Spalletti e Sabatini, bacio in diretta
per un calcio finalmente più umano

Spalletti e Sabatini, bacio in diretta per un calcio finalmente più umano
di Marco Ciriello
Martedì 25 Gennaio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 16:32
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Un bacio da fandango, inteso come film e ballo, tutto insieme, quello di Luciano Spalletti a Walter Sabatini nel post gara di Napoli-Salernitana. Uno slancio dannunziano che ristabilisce priorità. Perché d'un colpo annulla le televisive precauzioni per il Covid facendo vincere l'umanità, si smarca dalla moderazione calcistica, dimentica la realtà e lascia vincere l'amore virile che porta verso Sabatini. E il suo bacio è il nostro, perché quell'uomo è l'ultima speranza rimasta al calcio dominato dagli algoritmi, dai procuratori-mercanti di piedi, una promessa di futuro. Walter Sabatini, crepuscolare, bohémien, stropicciato, ex calciatore, ora direttore sportivo, uscito dalle pagine di Richard Ford, The Sportswriter, saltato giù dagli schermi che proiettano Moneyball scritto da Aaron Sorkin, un dispari, non incastrabile né assimilabile ad altri. E Spalletti, un personaggio di Frank Capra, che mette da parte le differenze, persino le polemiche (giuste) di Sabatini verso i rigori in favore del Napoli e le conseguenti parolacce tirando fuori pure «la regola della piazzetta» , e lo bacia. Così il bacio diventa anche il trattino tra un 4 a 1. 

 

Roba da commedia all'italiana, sembrava di rivedere Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, ne I nuovi mostri di Dino Risi, baciarsi. Un bacio che cancella i birignao calcistici che solo Beppe Viola riusciva ad annullare, e che ogni domenica sentiamo; un bacio che spazza via le contrapposizioni di un derby e lascia gli ultrà a mani vuote; un bacio che magari ci fosse anche in altri ambiti; un bacio che non è una scena di plastica, ma è autentico, in un mondo che di autentico ha molto poco. Poi c'è il contesto, c'è il Covid, e il peloso uso della mascherina persino l'infettivologo Matteo Bassetti l'ha spiegato a una giornalista anche quando non servirebbe, e il tenersi a distanza da tutti e da tutto.

Spalletti no, è umano, non ha resistito, e l'ha baciato, e prima l'ha chiamato a sé, in una ricongiunzione che se non è più calcistica conserva la memoria dell'amicizia, rinverdendo le scelte e le partite che furono, le alleanze che nascono fuori dal campo e che spesso il campo dimentica. Un momento di tenerezza, prima di riprendere il circo, le partite, il gioco dei ruoli. Una interruzione felice, per poi rimettersi a contare contagiati e a rinnegare la corsa scudetto.

 

Sabatini è un portatore sano di eversione, uno dei pochi veri conoscitori di calcio e uomini, un cacciatore di storie, che costringe allo sbilanciamento, basta averlo sentito raccontare le trattative o le sue vecchie partite per comprendere Spalletti. Impossibile non amarlo. E allora giù bacio. Una anomalia, come tutto quello che lo riguarda. La vita, con palla inattiva o no. Un campione d'ironia, al punto di farsi astratto, ma solo apparentemente, un po' Mandrake quello di Gigi Proietti un po' sciamano Jack London, sognando di diventare Gianni Rivera. E come fai a non baciare uno così? Un epicureo di un fútbol favoloso capace di far piangere persino Zamparini («direttor dott ing gran ladr di gran croc lup mann figlio di putt» come avrebbe detto Paolo Villaggio), e che ha come equivalente femminile: la sciatrice Sofia Goggia, la scommessa oltre il limite, una esagerata, che poche ore prima del bacio di Spalletti, cadeva per troppo andare, cadeva nel suo strafare, non riuscendo a darsi una misura. Che viene da baciare a ogni fine discesa, perché va contro se stessa, fuori dai calcoli e dagli algoritmi. E pure lei pare saltata fuori dai film di Sorkin, facile da immaginarsela, a fine carriera, ad organizzare grandi partite di poker clandestino come la sciatrice protagonista di Molly's Game. E a questo punto Sorkin deve sapere della Goggia e di Sabatini. Se non per farne un film che li tiene insieme, almeno per baciarli. 

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