Rischio idrogeologico, 100 interventi per salvare l'Italia

Il cambiamento climatico ha aumentato gli eventi estremi con alluvioni e smottamenti. Di fronte all’emergenza idrogeologica, l’obiettivo è puntare all’adozione di un testo unico per dare uniformità agli interventi a difesa della Penisola

Rischio idrogeologico, 100 interventi per salvare l'Italia
di Michele Di Branco
Mercoledì 20 Marzo 2024, 12:56 - Ultimo agg. 21 Marzo, 07:36
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Un testo unico di legge contro il dissesto idrogeologico.

Le recenti alluvioni che hanno interessato diverse regioni italiane causando forti danni spingono il governo ad accelerare per affrontare in maniera organica ed efficace i cambiamenti climatici. La prevenzione dei rischi non funziona (l’Italia investe un euro contro i 10 spesi per sistema i danni) e in attesa di cambiare strategia di spesa, su questo fronte, Palazzo Chigi pensa di riformare il meccanismo che regola gli interventi emergenziali. Attualmente sono addirittura 7 i ministeri, davvero troppo, che si occupano di erogazione di risorse per la salvaguardia del territorio ed ora si pensa che la soluzione, appunto, sia l’adozione di un testo unico che, oltre ad accentrare le competenze, aiuti a pianificare cento interventi strutturali strategici di carattere nazionale prima che avvengano catastrofi. Bene, ma a chi spetta individuare i 100 interventi? Gli organi deputati a farlo saranno le autorità di Bacino che hanno la banca dati. 


LE INFRASTRUTTURE 

E poi si studia una sub pianificazione di infrastrutture di interesse locale: interventi meno strategici che potrebbero essere affidati alle Regioni. Cambiare strategia, peraltro, appare urgente ed ormai inevitabile per un Paese che, analisi alla mano, preferisce mettere le toppe piuttosto che prevenire gli strappi. Lo dicono i numeri. Tra il 2013 e il 2019 l’Italia ha investito appena due miliardi di euro per prevenire i danni causati dai rischi idrogeologici, appena un decimo rispetto al costo sostenuto (20 miliardi) per fronteggiare le emergenze nello stesso periodo. Il Policy Brief ( “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Valutazioni e proposte”) dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) offre l’immagine plastica di una governance politico-amministrativa miope in materia di difesa del territorio. Nel rapporto, ad esempio, vengono ricordate alcune delle alluvioni di vasta portata che hanno colpito l’Italia negli ultimi due anni, come quelle in Emilia-Romagna, in Toscana, nelle Marche e in Campania. 


LA MINACCIA

E, in particolare, il Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni e/o erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’Ispra, che ha anche calcolato (Rapporto Rendis 2020) come nel periodo 1999-2019 il ministero dell’Ambiente abbia finanziato oltre 6 mila interventi per un totale di oltre 6,5 miliardi di euro, con una spesa media annua che si è attestata a 329 milioni di euro. «Si tratta di risorse del tutto insufficienti, poiché le richieste di interventi inevase a quella data risultavano pari a 26 miliardi di euro il che rappresenterebbe una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale», osserva ASviS che propone di «triplicare la capacità di spesa portandola ad almeno un miliardo l’anno». 


IL PIANO NAZIONALE 

Per quanto riguarda il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale” - il cosiddetto ProteggItalia, varato nel 2019 e tutt’ora in vigore - l’ASviS ricorda che «la Corte dei Conti ha segnalato che esso non ha unificato i criteri e le procedure di spesa, anche in relazione al Pnrr, né individuato strumenti di pianificazione territoriale efficaci, mentre permangono un’inaccettabile lentezza dei processi decisionali e di quelli attuativi, nonché le difficoltà delle amministrazioni centrali e locali ad utilizzare i fondi stanziati». 
Il Policy Brief avanza una serie di proposte per affrontare con una visione sistemica la questione del dissesto idrogeologico, tra le quali: «L’individuazione di una procedura uniforme per la gestione delle fasi di emergenza e ricostruzione; l’applicazione del modello della “resilienza trasformativa” alla fase di ricostruzione, evitando di realizzarla senza tenere conto dei rischi, come fatto nel passato; la necessità di triplicare la capacità di spesa per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico segnalati dalle Regioni e di competenza del Mase, portandola rapidamente a un miliardo di euro l’anno rispetto agli attuali 300 milioni».

In estrema sintesi, l’ASviS segnala che «senza un significativo cambiamento delle politiche vigenti e dell’approccio alla gestione del rischio idrogeologico gli eventi catastrofici sono destinati a ripetersi, con danni elevatissimi al sistema economico e alle persone». Il costo dell’inazione è nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica, che già ora impatta sui nostri ecosistemi, sulle attività economiche e sulla vita delle persone. 


GLI INVESTIMENTI


«Per questo, bisogna rafforzare gli investimenti, ma anche il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico - spiega il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini -. È essenziale adottare una pianificazione nazionale pluriennale per la difesa del suolo e la gestione delle acque, nonché affidare una delega al governo per la redazione di un testo unico legislativo in materia di mitigazione del rischio idrogeologico». La resilienza dei territori passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse. 

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