Albero killer, in aula l'accusa del perito: «Che fosse a rischio balzava all'occhio»

Albero killer, in aula l'accusa del perito: «Che fosse a rischio balzava all'occhio»
di LeandroDel Gaudio
Sabato 3 Ottobre 2015, 09:01 - Ultimo agg. 10:11
3 Minuti di Lettura

Una chioma cresciuta a dismisura, in modo abnorme, tre volte oltre il diametro del fusto dell’albero. Era questa la condizione dell’albero crollato in via Falcone, che travolse e uccise una automobilista napoletana. Vicenda amara, si entra nel tecnico, attraverso l’esame in aula del consulente del pm. Era il 10 giugno del 2013, quando venne uccisa Cristina Alongi, da allora il processo è nel vivo. Ieri mattina, il consulente del pm ha confermato lo stato di abbandono e di incuria di una buona parte dei giardinetti di via Falcone, dando forza alle accuse della Procura. Non solo omicidio colposo, ma anche l’accusa di disastro, di fronte al rischio che quella pianta poteva rappresentare per l’intera collettività. Aula 417, giudice monocratico Nicola Miraglia del Giudice, chiaro il ragionamento del consulente tecnico della Procura Raffaele Buono: l’inclinazione dell’albero era evidente, saltava all’occhio; la curvatura era dovuta alla chioma della pianta, cresciuta al punto tale da raggiungere un’estensione tre volte superiore a quella del diametro del fusto. Non era bilanciata, nulla si imponeva al peso della chioma. Ancora più gravi le conclusioni rese dal professionista in aula: sarebbe bastato un intervento immediato di potatura (si trattava di un’azione ordinaria, neanche particolarmete dispendiosa) per evitare il crollo rovinoso dell’albero in piena carreggiata. E non è un caso che agli atti spiccano gli sos, i segnali di allarme lanciati da cittadini di passaggio e residenti, evidentemente preoccupati per quella inclinazione del pino. Era il 27 maggio del 2013, vale a dire tredici giorni prima del crollo omicida, quando un cittadino avverte i vigili del fuoco che c’era un albero ricurvo nei giardinetti pubblici; strappa la promessa di un intervento, ma il vigile del fuoco si limita a contattare i colleghi della polizia municipale. Sono ormai noti i contenuti delle conversazioni registrate. Vigile del fuoco: «Ciao, collega, ci hanno contattato da via Aniello Falcone, numero 300, questione giardinetti pubblici, dicono che c’è un albero in bilico, che si sta piegando». Vigile urbano: «E voi non intervenite, collega?». Vigile del fuoco: «E quello è un giardinetto, scusami». Vigile urbano: «Quindi? L’albero lo manteniamo noi?». Vigile del fuoco: «No, dice che non sta cadendo, ma lo vede piegato una cosa è piegato e una cosa è che sta cadendo». Battute tra due pubblici ufficiali, che rimarranno prive di conseguenze, di fronte al crollo dell’albero che avrebbe poi ammazzato una automobilista. Difesi dai penalisti Eugenio Baffi e Maurizio Sica, i parenti di Cristina Alongi chiedono giustizia e attendono la conclusione del processo. Sotto inchiesta anche un terzo imputato, nelle vesti di funzionario agronomo del Comune, in relazione al sopralluogo in via Falcone dell’aprile del 2013. Secondo i pm, l’agronoma non avrebbe calcolato il rischio del crollo dell’albero. Un presunto errore di sottovalutazione, un rischio «determinato dalla «estrema tendenza verso il basso del ramo, dalla presenza di un fitto fogliame, dalla scarsa presa delle radici in un limitato spazio di terra».

CONTINUA A LEGGERE

SUL MATTINO DIGITAL

© RIPRODUZIONE RISERVATA