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Napoli-Verona, intervista Alessandro Renica: «Con le Legends facciamo ancora goI azzurri»

L'ex azzurro: «Organizziamo iniziative benefiche per supportare alcuni quartieri della città»

Napoli-Verona, intervista Alessandro Renica
Napoli-Verona, intervista Alessandro Renica
di Bruno Majorano
Articolo riservato agli abbonati premium
domenica 12 gennaio 2025, 06:30
6 Minuti di Lettura

Alle volte basta una foto. Anche piccola. Un piccolo cerchietto all’interno nel quale ci sono due persone e un oggetto: Diego Armando Maradona, Alessandro Renica e la coppa Uefa. Ecco il contenuto della foto del profilo di Whatsapp dell’ex difensore del Napoli, che a cavallo tra le fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 ha vinto tutto con la maglia azzurra.

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Ci spieghi questa scelta.
«Mi sembrava il modo migliore per provare a riassumere un momento pazzesco della mia vita. Il primo e unico trofeo internazionale del Napoli e della mia carriera e poi il grande Maradona. Quella è una coppa che ho sentito molto mia anche per il gol che feci contro la Juve. Insomma, un insieme di cose che mi hanno portato a sceglierla come mia immagine del profilo in maniera spontanea».

E allora proviamo a riavvolgere il nastro di quegli anni.
«È difficile da raccontare quell’avventura. Ecco, direi che mi è sembrato di essere andato su Marte, in una squadra di extraterrestri. In quegli anni sono state fatte delle cose talmente belle che resteranno indimenticabili».

Proviamo a fare ordine nel cassetto delle emozioni.
«Partirei dallo stadio che era sempre pieno con 100mila persone. Mi ritengo molto fortunato e sono molto orgoglioso di aver giocato a Napoli in quegli anni. È stata un’esperienza che ha dato un senso alla mia vita. Anzi, me l’ha cambiata in positivo aprendomi anche a mondi nuovi».

Si ricorda il momento in cui scelse Napoli?
«Nel 1985 Napoli aveva una immagine ingiustamente bruttissima dall’esterno. E ammetto che accettare quell’offerta mi sembrò inizialmente un azzardo. Ma personalmente ho scoperto una città completamente diversa. Ovviamente con i suoi problemi che non si possono nascondere, ma anche una città che ha una vitalità unica. I napoletani non si possono nemmeno raccontare, ti animano la vita in tutte le maniere con la loro voglia di vivere».

Quando è che ha capito che Napoli sarebbe stata la squadra giusta per il suo futuro?
«All’epoca giocavo nella Sampdoria ed eravamo venuti a Napoli per una partita di Coppa Italia. Era gennaio, nel resto d’Italia faceva un freddo cane, mentre a Napoli c’era un sole meraviglioso e nonostante quella non fosse una partita di cartello al San Paolo c’erano 50 mila persone. Oggi ci sono tv e social che ti fanno conoscere tutto di ogni posto, mentre all’epoca se non provavi con mano non potevi sapere nulla: su Napoli c’erano solo un mucchio di luoghi comuni».

Poi a Napoli c’era Maradona...
«Non potevi non amarlo. Per il suo essere sempre così rispettoso, educato e disponibile. Ho conosciuto tanti bravi giocatori, ma nessuno aveva la sua caratura e se la tiravano molto di più. Era di una umiltà. Sappiamo tutti quello che ha fatto, che aveva un vizio brutto e condannabile, ma come persona e come uomo era fantastico. E come capitano era strepitoso. Ti incoraggiava sempre, senza mai riprendere nessuno anche se facevamo qualche cavolata. Ci metteva a nostro agio. Tirava fuori il meglio quando i momenti della partita erano complicati: veniva anche a difendere. In campo non si risparmiava. Vincere a Napoli è stato faticoso perché ci dovevamo sbloccare. Non si arrivava mai alla fine del campionato. Per noi è stata una favola».

