Processo Londra, Gip ordina al Vaticano di restituire il cellulare di Cecilia Marogna

«Il pm italiano non lo doveva consegnare»

Processo Londra, Gip ordina al Vaticano di restituire il cellulare di Cecilia Marogna
Processo Londra, Gip ordina al Vaticano di restituire il cellulare di Cecilia Marogna
di Franca Giansoldati
Lunedì 6 Febbraio 2023, 19:57 - Ultimo agg. 22:34
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Città del Vaticano  - Il pm italiano non avrebbe dovuto consegnare ai magistrati del Vaticano il cellulare di Cecilia Marogna, la donna imputata al maxi processo vaticano per la compravendita del disgraziato palazzo di Londra assieme ad altre nove persone tra cui il cardinale Angelo Becciu, finanzieri, sacerdoti e funzionari della Segreteria di Stato. Secondo il Gip il magistrato italiano sarebbe stato troppo «solerte e collaborativo» con le richieste che erano arrivate dall'autorità giudiziaria d'Oltretevere «ma ma prive di adeguato supporto normativo». In pratica il Gip, dando ragione alla donna (che era stata arrestata nel 2020 a Milano su richiesta del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi) ha ordinato il dissequestro del telefonino. Lo riferisce all'Adnkronos il procuratore Riccardo Sindoca spiegando che con l'ordinanza depositata oggi è stato annullato il decreto di sequestro probatorio emesso dal pm di Milano nel gennaio 2021. 

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Il Gip ha rilevato che il provvedimento era di fatto «illegittimo» essendo «stato adottato dopo la pronuncia del dispositivo con il quale la Corte di Cassazione aveva annullato l'ordinanza di convalida dell'arresto di Cecilia Marogna, disposto per fini estradizionali».

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«Appare del tutto evidente - si legge nell'ordinanza - come la  richiesta di consegna del telefonino appartenente a Cecilia Marogna,  inoltrata dall'Autorità giudiziaria vaticana alla magistratura italiana tramite lo strumento della rogatoria internazionale, si sia fondata su un presupposto rivelatosi poi insussistente, ovvero su un  sequestro asseritamente legittimo». Ma, sottolinea il Gip, «il vincolo reale sul bene era stato imposto nell'ambito di una procedura  illegittimamente instaurata, all'interno della quale - peraltro -  l'interessata è stata privata della libertà personale».

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Tra l'altro, evidenzia il magistrato, in seguito alla sentenza della  Cassazione del dicembre 2020 «sarebbe stato  opportuno, per l'autorità giudiziaria rogante interessata ad ottenere la consegna del telefonino dell'interessata trasmettendo un'autonoma richiesta di assistenza giudiziaria, volta ad ottenere il sequestro  probatorio del dispositivo, non la mera consegna».

 La Santa Sede nel gennaio dell'anno scorso aveva comunicato di rinunciare alla richiesta di estradizione per Cecilia Marogna, la collaboratrice della Segreteria di Stato arrestata ad ottobre a Milano su mandato delle autorità vaticane con l'accusa di appropriazione indebita. La donna accusata di aver utilizzato per comprare borsette e altri beni di lusso oltre 500 mila euro versati dalla Santa Sede per «missioni umanitarie riservate», non avrebbe potuto essere estradata (come chiedeva la giustizia vaticana) visto che i Patti Lateranensi prevedono espressamente la possibilità di estradare un cittadino vaticano in Italia ma non viceversa. 

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Lo scorso 17 dicembre, la Cassazione aveva tra l'altro disposto l'annullamento senza rinvio con perdita di efficacia della misura cautelare.

Uno smacco enorme per i magistrati del Papa al quale oggi si aggiunge il secondo. 

I legali della donna avevano giudicato la mossa del Vaticano sconcertante. In un comunicato la avevano paragonata a «una fuga senza onore. Da parte del Vaticano anziché riconoscere i loro errori, i magistrati hanno revocato il mandato di cattura, sottraendosi al confronto con noi e al giudizio della Corte. Altrettanto certo è che la revoca non sia intervenuta per consentire a Marogna di partecipare libera al processo in Vaticano perché altrimenti l’infondato mandato di cattura non lo avrebbero emesso fin dall’inizio né avrebbero alimentato per tre mesi, con quattro diverse istanze, le loro pretestuose richieste di arresto e di estradizione. Paradossale è che i magistrati vaticani ora tentino di far ricadere sulla Marogna la causa della loro retromarcia per non essersi fatta interrogare a Cagliari» avevano spiegato gli avvocati Fabio Federico e Maria Cristina Zanni.

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