Salerno: un altro addio alla Torre cuore, Citro va a Campobasso

Andrà a dirigere il reparto di cardiologia Toprreera stato bocciato per il primariato a Salerno

Il medico Rodolfo Citro
Il medico Rodolfo Citro
di Sabino Russo
Venerdì 3 Maggio 2024, 06:40 - Ultimo agg. 08:28
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Continua l’esodo dalla Torre cuore del Ruggi, dove va via anche Rodolfo Citro, che andrà a dirigere il reparto di cardiologia all’ospedale di Campobasso, assumendo anche l’incarico di professore associato della cattedra di cardiologia presso l’università molisana.

Nel 2021, anno in cui è entrato nel club dei migliori 100 cardiologi del mondo, fu bocciato nei bandi di concorso per il primariato al nosocomio di via San Leonardo e di Cava de’ Tirreni. Citro si è laureato in medicina presso a Napoli nel 1989 e si è subito lanciato nelle specializzazioni tipiche della cardiologia. Per la sua intensa attività nella diagnostica con imaging cardiovascolare specie l’ecocardiografia ed il suo interesse per l’insufficienza cardiaca, la cardiomiopatia da stress e le malattie della valvola mitrale e aortica, è stato anche docente-relatore in oltre 250 tra congressi e corsi di formazione nazionali ed internazionali. È tra i pochi italiani eccellenti invitati al congresso nazionale della società giapponese di cardiologia.

Al suo attivo ha una vasta produzione scientifica e di ricerca clinica, con oltre 200 articoli pubblicati su prestigiosi giornali specializzati, meritando diverse citazioni su importantissime riviste scientifiche internazionali, che lo hanno proiettato tra i primi cento cardiologi selezionati come esperti di disfunzione ventricolare sinistra nel mondo.

A pieno titolo, appartiene a quella classe di “ragazzi” degli anni ‘90 che avviarono la cosiddetta «rivoluzione del cuore di Salerno».

Con lui, si allunga la lista degli addii proprio da quella Torre cuore divenuta negli anni vanto e fiore all’occhiello della sanità salernitana. A partire per primo, la scorsa estate, è stato il primario dell’allora cardiochirurgia d’urgenza Severino Iesu, che ufficialmente, come recita la delibera, ha rassegnato «le dimissioni dal servizio per superati limiti di età a far data dal 1 agosto 2023», ma come evidenziato anche dal suo mentore Giuseppe Di Benedetto avrebbe lasciato il presidio di via San Leonardo, per il depotenziamento che avrebbe subito il reparto dopo lo sdoppiamento tra le unità di cardiochirurgia e cardiochirurgia d’urgenza, con un conseguente, quanto prevedibile, dimezzamento degli interventi chirurgici. Dai circa 15-16 a settimana di una decina di anni fa si è arrivati a 7-8 a settimana. Con lui sono andati via anche i suoi più stretti collaboratori Paolo Masiello, Generoso Mastrogiovanni, Francesco Cafarelli e Mario Miele.

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Agli addii si è aggiunto, poi, il terremoto giudiziario che ha coinvolto il primario Enrico Coscioni e parte della sua equipe, a inizio marzo scorso, con le conseguenti sospensioni dall’attività medica. Proprio sulla vicenda Coscioni, ieri, la Conferenza permanente Stato-Regioni, che si doveva esprimere in merito alla richiesta del ministero della Salute di sospensione dalla carica di presidente dell’Agenas, sullo schema di decreto del presidente del Consiglio, ha optato per un rinvio.

La decisione del presidente del Consiglio dei ministri è giunta qualche giorno fa, ancor prima che i giudici del Tribunale del Riesame di Salerno decidessero sull’appello presentato dalla locale Procura proprio sulla circostanza che il gip, nel decidere l’interdizione del cardiochirurgo per un anno dall’esercizio della professione medica, aveva respinto la richiesta di sospensione da presidente dell’ente pubblico ed organo tecnico scientifico per l’assenza del pericolo d’inquinamento probatorio nello svolgere il ruolo di presidente dell’ente. Ma per la presidenza del Consiglio dei ministri, i fatti addebitati a Coscioni nell’esercizio della professione medica sono «di tale gravità da avere indubbi riflessi anche sull’incarico svolto dallo stesso quale presidente dell’Agenas».

Il parere favorevole è arrivato anche dall’Avvocatura generale dello Stato, per la quale «i compiti istituzionali dell'Agenzia, la posizione organica e funzionale del suo presidente e gli specifici atti contestati al dottore Coscioni potrebbero far rilevare una inopportunità della prosecuzione dell’incarico».

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