Ansia, stress emotivo, difficoltà a socializzare. C’è anche questo dietro la fuga dei liceali dalla scuola ad anno in corso. L’allarme era già scattato a Milano, con i 56 alunni in fuga dal liceo classico Berchet. Gli stessi studenti hanno poi spiegato che gli abbandoni dipendono da «una concezione di scuola sbagliata» e dal rapporto con i docenti, a cui chiedono più sensibilità e attenzione.
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La resa degli adolescenti
In agitazione pure i liceali delle scuole di Bologna - Minghetti, Copernico e Sabin - che hanno occupato proprio in queste settimane le aule manifestando il profondo disagio nei confronti del sistema scolastico carente.
IL FENOMENO
«Stiamo cercando di supportare i ragazzi in difficoltà e questo sta accadendo in tutte le scuole italiane» spiega Mario Rusconi, presidente dell’Assopresidi del Lazio: «Dopo i mesi della pandemia, per molti adolescenti il problema è stato quello di riprendere una socialità continuativa. Ecco perché abbiamo aumentato gli incontri con gli psicologi, i corsi e gli incentivi didattici. Tuttavia spesso sono i genitori a cedere quasi subito alla richiesta di quella che a noi sembra, a tutti gli effetti, una fuga. Ogni richiesta viene valutata e studiata ma è chiaro che se c’è insistenza e determinazione da parte della famiglia, i presidi vanno incontro alle richieste».
Sono dunque i numeri raccolti a fotografare l’impennata delle domande e la corsa al cambio di scuola. Ecco qualche numero che arriva dalla Capitale. Al liceo scientifico Isacco Newton sono stati 25 gli studenti che hanno chiesto il trasferimento, a cui si aggiungono altre 40 domande di inserimento, cioè fatte arrivare da ragazzi che hanno richiesto di essere ammessi ad anno in corso. Gli stessi numeri registrati al liceo scientifico Amedeo Avogadro con 25 giovani che hanno scelto di cambiare classe in corsa e, altri quaranta, che hanno invece registrato la domanda in entrata. «Il problema in alcuni casi è quello di riuscire a soddisfare le richieste di entrata» precisa la preside Katia Tedeschi. Con gli istituti che corrono ai ripari organizzando incontri, laboratori e progetti di inclusione. Un sistema di formazione dunque, che coinvolga i ragazzi e favorisca il rapporto con i docenti. «L’obiettivo per il prossimo triennio è proprio quello di limitare i trasferimenti. I ragazzi stanno manifestando un forte disagio e stiamo cercando di rispondere alle loro esigenze» conclude Tedeschi.
LA FUGA
Intanto però la corsa, nelle scuole da nord a sud, continua. Così come nella Capitale: dal liceo classico Pilo Albertelli sono stati in 25 a concludere l’anno scolastico in un altro istituto. Proprio la scuola del quartiere Esquilino lo scorso anno era finita al centro delle polemiche ed era poi stata al centro di un’ispezione degli uffici regionali scolastici. I riflettori si erano accesi quando il numero delle richieste per uscire dalla scuola di via Manin aveva toccato quota 90. Con i ragazzi che avevano riferito di pressioni agli studenti più fragili, eccessiva rigidità da parte di alcuni insegnanti. «Secondo i dati che stiamo raccogliendo la media nella Capitale è di dieci ragazzi in entrata o in uscita, a istituto - commenta il presidente di Assopresidi Rusconi - con picchi tra i 25 e i 35. Abbiamo notato una prima impennata già dopo il primo trimestre. Molto dipende dal post pandemia - dice ancora il preside Rusconi - alla difficoltà di riadattarsi in un contesto sociale con delle regole stabilite e definite. Eppure quello che a più riprese abbiamo chiesto, e stiamo chiedendo, alle famiglie è di essere più collaborativi con le scuole. Ai ragazzi dobbiamo dare gli strumenti per superare gli ostacoli, difficoltà e problemi».