De Laurentiis, scudetto dei bilanci:
in cassa un tesoro da 118 milioni

De Laurentiis, scudetto dei bilanci: in cassa un tesoro da 118 milioni
di Francesco Pacifico
Venerdì 8 Febbraio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:39
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Un tesoretto, una liquidità che sfiora i 119 milioni di euro. Soldi con i quali Benito Fornaciari, il mitico presidente del Borgorosso Football Club interpretato da Alberto Sordi, non ci avrebbe pensato un attimo per comprare un Cristiano Ronaldo o un Luka Modric oppure due Cavani. Ma non Aurelio De Laurentiis. Queste risorse il presidente del Napoli le ha messe al sicuro in banca, in un conto dell'Unicredit e sono il fulcro del bilancio 2018 della società, che ha permesso di garantirgli il titolo di patron del calcio italiano più virtuoso. Risultato ancora migliore visto che parliamo di un undici habitué dell'alta classifica, da anni in Champions League.

Infatti la gestione finanziaria è all'insegna della cautela, talmente conservativa che questo club il bilancio - anche nell'ultimo anno disponibile, il 2017-2018, quando ha chiuso in perdita di 6,3 milioni di euro - lo fa con voci molto canoniche per la serie A: i diritti televisivi e le plusvalenze dalla vendita dei calciatori. Si misurano gli investimenti (che non mancano) alle risorse in cassa e se queste scarseggiano, non si sciala. Ma soprattutto la società non valorizza a sufficienza le entrate che hanno fatto la fortuna dei grandi club stranieri come le attività di marketing oppure quelle legate allo stadio di proprietà. In sintesi, una grande sui campi di calcio nazionali e internazionali, una squadra da media classifica per quanto riguarda il business.
 
In quest'ottica è emblematico il delta con il quale ha chiuso il bilancio nel 2018 (-6.372.812) e come lo ha fatto nel 2017 (+66.601.104). Questo passivo - «tale da non modificare sostanzialmente le condizioni di equilibrio finanziario e patrimoniale», si legge nel rendiconto - sconta l'uscita dalla Champions nell'ultima stagione di Sarri, con una riduzione secca dei diritti tv di 26 milioni di euro e l'assenza di grandi plusvalenze per la cessione di campioni, nel quale DeLa è maestro. Soltanto dodici mesi prima aveva incassato la maxiclausola di rescissione di Higuain dalla Juve di 90 milioni di euro. Una tendenza ben chiara nello storico del Napoli Calcio, che fa già temere quest'anno la vendita dei campioni over trenta come Allan, Callejon Mertens oltre ai 20 milioni che potrebbero arrivare dal trasferimento di Hamsik in Cina.

Nel 2018 le plusvalenze, infatti, sono crollate a 30 milioni contro i 100 del 2017.

Ma guai a pensare che il produttore cinematografico non sia munifico con i suoi calciatori.

Il monte stipendi è salito a 86,58 milioni di euro, in aumento del 16,8 per cento rispetto ai 77,89 milioni dell'inizio della stagione precedente. A pesare soprattutto i maxi rinnovi di Lorenzo Insigne e Dries Mertens, che guadagnano rispettivamente 4,6 e 4 milioni, mentre tutti gli altri top player hanno salari tra i 3,5 e i 2,5 milioni di euro. In sintesi, il Napoli spende per la sua rosa 112.810.404, compreso il pagamento dei diritti d'immagine dei calciatori (che garantisce un ritorno di poco più di un milione), una rarità nel nostro campionato e figlia del pedigree cinematografico del suo presidente. In ogni caso, sul fronte dei salari, siamo lontani anni luce dai 203 milioni della Juventus.

Come detto, le finanze del Napoli sono molto solide. Il giro degli attivi è a quota 283 milioni di euro, con una liquidità di 118,7 milioni. I bianconeri, che fatturano oltre il doppio, hanno in banca 140 milioni. In calo di 6 milioni il patrimonio (a 116 milioni di euro), debiti con il fisco toccano i 22 milioni, ma sono riconducibili a imposte differite. Numeri che, seppure con qualche milione in meno o in più, si ripetono da circa un quinquennio.

Calano invece gli emolumenti per DeLa e i suoi familiari, che nel cda del Napoli ha la moglie Jacqueline e i figli Edoardo, Luigi e Valentina. Gli amministratori hanno ridotto le loro spettanze da 4,3 milioni a uno, molto probabilmente per recuperare la perdita da 6 milioni di euro. Poi, almeno a leggere il bilancio, si smentisce un sentire comune che vuole il patron degli azzurri finanziare il suo corebusiness, cioè il cinema: i trasferimenti verso la Filmauro sono calati di 6,7 milioni di euro e riguardano il pagamento di servizi amministrativi e versamenti di Iva verso la controllante. Mentre in direzione opposta i crediti sono scesi a 2,4 milioni.

A riprova di un business molto conservativo, il bilancio parla di «una dinamica degli investimenti che ha interessato quasi esclusivamente operazioni legate all'acquisizione di calciatori». Ed è questo il nodo principale della gestione De Laurentiis, anche se qualcosa si sta muovendo, visto che il costo del personale (sopra i 15 milioni di euro) è quasi raddoppiato nel tentativo di rafforzare la struttura non soltanto sportiva, ma anche amministrativa. Al netto delle plusvalenze, i proventi del Napoli sono pari a oltre 183 milioni: 19 dai biglietti staccati allo stadio, 73 dai diritti per la serie A (+3 per cento), 40 da quelli per le partite in Europa (-39 per cento), mentre le sponsorizzazioni, salite del 7 per cento: danno 34 milioni. Per la precisione 8,7 milioni da quelli ufficiali, compresi i marchi sulle maglie, 8,16 da quello tecnico, 7 a livello istituzionale. La stessa voce garantisce al Milan, squadra che nell'ultimo quinquennio ha spesso saltato la qualificazione alle coppe, ben 100 milioni di euro.

Sul versante del marketing, nel bilancio, si legge che saranno rafforzate le attività di «merchandising, i temporary shop l'ecommerce e le cosiddette accademy». Ma al momento da questo canale entrano poco più di 3,5 milioni. Dicono gli esperti che il Napoli sconta ancora la scelta di partner, compresi quelli tecnici, molto piccoli, che però sul territorio possono garantire maggiori economie di scala. Resta il fatto che il marchio Napoli, come dimostrano i proventi dal licensing (1,264 milioni), è al momento poco sfruttato. Poche speranze, almeno stando sempre al bilancio, di vedere costruito uno stadio di proprietà: le condizioni - come dimostra anche l'ultimo accordo con il Comune - non ci sono ancora.
 
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