Ma partiamo dal livello associativo. Sotto inchiesta l'imprenditore Elio Scognamiglio, titolare di una ditta omonima, ritenuto capo e promotore di una sorta di struttura occulta in grado di raggiungere primari e capisala, dirigenti e impiegati di tutti i principali ospedali napoletani; sotto accusa anche il suo responsabile commerciale, Giuseppe Apice; gli agenti commerciali Fiore Fucci, Monica Galluccio, Michele Zoppi; i dipendenti Marino e Balestrieri, Occhini e Simeoli; ma anche Andrea Marini e Marco Palumbo della Unicare (azienda fornitrice di presidi ospedalieri); Luciano Forino e Monica Alessandrini della Policare, azienda fornitrice di presidi ospedalieri. E non è tutto: avvisi di chiusa inchiesta sono stati indirizzati anche nei confronti di alcuni dipendenti dell'ufficio provveditorato dell'asl Napoli uno, vale a dire Alfonso De Rosa, Nunzio Turro, Baldassarre Maione (i primi due indicati come organizzatori, l'altro come partecipe della presunta associazione, ndr) che avrebbero ricoperto un ruolo strategico: avrebbero svolto il ruolo di addetti all'istruttoria delle procedure d'acquisto, tanto da fornire «informazioni riservate» e condizionando le singole gare.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, De Rosa deve difendersi anche dall'accusa di aver redatto ordini per forniture mai disposte.
Ma ci sono anche altri esponenti della pubblica amministrazione a finire sotto il cono d'ombra delle indagini. È il caso di Gaetano Iorio, dipendente Asl Napoli uno, addetto all'ufficio liquidazioni, ritenuto responsabile di «non aver evidenziato macroscopiche incongruenze nell'ambito dell'attività di controllo delle fatture, determinandone la liquidazione senza alcuna attività di controllo». Ipotesi associativa anche per alcuni medici. È il caso di Antonio Macarone Palmieri, Ottorino Esposito, Silvio De Querquis, primari della rianimazione, in servizio rispettivamente presso gli ospedali I Pellegrini, San Giovanni Bosco; di Rosanna Pezone, di Giuseppe Bianchi, Antonio Enzo Curcuruto e Rosario Marsicano, caposala in servizio ai Pellegrini, Loreto Mare, e gli ultimi due all'Umberto I di Nocera, ritenuti responsabili delle forniture di materiali di consumo; oltre ai medici Iazzetta e Schiraldi, e agli infermieri Napolano, Luserta, Ciciliano. Oltre all'ipotesi associativa, la Procura batte anche altre ipotesi di reato, tra cui truffa, corruzione, falso e turbativa d'asta. A questo punto gli indagati hanno la possibilità di replicare alle accuse, dimostrando la correttezza della propria condotta, in quello che si presenta come il più ampio atto d'accusa contro un pezzo di sanità napoletana.