Napoli, riecco i suggestivi sotterranei gotici di San Martino | Foto

Napoli, riecco i suggestivi sotterranei gotici di San Martino | Foto
di Paola De Ciuceis
Venerdì 23 Gennaio 2015, 17:00 - Ultimo agg. 22:17
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Da sempre sotto gli occhi di tutti eppure nascosto ai più, l'affascinante mondo segreto dei Sotterranei gotici della Certosa di San Martino, ben celati dietro l'elegante sequenza di pieni e vuoti delle alte arcate che scandiscono la mole della Certosa sulla collina di Sant'Elmo, è il nuovo itinerario culturale che il Polo museale di Napoli da questo week-end propone a cittadini e turisti (solo sabato e domenica, previa prenotazione tel. 0812294568, accoglienza.sanmartino@beniculturali.it).

Presentato ieri dal soprintendente Fabrizio Vona e dal nuovo direttore della Certosa di San Martino Rita Pastorelli, tra i rimandi sonori di canti medievali del soprano Nicole Renaud e la proiezione di un video realizzato da Arash Radpour, l'itinerario è un meraviglioso viaggio alla scoperta non solo delle fondamenta trecentesche dell'edificio certosino, ma anche di una straordinaria raccolta di opere in marmo della Sezione di sculture ed epigrafi della soprintendenza.

Tra volte ogivali e pilastri, lunghissimi corridoi e ampli slarghi frammisti a brani architettonici di epoche successive, si percorre un riccho cammino disseminato di sculture, circa 150 lavori, in un allestimento cronologico (dal Medioevo al Settecento) e topografico insieme che riunisce i pezzi di una raccolta formatasi con lasciti e donazioni, acquisti, cessioni e depositi, a cavallo tra Ottocento e Novecento.

Un corpus di grande rilievo, nel quale si segnalano il sarcofago di Beatrice del Balzo, ricavato dal reimpiego di una vasca romana del II-III secolo d.C., il frammento di una Figura femminile giacente (forse Maria di Valois) della bottega di Tino di Camaino, la cosiddetta Madre di Corradino (forse Maria di Borgogna, moglie di Carlo I d'Angiò più probabilmente una Santa Caterina d'Alessandria); ancora, per il Quattrocento, una doppia lastra tombale raffigurante padre e figlia, della famiglia de Miro (1413), e per la prima metà del Cinquecento la splendida Madonna col Bambino di cultura raffaellesca. Concludono il percorso, l'imponente San Francesco d'Assisi di Giuseppe Sanmartino e un'Allegoria velata (forse una Modestia), scolpita probabilmente dal suo allievo Angelo Viva.

«Non è facile immaginare, per chi non li conosce - spiega Fabrizio Vona - la suggestione degli spazi celati da quelle arcate finora inaccessibili al pubblico, dove le costruzioni tufacee trecentesche s'intrecciano con i poderosi contrafforti di epoca più tarda e raccontano, attraverso le sovrapposizioni degli interventi, la vicenda di una Certosa angioina trasformatasi nella più geniale creazione del barocco napoletano. Strutture architettoniche che da sempre hanno catturato l'attenzione di studiosi e addetti ai lavori, come Vittorio Spinazzola che, nel 1901, continuando l'opera del fondatore del Museo Giuseppe Fiorelli, andava realizzando la prima vera trasformazione del complesso conventuale in museo storico».

Con l'apertura dei Sotterranei, dunque, il complesso si arricchisce di uno spaccato della storia di Napoli sin dal regno angioino cui già si pensava, ricorda Rossana Muzii «nelle indagini in corso al tempo dei restauri degli anni '90, quando Dely Pezzullo, direttore dei lavori, segnalava che il progetto inglobasse preesistenti strutture di tipo difensivo dell'antico castello di Belforte, mentre tracce di interventi cinquecenteschi si identificano nei poderosi contrafforti interni a rafforzare le arcate trecentesche».

Così, racconta Fabio Speranza, dapprima tra le misteriose penombre delle arcate ogivali, quindi nella diffusa luminosità dell'aula absidata e della grande sala finale che guarda verso lo scalone delle ortensie, si spazia tra i marmi delle sculture e quelli del fondo epigrafico, vero e proprio archivio di pietra che, con le sue numerose iscrizioni spesso unica testimonianza di fatti di vita urbana quotidiana, documenta la storia della città attraverso i secoli».

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