Cannes 2024, applausi e lacrime per Meryl Streep: la diva delle dive

Binoche consegna alla star americana la Palma d’oro alla carriera

Meryl Streep
Meryl Streep
di Titta Fiore
Mercoledì 15 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 21:02
5 Minuti di Lettura

Il primo a salire la Montée des Marches, la mitica scala con il tappeto rosso del Palazzo del cinema, è il cane Messi, la superstar a quattro zampe del film vincitore della Palma d’oro dell’anno scorso, «Anatomia di una caduta». Dove eravamo rimasti? Il festival riparte da dove l’avevamo lasciato, come se i giorni non fossero passati, perché Cannes è un gigantesco ingranaggio, una macchina grandiosa che si nutre dei suoi stessi sogni e li restituisce amplificati, pronti per un nuovo uso.

Tutto è uguale e tutto è diverso, nella cerimonia di apertura che ieri ha dato ufficialmente il via ai lavori di questa 77esima edizione. Ci sono gli abiti sfavillanti, il muro umano dei fotografi in cravatta nera, la folla urlante dietro le transenne, le modelle rampanti e le ex top model di anni meno svippati. C’è la divina Meryl Streep biancovestita, impeccabile nella sua ricerca dell’essenziale, c’è l’eterna Jane Fonda, per la prima volta con i capelli grigi, ma sempre lucida e levigata, c’è Juliette Binoche in rosso, come tante altre portatrici di capolavori vintage a favore di telecamere. C’è Costa Gavras, 91 anni e pronto per un nuovo film, «Le dernier souffle», un’indagine sul sistema della sanità e sulle cure palliative in vendita al Marché e che potrebbe approdare alla Mostra di Venezia.

E c’è, sul festival, un’atmosfera come di attesa di qualcosa che può accadere, una polemica più urticante, uno sciopero improvviso, o qualche rivelazione scomoda. Davanti al Palais protestano i lavoratori precari delle rassegne cinematografiche («Sotto gli schermi, i rifiuti»), non si vedono le militanti del MeToo che si fanno sentire da giorni sui media, ma alla loro vertenza dà voce sul palco la madrina della serata di inaugurazione, l’attrice Camille Cottin di «Call my agent». «Cari amici» dice nel brillante monologo di apertura, «state per entrare in un mondo parallelo dove spazio e tempo stanno diventando concetti fluidi, dove il giorno e la notte si confondono. Però gli appuntamenti di notte nelle stanza dei produttori non fanno più parte del costume di Cannes dopo l’arrivo del MeToo». Semplice, diretto, inequivocabile. «Il nostro è un mondo particolare, vediamo film tutto il giorno e ne discutiamo tutta la notte, nessuno parla la stessa lingua ma tutti si capiscono. E ora che il mondo ci inquieta, che fratture profonde dividono i paesi, Cannes non sta a guardare, ma ci rimanda la fotografia della nostra umanità». 

Meryl Streep è la regina della festa. Nella sua strepitosa carriera ha vinto tre Oscar, nove Golden Globe e chissà quanti altri premi, ma la Palma d’oro d’onore che riceve dal festival occupa, così dice, un posto speciale nel suo cuore. «Torno a Cannes dopo 35 anni, quando ci venni per la prima volta ero un’attrice quarantenne mamma di tre figli e credevo che la mia carriera fosse finita. All’epoca funzionava così.

Se oggi sono qui è grazie ai registi con cui ho lavorato e agli appassionati di cinema, che non si sono ancora stufati di me». È Juliette Binoche, «la belle Binoche», la chiama così Meryl Streep, a consegnarle il trofeo, con le lacrime agli occhi. Interminabile standing ovation, commozione reciproca: «Non sai che gioia quando ho saputo che saresti stata tu a introdurmi, sono diventata folle»; «Sei un tesoro internazionale, hai cambiato il modo di guardare le donne al cinema e le nostre stesse vite». Oggi la diva terrà una master class andata subito sold out. Nel gran finale di sabato 25 sarà un altro pezzo da novanta del cinema americano, il re Mida dei botteghini George Lucas, a ricevere una Palma alla carriera. 

Ieri sera, intanto, il festival si è aperto all’insegna del cinema francese, con la commedia bizzarra e sgangherata di Quentin Dupieux, «Le Deuxième Act», un apologo dissacrante sulle derive della settima arte, sui tic delle star, sugli eccessi del politicamente corretto e sull’intelligenza artificiale con gli algoritmi diventati metro di tutte le cose, specialmente in tema di copioni e compensi. Un film nel film sostenuto da un formidabile gruppo di attori - Léa Seydou, Vincent Lindon, Louis Garrel, Raphael Quenard - e trovate illuminanti. «Le vostre opinioni non contano affatto» replica il regista virtuale, prodotto dall’intelligenza artificiale, alla richiesta di chiarimenti da parte degli attori. Tutto è già scritto e inquadrato. E per chi si azzarda a cambiare una battuta del copione, affidandosi alla propria creatività, arriva l’addebito sullo stipendio. Per ridere si ride, ma mica tanto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA