Le "crepe d'oro" di Ferrara: quando la tecnica del kintsugi giapponese insegna l'arte di vivere

Nel nuovo libro per ragazzi edito da Biancoenero edizioni gli spunti per un progetto che ha coinvolto dieci scuole campane

Antonio Ferrara
Antonio Ferrara
di Donatella Trotta
Domenica 11 Giugno 2023, 09:15 - Ultimo agg. 11:00
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«Quando sono debole, è allora che sono forte». Il paradosso cristiano di san Paolo (2Cor. 12,10) viene esemplificato in concreto, in Giappone, da un’arte antica e densamente simbolica, ideata nel periodo Muromachi a fine XV secolo per valorizzare le lesioni di oggetti in ceramica unendone i frammenti con oro o argento, oppure lacca urushi con polvere d’oro. Si chiama Kintsugi o Kintsukuroi (letteralmente: “riparare con l’oro”) e, nel rendere visibili le fratture irregolari impreziosite dall’oro, ne accentua così la bellezza, unica e irripetibile: scaturita proprio da quelle “ferite” da cui può nascere, secondo la filosofia Zen sottesa a quest’arte, una perfezione estetica e interiore ancora maggiore. Non a caso, la tecnica del kintsugi viene spesso utilizzata come metafora di rigenerazione e resilienza.

Prende le mosse proprio da questa ispirazione il nuovo libro di Antonio Ferrara, Crepe d’oro, pubblicato in questi giorni da Biancoenero edizioni con le sintetiche illustrazioni di Gabriele Ghisalberti (pp. 64, €12) e con un proverbio orientale («Il Maestro arriva quando il discepolo è pronto») scelto come eloquente epigrafe dall’autore: prolifico e pluripremiato scrittore, poeta, illustratore e formatore di origini campane e residenza novarese, insignito due volte del premio Andersen (come scrittore e come illustratore) e, nel 2017/18, della prima edizione del premio Il mondo salvato dai ragazzini per il suo romanzo per adolescenti Zo’ (San Paolo Edizioni). Curatore anche di laboratori di scrittura per emozioni per adulti e ragazzi in tutta Italia grazie all’esperienza maturata, per diversi anni, in comunità alloggio per minori e in diverse carceri, anche in questo nuovo libro Ferrara affina la sua poetica attenta alle fragilità soprattutto della preadolescenza, età nella quale la creatività può diventare uno strumento potente di narrazione del disagio, di qualunque segno.

Protagonista di Crepe d’oro è infatti il dodicenne Nico, ragazzino solitario e scontroso che ama leggere e modellare piccole sculture lavorando finemente la mollica di pane. Incompreso nella sua passione dai genitori, preoccupati solo che studi, a scuola è distratto e svogliato e per i suoi voti bassi rischia seriamente la bocciatura. Insomma, non se la passa tanto bene e la sua unica consolazione è tuffarsi nella lettura di Pel di carota, con cui si identifica perché lo sente simile a lui, un po’ per compagnia e un po’ perché ha capito che «leggere faceva diventare forti i deboli». Ma soprattutto, Nico adora  lavorare per ore la mollica del pane: da modellare lentamente con le dita e la fantasia per evitare che, seccandosi, faccia delle brutte crepe sulle sue statuette. Già, proprio come le “crepe” che spesso lui si sente dentro, manco fosse un vaso vuoto e mal riuscito. Ma un giorno, la prof di arte intercetta il suo talento e gli consiglia di andare a far visita a un artigiano-artista suo amico, Tonio Scoperta. Nomen omen: sarà proprio il maestro ceramista a rivelare nuovi punti di vista al ragazzino, capovolgendogli la prospettiva e riconciliandolo con gli ossimori delle sue passioni, dalla “gioia triste” delle sue amate letture al contatto lieve con le sue “cicatrici dorate”, che non brillano solo quando ancora non sei riuscito a fare luce sulla tua vocazione profonda.

Ferrara declina la storia di Nico in capitoli sintetici e periodi brevi con la sua consueta cifra stilistica, fluida e veloce, che facilita la lettura anche grazie ad una impaginazione secondo i criteri dell’Alta Leggibilità con Font Biancoenero: primo font ad essere messo gratuitamente a disposizione dall’editrice a chi ne faccia un uso non commerciale, proprio per agevolare la fruizione del testo denso di spunti semplici e chiari per ulteriori approfondimenti e curiosità. Non a caso, La realizzazione di Crepe d’oro ha coinvolto, a vario titolo, numerosi studenti della Campania nell’ambito del progetto «Il libro si fa in quattro», nato dalla collaborazione tra Biancoenero edizioni e l'Associazione Duna di Sale con il sostegno della Fondazione Campania dei Festival e in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Campania, che lo ha inserito all'interno di Orientalife: una serie di progetti di didattica orientativa dedicati alle studentesse e gli studenti della scuola secondaria di primo grado.

E sono state dieci classi di altrettante scuole campane a cimentarsi allora in diversi aspetti della produzione di un libro: se negli istituti “Gneo Nevio” di Napoli e  “Rita Levi Montalcini” di Giugliano gli studenti, sotto la guida di Biancoenero edizioni, si sono occupati di editare il testo, dall’I.C. “Samuele Falco” di Scafati sono arrivate indicazioni su copertina e illustrazioni. E mentre all’I.C. “Giovanni XXIII” di Cava de’ Tirreni, e alla sede di Durazzano dell’I.C. 2 di Sant’Agata dei Goti ragazze e ragazzi hanno prodotto un booktrailer e delle videointerviste sui affrontati nel libro, gli allievi delle scuole di Baronissi (I.C. “Autonomia 82”) e Sant’Antimo (“Romeo Cammisa”) hanno preparato un podcast promozionale e dei teaser per Tiktok con la guida degli esperti di audiovisivi Labsav dell'Università di Salerno. Infine, gli studenti degli I.C. “Bovio Pontillo Pascoli” di Cicciano, “Donizetti” di Pollena Trocchia, “Luigi Settembrini” di Gioia Sannitica ed “Ernesto Borrelli” di Santa Maria La Carità, con l’aiuto dell’ufficio stampa di Duna di Sale e Salerno Letteratura festival, si sono trasformati in addetti stampa e hanno realizzato, rispettivamente, la scaletta della prima presentazione al pubblico del libro - prevista il 20 giugno al Salerno Letteratura festival – con la scheda editoriale del libro, interviste ad Antonio Ferrara e il comunicato stampa dell’evento.

Una buona pratica. Che fa il paio con un’altra, proprio sullo stesso tema (quello delle “crepe”, appunto), dal titolo: «Benvenuta Primavera, oltre le crepe», sperimentata nel cuore del centro storico a cura dell’Associazione Pegaso e della Rete Educativa Rione Sanità, per il progetto «Crescere nei luoghi comuni», selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della Povertà educativa minorile. Qui la tecnica del Kintsugi è stata usata in una dimensione laboratoriale con i ragazzi, per sottolineare il valore dell’atto del riparare, nel senso del prendersi cura di quanto danneggiato, valorizzando e andando, appunto, “oltre le crepe”, ma anche oltre le fratture e i conflitti tra le persone.

E non a caso la seconda parte del progetto è stata ospitata, nei giorni scorsi, nell’accogliente chiostro ellittico della Basilica di Santa Maria della Sanità con un sinergico lavoro di squadra che ha valorizzato le energie di ciascuno. Suggestivi i lavori di collage prodotti dai ragazzi: a testimonianza che non c’è strappo, lesione o frattura che non possa essere sanata. Con gli strumenti giusti.

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