Zia Lidia Social Club, in sala Quanno chiove di Mino Capuano

Il regista di Marcianise ospite e protagonista con il suo primo lungometraggio questa sera alle 20.30 al Cinema Partenio di Avellino

Il regista Mino Capuano
Il regista Mino Capuano
di Massimo Roca
Giovedì 28 Marzo 2024, 00:00
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L’anima dolente di una Napoli non oleografica, intima, malinconica fa da sfondo a tre diverse storie incentrate su altrettanti momenti della vita. Tre episodi che rimandano a tre celebri canzoni di Pino Daniele: tutto questo è Quanno chiove di Mino Capuano, giovanissimo regista di Marcianise, ospite e protagonista con il suo primo lungometraggio allo Zia Lidia Social Club, questa sera alle 20.30 presso il Cinema Partenio di Avellino.

«Questo film è tutto sulla scelta che porta inevitabilmente a conseguenze e lasciti. Le relazioni cambiano, mutano e alcune vengono chiuse. Tutto muore, tutto finisce, ma la malinconia per una fine che arriva è anche bella, un po' come la caduta dei fiori di ciliegio» racconta Capuano. Affetti, illusioni, e memorie pesano come macigni in un contesto dove il tempo sfugge di mano ai protagonisti della scena, mentre tutt’intorno il tempo meteorologico sottolinea il clima emotivo. “E aspiette che chiove, l’acqua te ‘nfonne e va, tanto l’aria s’adda cagna”: in questo Quanno chiove è una scelta di titolo non casuale. E Capuano gioca con tre titoli di altrettanti evergreen di Daniele.

Il primo episodio a’ mbriana è un omaggio a Bella ‘mbriana.

Cris (interpretato da Lorenzo Fantastichini, figlio dell’indimenticato Ennio) vive con il padre (Gianni Parisi) in una villa sul mare. Prima di partire l’indomani per Milano, dove vive la madre, che gli ha trovato un lavoro, Pasquale (Gianfranco Gallo) e gli altri amici del padre gli organizzano una festicciola per salutarlo. Cris è però triste e smarrito e, mentre passeggia, é incuriosito da Marilena (Attilia Ranieri), una vicina di casa un po’ stramba, definita dal padre “la pazza”, che lo rincuora. In Appocundria, tre fratelli decidono di vendere l’abitazione del padre. Si ritrovano intorno a un tavolo a mangiare polpette, a ricordare episodi del passato e a tirare, poi, quattro calci a un pallone. É l’occasione per provare a cementare dei rapporti ormai sfilacciati da tempo.

La pucundria è una dei temi centrali del lavoro: questo stato d’animo indefinibile, non una semplice malinconia e che può essere solo accostato allo Spleen dei poeti romantici o alla Saudade portoghese. Anche qui Pino Daniele arriva in soccorso riuscendo a restituire la forza disarmante di questo sentimento attraverso la sua musica. In Alleria, Mimmo, detto Sombrero (Ciro Scalera), incontra Margherita (Elisabetta De Vivo), ex fiamma di un tempo, ritornata in paese dopo trent’anni per rendere omaggio alla tomba del padre. L’amore sembra sbocciare di nuovo tra i due ma, nel finale malinconico, vagano da soli in mezzo alla folla che assiepa la Sagra delle rane. Anche qui il brano omaggiato dal titolo dell’episodio si staglia con precisione il tema del tempo che passa e di come le cose cambiano e sfuggono nel tempo. Da qui la necessità di quei momenti fugaci di “alleria”.

In ogni episodio, Capuano fa ricorso, con immagini sgranate, ad alcuni flashback che mostrano i personaggi un tempo felici e contenti. A dispetto del titolo del film e dei capitoli ispirati alle canzoni di Pino Daniele, il regista non inserisce nessun brano del bluesman partenopeo. La colonna sonora (violini, viola, violoncello, chitarre, pianoforte, fisarmonica) è affidata a Paolo Brignoli. E se nel film non compaiono le note del Nero a metà, ad omaggiare musicalmente il Nero a metà c penserà Luis Di Gennaro. Il pianista di Mercogliano sì è già fatto notare a Napoli per le sue interpretazioni del repertorio di Daniele nel format concertistico Candle light. Modereranno il dibattito: Giuseppe Borrone e Maria di Razza, regista.

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