Il Santiago Bernabeu è il trionfo della tecnologia.
Uno stadio che da icona del calcio diventerà modello per tutti gli impianti del futuro. Una copertura che si completa in 15’, un campo di gioco che, pezzo dopo pezzo, si ritrae e cala sotto il livello del terreno, parecchi metri sotto, per far posto a piattaforme per altre manifestazioni, dal basket agli show, e questo essendo irrigato e ricevendo cure sempre adeguate grazie alla luce ultravioletta. Insomma l’impianto più avveniristico che ci sia. Diversissimo rispetto a quello nel quale l’Italia di Enzo Bearzot vinse la sua terza Coppa del Mondo, nel magico luglio ’82, battendo la Germania Ovest in finale (3-1) con il presidente Pertini, festante in tribuna. Non sarà più così. Il Real Madrid è entrato nel futuro. Lo stadio, realizzato da gmp Architekten, già dall’esterno ha un profilo ineguagliabile: un involucro esterno formato dalla sovrapposizione di lamelle che senza soluzione di continuità ha inglobato il vecchio stadio quasi richiamando il Guggenheim di Bilbao. Di giorno riflette la luce e ha già cambiato il volto di un intero quartiere a nord del centro della Capitale, di sera diventa un quasi uno scherma per giochi di luci e proiezion ia led. E l’interno anche è incredibile come si è visto da un video rilanciato da le Merengues. La ristrutturazione, cominciata nel 2019, ha costretto per due anni il Real a giocare lontano e doveva terminare a dicembre scorso, ma è stata posticipata al 2023. Il Real ha dovuto far ricorso a un prestito da 225 milioni di euro per il complicatissimo sistema che ritrae il campo, ma ha firmato un accordo di partnership con una società americana, con l’idea di trasformare lo stadio in arena di spettacoli e altri sport, nell’intervallo tra una partita e l’altra. Secondo le stime di Florentino Perez, il nuovo Bernabeu dovrebbe fruttare 360 milioni di euro l’anno in più al club.
I DATI BIOMETRICI
Il nuovo stadio del Real non è l’unica novità del calcio che cambia. Per quanto riguarda la nostra serie A, ad esempio, è al vaglio della Lega, con un approfondimento atteso già nei prossimi mesi (sarà sottoposto anche al governo), un progetto che prevede di proporre la firma di una liberatoria a chi acquista un titolo di accesso allo stadio, che sia un biglietto o un abbonamento, per l’utilizzo dei propri dati biometrici, limitatamente agli usi necessari, che possono andare dall’apertura dei tornelli, esattamente come succede con l’attivazione delle app, fino all’individuazione certa e veloce di violenti e razzisti.
NUOVI STRUMENTI
Ed è utile ricordare i miglioramenti nel nostro calcio grazie all’introduzione di tecnologie, sempre sulla spinta della Lega di serie A. In primis, risale al 2012, del sistema Hawk-Eye (occhio di falco). In Italia, dopo un iniziale scetticismo, è stata introdotta a partire dalla stagione 2015-2016 per segnalare se il pallone abbia oltrepassato o meno la linea di porta e dunque convalidare le reti. Certo, la tecnologia non ci tiene a riparo da errori. Il 18 giugno 2020 il sistema commette il suo primo errore ufficiale, in Premier, Aston Villa-Sheffield United, non segnalando come valido il gol segnato da Oliver Norwood dello Sheffield perché la visione delle telecamere era oscurata dai calciatori in campo (la partita è terminata 0-0). Questo sistema esiste da tempo, intorno al 2004-2005, nel tennis e nel cricket. E che dire del Var, Video Assistant Referee? Viene usata esclusivamente in quattro casi, definiti determinanti per lo sviluppo della partita e del risultato: assegnazione di un gol; assegnazione di un calcio di rigore; espulsione diretta (non quella per doppio giallo); errore di identità (scambio del calciatore da ammonire o espellere con un altro). Il rugby sfrutta un sistema analogo che prende il nome di Tmo, ovvero Television Match Officer.
IL FUORIGIOCO
Infine, da inizio anno l’ultima novità in termini di tecnologia è stato il «semi-automated offside», il fuorigioco semiautomatico, già visto all’opera al Mondiale in Qatar. In sostanza, consiste in 12 telecamere installate nello stadio, oltre a quelle delle televisioni, che tracciano 29 «punti-dati» di ogni singolo giocatore, indicando con ancora maggior accuratezza la sua posizione in campo. Una sorta di mappatura completa. E c’è un microchip installato nella palla che permette di fare la stessa cosa anche con la sfera, solo in maniera più intensiva. La sala Var riceve segnali sullo spostamento del pallone 500 volte al secondo. Questi dati vengono inoltrati a un Avar dedito specificamente al fuorigioco che verifica e comunica la decisione al Var e all’arbitro in campo. Qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa.