Mps, l'irritazione del governo: «La Bce deve trattare»

Mps, l'irritazione del governo: «La Bce deve trattare»
di Alberto Gentili
Mercoledì 28 Dicembre 2016, 07:53 - Ultimo agg. 21:55
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L'unico sospiro, semi ufficiale, che esce da palazzo Chigi è un rinvio a una nota del ministero dell'Economia. Quella in cui si dispensa una potente dose di tranquillante: «Il fondo salva-risparmio da 20 miliardi è ampiamente sufficiente». Ma lontano dall'ufficialità e a microfoni rigidamente chiusi, nel governo è forte l'irritazione per la mossa della Vigilanza della Banca centrale europea (Bce). Soprattutto per la decisione di adottare per Monte dei Paschi le condizioni ferree applicate alle banche greche nel 2014, facendo lievitare il salvataggio dell'istituto senese da 5 a 8,8 miliardi. Così la reazione è un mix di orgoglio nazionale e di propositi di rivincita: «Non siamo come la Grecia. Lotteremo per far cambiare idea alla Bce, nel suo giudizio c'è una componente fortemente discrezionale e un eccesso di severità».

I DANNI DEL 4 DICEMBRE
Il problema, per il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, è che dalla sconfitta di Matteo Renzi al referendum del 4 dicembre e dal giorno delle sue dimissioni, il sistema Paese ha perso di peso e di autorevolezza. Il primo segnale è stato il rifiuto sempre della Bce alla proroga per la ricapitalizzazione. Poi è venuto il passo indietro del fondo del Qatar, mentre negli stessi giorni la francese Vivendi ha cominciato la scalata ostile di Mediaset. Infine ecco la scudisciata, «inaspettata», della Vigilanza della Banca centrale europea, abbattutasi sul ministero dell'Economia e Bankitalia a cavallo di Natale. «Una procedura del tutto irrituale», mastica amaro un ministro economico, «ma bon ton a parte, nessuno si aspettava che il conto del salvataggio della banca senese lievitasse così tanto...».

Per il governo italiano è tutto molto sospetto. Ma anche tutto, purtroppo, abbastanza chiaro. «La Banca centrale non ha mai creduto al salvataggio di Monte dei Paschi, altrimenti non avrebbe negato la proroga della ricapitalizzazione», dice un altro alto esponente del governo, «e c'è da credere che dietro a questo atteggiamento eccessivamente rigido, tanto da adottare gli stress test applicati per le banche greche, ci sia lo zampino dei tedeschi». Che ora, «senza Renzi che litiga con la Merkel e con la Merkel impegnata in una difficile campagna elettorale, fanno la voce grossa».

E' di lunedì, infatti, la doppia bordata piovuta da Berlino. Prima è intervenuto il presidente della Bundesbank Jens Weidmann che ha chiesto un «attento esame» del caso: «Per le misure adottate dal governo italiano le banche devono essere finanziariamente sane, i fondi non possono essere usati per coprire perdite già previste». Poi si è fatta sentire Isabel Schnabel, una dei più ascoltati esperti economici del governo di Berlino: «Visti i problemi profondi del Monte dei Paschi, ci si può chiedere se una ricapitalizzazione precauzionale sia realmente appropriata. Il denaro dei contribuenti potrebbe essere sprecato».

I SOSPETTI
Parole che hanno fatto alzare l'allerta a palazzo Chigi e all'Economia. E hanno innescato il sospetto che dietro a tanta severità e a tanto scetticismo, ci sia la «fortissima competizione nel settore bancario»: «Il processo a livello europeo è di riduzione degli istituti di credito. Dunque, se qualcuno muore, si liberano preziosi spazi di mercato. E Monte dei Paschi è ingombrante, è storica ed è pur sempre la terza banca italiana. L'interesse a farla fuori c'è. Eccome».

Gentiloni e Padoan non credono nei complotti, ma non sono intenzionati ad alzare bandiera bianca. Garantito che i 20 miliardi stanziati con il decreto salva-risparmi sono «sufficienti» a far fronte al previsto salvataggio di Carige, Veneto Banca e Popolare di Vicenza, il premier e il ministro vogliono dare battaglia - insieme a Bankitalia - per evitare che il conto che dovranno pagare i contribuenti per Monte dei Paschi salga davvero agli 8,8 miliardi fissati dalla Bce, di cui 6,3-6,4 a carico dello Stato. «Quella della Vigilanza di Francoforte è una stima, non un imperativo», afferma un ministro, «si aprirà una trattativa e cercheremo dei margini per dimostrare che per la ricapitalizzazione sono necessari meno fondi. Quando uno Stato investe così pesantemente, nel rispetto delle regole, ha il diritto di farsi sentire».

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