre, impazzire di recuperi e rincorse, aggredire spazi, pallone e avversari. E lavorare ogni giorno, anche due ore. Come con Sarri. Perché è questo che voleva la squadra ed è questo che continua a volere. 

 

Difficile trovare uno a 42 anni più preparato di lui. Della sua generazione, è senza dubbio il migliore. Ha faticato tanto tra Sion, Palermo, Ofi Creta e Pisa. Col Milan ha iniziato a far capire di che pasta è fatta, ma col Napoli la grande svolta. Grazie al coraggio di De Laurentiis, perché prendere Rino dopo un anno e mezzo di Ancelotti non era compito semplice. E pensare che venne preso per il 4-3-3 per «ritornare alla grande bellezza». E ieri De Laurentiis ha visto quello che ricercava in Rino, che sperava di rivedere dopo i mal di pancia dell'era Ancelotti. Ed è per questo che ora il rinnovo di Gattuso si avvicina, magari proprio con le condizioni che invoca il tecnico calabrese: la cifra dell'ingaggio la metta il presidente, ma senza gli orpelli di una clausola rescissoria milionaria (sette milioni) che lo ha costretto qualche mese fa a fargli dire di no al prolungamento del contratto. Questo Napoli è di Gattuso ed è normale che Rino voglia continuare in un ciclo iniziato con la vittoria della Coppa Italia. Ma i segnali di De Laurentiis sono chiari: lo dice il mercato, lo dicono i gesti. Sognare bellezza e scudetto a Napoli non è più vietato. Senza tralasciare l'Europa: c'è l'Az giovedì, ancora senza Insigne. E con un po' di salubre turnover. Magari con Rrhamani dal primo minuto.

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