Ancora oggi il suo legame con la città sembra essere fortissimo.
«Questo è il bello di vincere a Napoli: non si spezza mai il legame con la città».

Per questo avete il gruppo Napoli Legends?
«Si tratta di un’associazione nata anche da una mia idea».

Ci dica.
«Visto che dalla società non siamo stati ricordati in maniera ufficiale come invece accade ai grandi ex di Inter, Milan o Juventus, abbiamo deciso di organizzarci per fatti nostri. Perché è bello sapere che hai fatto parte della storia del Napoli e ogni tanto sentirti parte della famiglia azzurra. De Laurentiis ha voluto dare un taglio netto con il passato e per ritrovarci ho pensato di creare qualcosa».

Di cosa vi occupate?
«Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di trovarci per fare qualche partita e raccogliere fondi per i quartieri disagiati di Napoli all’interno dei quali poter creare strutture sportive. Qualcosina siamo riusciti a fare, ma ci vogliono delle opportunità. Siamo tantissimi, più di 150 e ci sono quasi tutti, anche quelli più recenti come Hamsik, Koulibaly e Mertens. Quando ne ho parlato con i miei ex compagni sono stati tutti entusiasti. Abbiamo anche una chat dove ci scriviamo e cazzeggiamo. Del Napoli parliamo poco, solo quando ci sono momenti topici. Siamo un bel gruppo, tutti innamorati di Napoli e del Napoli. E poi con Raffaele Di Fusco abbiamo anche realizzato una produzione televisiva in collaborazione con Jolanda De Rienzo che ha dato voce a tanti ex azzurri ospiti nei nostri studi».

Che idea si è fatto del Napoli di oggi?
«Ho sempre detto che il Napoli era una seria candidata per lo scudetto».

Come mai?
«Conte è affidabile come allenatore. E poi ha messo a posto la difesa che era stato il vero problema della scorsa stagione, si facevano errori gravi in area di rigore con marcature a maglie troppo larghe. I difensori guardavano la palla e non l’uomo. Vedo come si muovono adesso: è un’altra storia. Grande merito è di Conte. E poi il Napoli ha dimostrato una crescita costante e impressionante nelle ultime partite. Pensavo che senza Buongiorno avrebbe sofferto molto di più e invece fino a ora non si è vista sofferenza. Va dato merito a Conte che ha fatto un grandissimo lavoro soprattutto in questo momento di difficoltà con le “riserve”».

Lotta scudetto?
«Il Napoli se la giocherà fino alla fine con Inter e Atalanta».

Si parla tanto del possibile passaggio di Kvara al Psg...
«A me che vada via adesso non piace. Poi per me non dovevi vendere nemmeno Mertens e sappiamo come è andata a finire. Ma se va via Kvara il Napoli si indebolisce tanto. È un giocatore fondamentale. Certo Neres è fresco, ma una volta che gli avversari hanno capito quello che fa, le sue prestazioni caleranno. In Italia studiano molto per limitare i movimenti degli esterni di qualità. Ma se Kvara è in serata non ce ne è per nessuno».

Ma oggi cosa fa Alessandro Renica quando non è in tv per parlare del Napoli?
«Organizzo ad Asiago dei camp estivi per giovani calciatori. Con me ci sono anche Raffaele Di Fusco, e la scorsa estate anche Francesco Flachi. Proponiamo un livello di istruzione molto alto. L’anno scorso abbiamo seguito i ragazzini nati dal 2007 al 2015. Quando alleno possono essere anche in 100, mi organizzo e mi diverto. Ho tanti ragazzi che poi segnalo alle squadre professionistiche. E mi piacerebbe che i club avessero più coraggio nel dare spazio fin da subito ai giovani più talentuosi. Io ricordo sempre che quando giocavo nel Vicenza, ogni giovedì si veniva ad allenare con noi grandi Roberto Baggio che era negli Allievi e si vedeva subito che aveva un altro passo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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