Caserta, il Gesù flagellato
​da una schioppetta

Nella chiesetta di Montevergine all'inizio di via San Carlo si trova il Cristo colpito nel 1860

L'opera nella chiesetta di Montevergine
L'opera nella chiesetta di Montevergine
di Franco Tontoli
Venerdì 15 Marzo 2024, 09:53
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Due passi nel centro di Caserta per andare a comparare il com'era e com'è oggi un luogo e un edificio e le storiche curiosità che contiene, un insieme cui l'assuefazione fa scemare l'interesse che, invece, c'è da tenere vivo con l'aiuto di questi "soprammobili" da rispettare. La chiesetta di Monvergine, da largo Andolfato segna l'inizio di via San Carlo, le porte spalancate al mattino, il silenzio che aiuta a sciorinare pensieri, ai lati dell'altare un Crocefisso che è stato traslocato siamo in periodo di celebrazioni quaresimali dalla rientranza di destra di quella che non si può chiamare navata centrale, qui tutto è minuscolo da “Porziuncola”, dove da anni condivide su una parete lo spazio con altre immagini sacre.

La chiesetta rappresenta un'altra delle tante “spremute” di storia casertana, un concentrato di storia testimoniato da vari elementi. Uno è appunto il Crocefisso, Cristo non fu disegnato macilento ma di una certa robustezza, le braccia aperte e le mani con i chiodi nelle palme, la testa reclinata sull'omero destro, le proporzioni e la prospettiva, seppure con la tara delle qualità dell'artista non proprio di valore ma di grande volontà questo sì, sono approssimative, la testa di Gesù impegna l'emitorace quasi per intero. Trasuda e trasmette comunque sofferenza l'immagine che l'abbagliante faro retrostante porta a scontornarne i lineamenti. Consultazione tra testimonianze storiche, una antica stampa che fa da copertina al programma delle celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Garibaldi promosse e organizzate dalla Società di storia patria di Terra di Lavoro siamo al 2 giugno 1992 ed era presidente il professor Aniello Gentile, storico e letterato, un “onnisciente di casertanità” fa emergere le motivazioni di quella sproporzione anatomica del Cristo in croce.



Era il 30 ottobre del 1860 racconta il dipinto soldati borbonici e camicie rosse garibaldine si affrontavano a schioppettate davanti alla chiesetta fatta costruire nel 1636, sui ruderi di una stalla e stazione di cambio cavalli, da Carlo Acquaviva, ultimo conte di Caserta, per dedicarla ai santi Carlo ed Eugenio. All'esterno della chiesetta, su una base a parallelepipedo, il Crocefisso che fu ancora una volta, come tanti consimili immagini scempiate, vittima di guerra. Una fucilata portava via la testa; la croce, passata la tempesta bellica, fu recuperata e ricoverata all'interno, un volenteroso falegname in anni successivi si impegnò nel restauro, ricostruendo sul corpo rimasto intatto il capo inclinato del Cristo.

Un atto più devozionale che artistico e, per questo, ancora più ammirevole e commovente. All'esterno della chiesetta poi dedicata, attenuatasi l'attenzione e il culto per i santi Carlo e Eugenio, alla Madonna di Montevergine, fu posto un crocefisso in ferro addossato all'angolo del piccolo edificio. E all'interno rimase esposto ai fedeli, a ricordo e meditazione delle sofferenze inferte da vivo e poi anche da morto effigiato in croce, il Cristo che oggi ai lati dell'altare presidia la Quaresima. La chiesetta diventò, alla metà dell'Ottocento, luogo di culto della Madonna di Montevergine posta su un sedile proveniente dagli appartamenti della Reggia al tempo in cui vi dimoravano i Savoia. All'interno anche un quadro di grandi proporzioni che rappresenta i santi Carlo ed Eugenio in adorazione della Vergine. L'edificio fu recuperato alle funzioni liturgiche da fra Michele Santoro che ne fece un'Oasi francescana fin quando non si trasferì nel convento di San Pasquale a Marcianise. La chiesetta continua ad aprire quotidianamente le sue porte grazie ad alcuni fedeli volontari, di domenica vi si celebra la messa, la quiete del "piccolo è bello" continua a essere dispensata.

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