Spunta un appunto della polizia italiana, datato 1949 e rimasto inedito fino a oggi. Si sostiene che nel 1946 Palmiro Togliatti, segretario del Partito comunista e all'epoca ministro di Grazia e Giustizia, andò al penitenziario di Procida per assicurarsi della scarcerazione di Silvia De Rosa Tardini, moglie di Vito Mussolini, il nipote del dittatore (figlio di Arnaldo, fratello di Benito, e di Augusta Bondanini), già direttore del «Popolo d'Italia». La donna venne liberata, e il 18 luglio anche Vito Mussolini ritornò in libertà per l'amnistia Togliatti.
Ad accompagnare il segretario del Pci a Procida sarebbe stato l'avvocato Renato Cigarini, ex legionario fiumano, poi comunista, che, secondo Massimo Caprara, già segretario di Togliatti, e il noto agente di cambio Aldo Ravelli, era «l'uomo di fiducia del Pci per gli affari».
A rintracciare l'appunto anonimo, conservato nel fondo di Pubblica sicurezza dell'Archivio centrale dello stato di Roma, è stato il ricercatore Roberto Gremmo, che ne parla nel numero in uscita della rivista «Storia Ribelle». La relazione recita: «In merito alla scarcerazione della Mussolini Silvia, avvenuta nel giugno 1946, si riferisce il seguente episodio, venuto alla luce soltanto ora in seguito a indiscrezioni confidenziali. L'avvocato Cigarini, sempre nel 1946, quando l'onorevole Togliatti era ministro di Grazia e Giustizia, si sarebbe recato da costui affinché si interessasse presso la Corte di Cassazione per fare applicare l'amnistia a detta signora. L'onorevole Togliatti, infatti, scrisse un appunto di proprio pugno consegnandolo al Cigarini, il quale mediante tale autorevole raccomandazione, ottenne quanto richiesto. Successivamente, gli stessi Togliatti e Cigarini, in compagnia di una terza persona, che desidera mantenere l'incognito e che ha fatto tali confidenze, a bordo di una Lancia Aprilia, si sono recati a Procida a prelevare la signora Mussolini, colà detenuta presso quel penitenziario». La «fonte confidenziale», si aggiunge, «assicura che dal registro di tale penitenziario,si rilevano i nomi di Cigarini e Togliatti, quali garanti per l'avvenuta scarcerazione».
Ma perché Togliatti si sarebbe impegnato personalmente, fino a mettersi in viaggio per l'isola, per la liberazione di Silvia Mussolini, sempre che la nota della polizia corrisponda a verità? Quel favore di «famiglia» a Cigarini lo fece forse perché l'avvocato aveva avuto un ruolo di primo piano nel riciclaggio del cosiddetto «oro di Dongo», cioè i beni sequestrati dai partigiani al Duce e ai gerarchi fascisti sul lago di Como? In una intervista a Stefano Lorenzetto, pubblicata su «Il Giornale» nel 2004, Caprara confidò che nell'appartamento di Milano sottostante a quello di Cigarini «abitava Augusta Bondanini, vedova di Arnaldo Mussolini». In seguito i due «andarono a vivere insieme ad Arma di Taggia».
Cigarini «era stato incaricato di nascondere nelle banche elvetiche il tesoro sottratto ai gerarchi fucilati a Dongo». Ogni mese «si presentava alle Botteghe Oscure portando i quattrini necessari al sostentamento del Pci. Prima vedeva Togliatti al secondo piano, poi saliva al terzo da Egisto Cappellini, amministratore del partito».