Capello gioca Napoli-Juventus:
«Koulibaly è il Ronaldo azzurro»

Capello gioca Napoli-Juventus: «Koulibaly è il Ronaldo azzurro»
di Pino Taormina
Mercoledì 27 Febbraio 2019, 07:00
5 Minuti di Lettura
«Il campionato non può riaprirsi domenica sera perché penso che, in realtà, sia finito quasi prima di cominciare. Però sarà una partita spettacolare, divertente e con le squadre allenate dai due più bravi di tutti». Don Fabio Capello è tra i tecnici più vincenti del nostro Paese. Non solo il Milan degli invincibili, ma è anche l'ultimo allenatore ad aver portato lo scudetto lontano da Milano e Torino. Nel lontano 2001, quando era alla Roma.

Capello, quanto sono distanti il mondo Juve e il mondo Napoli?
«Ancora parecchio, nonostante il Napoli stia facendo tutto il possibile per potersi avvicinare. Prendere Ancelotti è un segnale chiaro, ma è evidente che c'è un gap da colmare da parte non solo degli azzurri ma di tutte le altre squadre della serie A. D'altronde, se la squadra più forte di tutti prende in estate Ronaldo...».

Chi oltre al Napoli può interrompere questa tirannia?
«Nel breve penso all'Inter. Perché conosco Suning. È una forza mondiale perché c'è dietro una potenza economica planetaria. E per arrivare a certi livelli, quelli dove sta la Juve, servono grandi risorse».

Il Napoli a che punto è?
«Beh, alla fine se questa sfida di domenica non mette in palio il primo posto un po' con se stessa la squadra di Carlo deve prendersela: perché sono state tante le partite giocate bene e non vinte perché là davanti sono stati sbagliati gol facili».
 
Gira e rigira, la differenza è sempre quella?
«Sì, vedete il Milan cosa ha iniziato a fare dal momento in cui ha trovato un goleador. Il calcio, alla fine, è molto semplice».

Napoli-Juventus sarà, in ogni caso, una partita dall'esito incerto?
«Certamente. Nel Napoli, grazie ad Ancelotti, vedo tanta consapevolezza nei propri mezzi. Il mio amico Carlo ha dato personalità, ha cambiato posizione ai giocatori con disinvoltura, ha una rosa in cui tutti sono indispensabili. Per gli azzurri sarà bello battere i bianconeri. Ma, in ogni caso, non in ottica scudetto».

Allegri potrebbe distrarsi al San Paolo pensando alla gara di ritorno con l'Atletico Madrid?
«Magari Max dirà di no, come d'altronde direi anche io al suo posto, ma alla fine ovvio che la testa possa già essere alla Champions. È una partita chiave per la stagione, possibile che delle scelte possano essere legate a quel match. Il campionato è un discorso chiuso da tempo, i 13 punti di distanza sono un margine di grande sicurezza e tranquillità».

Il Ronaldo italiano la sta stupendo?
«Non si può non apprezzare il suo modo di essere al servizio della squadra, la forza che ha nel trascinare gli altri o come cerca l'assist e non solo l'azione personale o il gol».

E l'Ancelotti napoletano?
«Credo che non ci sia nessuno che si aspettasse di più dal suo ritorno in Italia. D'altronde, il suo essere leader lo si capisce dal modo con cui viene seguito dalla squadra, dalla capacità del Napoli di voler giocare il suo calcio. Ha mantenuto molto alto il livello del rendimento pur cambiando il gioco. Vedo il segno della sua grande esperienza. Non facile in una squadra che aveva il marchio di Sarri».

Il Ronaldo del Napoli chi è?
«Senza dubbio Koulibaly. Un difensore mostruoso, talentuoso. In questo momento, tra i migliori al mondo».

Ci spiega, con lo sguardo dell'allenatore, se il Napoli e l'Inter possono vincere l'Europa League?
«Se è vero che il discorso scudetto è chiuso, è anche vero che non c'è chi possa minacciare il secondo posto del Napoli. E allora, questo sì che è un grandissimo vantaggio: vero che si gioca il giovedì e questa cosa è fastidiosa in ottica serie A, ma il Napoli può prendersi il lusso di trascurare certe partite del campionato e pensare all'Europa, senza avere disturbi. È alla pari con le altre, dal Chelsea all'Arsenal e al Siviglia. L'Inter non ha questo lusso: deve centrare la zona Champions. È una priorità per tutti, come lo è per Milan, Lazio, Roma e tutte le altre in lotta per il terzo e il quarto posto».

Ancelotti sta dando quella mentalità internazionale che manca al gruppo?
«Nessuno meglio di lui può insegnare a vincere in Europa dove il destino di una Champions o di una Europa League dipende dai dettagli. In certe notti servono esperienza e determinazione, ovvero le sue armi migliori. In Europa servono forza atletica, tecnica e mentale. La terza, quella mentale, fa la differenza».

Questo Var le piace?
«È uno strumento di cui non si può più fare a meno. Ma come ogni cosa noi vorremmo che fosse infallibile, vorremmo che fosse preciso al 100 per cento. E non lo è del tutto. Per capire i movimenti di un atleta serve un ex calciatore, un ex allenatore, qualcuno che possa interpretarlo meglio. L'ho detto anche a Collina che il passo in avanti sarebbe proprio introdurre una figura di questo tipo».

Ha sempre detto che la bellezza nel calcio è un concetto ampio. È così?
«Sì, è come andare in un museo e ammirare una opera di Leonardo e rimanere senza parole. Nulla impedisce poi di rimanere estasiati anche davanti a un quadro di Picasso. Sono bellezze diverse, ma pur sempre bellezze».

In questo momento quale quadro calcistico ammira di più?
«Il Manchester City di Guardiola che per me è favorito per la Champions. Perché ha possesso, è vero, ma non è mai noioso ed ha un gioco che punta sempre alla verticalizzazione. Poi c'è il Liverpool di Klopp dove vanno tutti dentro in ogni maniera ma serve una condizione fisica al top perché appena c'è un calo le cose non vanno più come prima».

Insomma, l'obiettivo è fare gol?
«Sì, in tre o in trenta passaggi conta poco. Mi piaceva l'Inter di Herrera, mi è piaciuto l'Atletico Madrid che ha battuto la Juve una settimana fa. E in questo in Italia il più bravo di tutti è Allegri che è unico nella gestione dei giocatori, nel controllo a 360 gradi della squadra».

Questi social che infestano i calciatori le danno noia?
«Il punto è come vengono usati. Bisogna saperli gestire: si può guidare una Ferrari o una 500 nella stessa maniera. Dipende dallo stile di guida. Qualcuno esagera».

A Napoli sta esplodendo un suo conterraneo: Meret.
«Sì, lui è di Udine, io di Pieris. La nostra terra dà forza mentale e mi piace il suo talento. Credo che il ct Mancini tra Meret e Donnarumma ha due giovani davvero forti tra le mani».

Don Fabio, com'è la vita da opinionista Sky.
«Tutto bellissimo. Perché, quando la gara finisce, mi rilasso senza dover pensare che abbiamo vinto o pareggiato o perduto».
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