Napoli-Milan per la storia
come negli anni 80 di Maradona

Napoli-Milan per la storia come negli anni 80 di Maradona
di Francesco De Luca
Lunedì 28 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 19:46
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La ferita è ancora aperta. Ricordare il finale del campionato 1989-1990 significa per Arrigo Sacchi e Marco Van Basten buttarvi sopra il sale. A distanza di oltre trent'anni l'allenatore e il bomber del Milan che perse per due punti lo scudetto continuano a parlare di furto senza mezzi termini. La partita che decise tutto, a loro avviso, non fu giocata né a San Siro né a Fuorigrotta ma tra Bergamo e l'ufficio della Commissione d'appello federale (Caf), che assegnò al Napoli la vittoria a tavolino - 2 punti - perché Alemao era stato colpito da una moneta durante la gara contro l'Atalanta. Dimenticano, i rancorosi Sacchi e Van Basten, che alla penultima giornata i rossoneri crollarono a Verona e che, comunque, il Napoli aveva pareggiato a Bergamo: il campionato si sarebbe chiuso con uno e non due punti di vantaggio sul Milan, dunque. 

Domenica al Maradona sarà sfida scudetto. A undici giornate dalla fine del campionato ecco i 90’ che possono indirizzare un torneo equilibratissimo, con tre squadre in lotta per il titolo (se non vi sarà il clamoroso rientro della Juve). Nelle stagioni di Diego e del trio d'Olanda era accaduto realmente due volte. Nell'88 la spuntò il Milan, nel 90 il Napoli. Le storie dei due gloriosi club avevano avuto una svolta quasi contemporanea. L'arrivo di Maradona al Napoli anticipò di due anni quello di Berlusconi al Milan. Il Capitano e il Cavaliere avrebbero cambiato, uno in campo e l'altro dietro alla scrivania, la storia. Il sogno del Dottore sarebbe stato quello di far indossare la maglia rossonera a Diego e vi fu un colloquio con il suo manager Coppola, dopo il primo scudetto. Berlusconi avrebbe riempito d'oro il Pibe e il suo procuratore, ma dalle parole - fortunatamente per il Napoli - non si passò ai fatti e Maradona rimase il simbolo della Grande Rivale, battuta il 1° maggio dell'88 per 3-2 al San Paolo. La partita più triste del meraviglioso ciclo azzurro, in cui vi fu un motivo di orgoglio per Napoli: la grande sportività dei 90mila che applaudirono il Milan dopo aver assistito alla doppietta di Virdis e al gol di Van Basten che decisero il campionato (non bastarono i colpi di Maradona e Careca, due delle tre punte della MaGiCa che sarebbe durata un anno). La squadra, guidata da Bianchi, era in testa alla vigilia del match ma viveva una fase grigia. Per problemi fisici, secondo gli azzurri dell'epoca. Per le tensioni che vi erano con il tecnico, secondo altre letture. Si raccontò perfino di pressioni della camorra su alcuni calciatori perché, se avessero vinto loro lo scudetto, sarebbe saltato il banco del totonero.

Voci rimaste senza alcun riscontro giudiziario. L'effetto di quella sconfitta fu la chiusura del primo periodo del Napoli maradoniano: la rivolta contro Bianchi, ufficializzata in un comunicato della squadra poi smentito dalla stessa, provocò la partenza di Garella, Ferrario, Bagni e Giordano, quattro uomini che erano stati decisivi per lo scudetto dell'87.

 

Se Berlusconi sognava di portare Maradona a Milano, Diego sperava di essere allenato da Sacchi a Napoli. E cercò di convincerlo. «Mi disse: Con me e Careca lei partirebbe da 1-0. Certo, gli risposi. Ma se poi se tu e Careca non giocate?», ha ricordato Arrigo in una recente intervista al Mattino. Sarebbe stato il direttore sportivo Giorgio Perinetti a tentare concretamente di chiudere quella operazione nel 91, dopo l'addio di Diego. Il secondo e ultimo scudetto del Napoli sarebbe stato vinto da Albertino Bigon, ex rossonero, dopo l'ennesimo duello col Milan, che intanto aveva aperto un ciclo di grandi successi. Stavolta non decise uno scontro diretto come nell'88. Per Sacchi e i suoi, risultò decisivo il 2-0 assegnato a tavolino al Napoli per il caso-Alemao. In quella domenica dell'8 aprile, mentre gli azzurri giocavano a Bergamo, i rossoneri pareggiarono a Bologna, con un gol regolare dei rossoblù annullato dall'arbitro Lanese, ribattezzato Milanese da Ferlaino. Il presidente attaccò a testa bassa con il suo club forte (Moggi il manager, Mignone e Piscicelli i legali) sul fronte della giustizia sportiva, ottenendo il successo a tavolino alla vigilia della penultima giornata. In cui il Napoli trionfò a Bologna e il Milan crollò nella fatal Verona, dove perse la partita e la faccia, con tre espulsi (Rijkaard, Costacurta e Van Basten) oltre a Sacchi. Nei ricordi di quel finale di campionato i rossoneri tirano fuori la storia di Bergamo e l'arbitraggio di Lo Bello a Verona, il figlio d'arte considerato vicino al Napoli. Dimenticano, però, il particolare dello sputo di Rijkaard verso il direttore di gara: come si poteva tollerarlo? Ferlaino, a più riprese, ha ricordato il sostegno ricevuto dalla Rai, di cui era direttore generale l'irpino Biagio Agnes, nella battaglia mediatica con la Fininvest. Il potente Milan ovviamente non riuscì a cambiare la classifica ma spinse la Federazione ad abolire il 2-0 a tavolino e un anno dopo, quando diventò ct della Nazionale, Sacchi ristrutturò lo staff medico escludendo il massaggiatore del Napoli, Carmando. La sua colpa? Aver soccorso Alemao sul campo di Bergamo. 

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