Occupazione, contratti stabili
in calo. Al Sud flessione contenuta

Occupazione, contratti stabili in calo. Al Sud flessione contenuta
di Nando Santonastaso
Sabato 10 Settembre 2016, 10:13 - Ultimo agg. 16:04
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Crollano nei primi sei mesi i contratti a tempo indeterminato, quasi il 30 per cento in meno su scala nazionale rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Per la stragrande maggioranza degli addetti ai lavori è la conferma di una tendenza già emersa nel primo trimestre, ovvero l'effetto soprattutto del taglio dello sgravio previsto dalla legge di stabilità per ogni nuovo assunto (da 8mila a poco più di 3mila euro). Ma approfondendo la notizia arrivata ieri dal ministero del Lavoro, attraverso il periodico aggiornamento delle statistiche sul mercato del lavoro, emerge anche altro. E cioè, come dimostra la tabella di questa pagina, che il calo è più contenuto nelle regioni meridionali, le stesse - non a caso - che in rapporto alla popolazione (e al numero di disoccupati) avevano mostrato di gradire particolarmente la cosiddetta «decontribuzione». Dai 185mila contratti siglati nei primi sei mesi del 2015 si è scesi a circa 82mila al 30 giugno scorso ma la percentuale del calo è la più bassa d'Italia, un meno 55% che certo non invita a un facile ottimismo ma che rapportato al meno 62% del Nord Ovest, al meno 65,8% del Nord Est e al meno 67% del Centro un suo significato ce l'ha. Dimostra, se non altro, che la tendenza registrata nel Mezzogiorno lo scorso anno quando lo sgravio era «pieno» non era frutto di scelte imprenditoriali per così dire emotive o in qualche modo «drogate» dall'entrata in vigore della novità. Era, al contrario, un'occasione importante per iniziare a recuperare, in termini di posti di lavorio, il clamoroso «buco» occupazionale apertosi al Sud nei sette durissimi anni della crisi, con circa mezzo milione di occupati in meno. Con la decontribuzione lo scenario aveva iniziato a cambiare garantendo alla crescita del Mezzogiorno anche in termini di Pil e di consumi una prospettiva ben diversa. Non è un caso che dopo sette anni, alla fine del 2015 sia l'Istat sia altri Osservatori delle politiche meridionali (Svimez in testa) avevano sancito la fine della recessione anche in questa parte del Paese, indicando uno zero virgola con il segno più che sembrava quasi impossibile da raggiungere solo pochi mesi prima.

Dalla tabella emerge inoltre che la tipologia dei nuovi contratti al Sud, quelli favoriti dalla legge 190 sugli sgravi, è quasi interamente di nuova formazione. Non si tratta cioè di contratti trasformati da precari (o a tempo determinato) in contratti a tempo pieno: questa tendenza è facilmente riscontrabile nel resto del Paese e soprattutto nel Settentrione dove la struttura produttiva è più forte e le occasioni di impiego maggiori. Al Sud no: qui se il posto di lavoro viene creato è quasi sempre attraverso il contratto «nuovo» e a tempo indeterminato, nello spirito peraltro della riforma del Jobs act e comunque con l'utilizzo dello sgravio. Che si tratti poi sopratutto di contratti di apprendistato o a tempo pieno è difficile al momento stabilirlo: le due tipologie afferiscono alla stessa fattispecie (contratti pieni) ma negli ultimi mesi i primi, cioè quelli di apprendistato, sembrerebbero avere preso il sopravvento sugli altri. «È l'effetto del taglio dello sgravio fiscale - dicono a Italia Lavoro - che rende più conveniente all'imprenditore utilizzare l'apprendistato. Con questo tipo di contratto infatti risparmia il 20% per la durata di tre anni sulla retribuzione spettante al lavoratore. Con il contratto a tutele crescenti risparmia attualmente il 40% dei contributi a meno che l'assunzione non avvenga in una Regione dove l'integrazione alla quota stanziata dal governo permetta di coprire la differenza».

È il caso della Campania, la prima Regione nel Mezzogiorno ad avere imboccato questa strada utilizzando i fondi europei. Ma per farlo ha dovuto adottare un provvedimento mirato a fasce disagiate e caratterizzato da una serie di paletti tecnico-operativi indispensabili a evitare lo stop di Bruxelles. In ogni caso è una strada nuova e tutt'altro che poco considerata a livello di governo: il «modello Campania» viene studiato da vicino a Palazzo Chjihi e al ministero dell'Economia perché potrebbe rappresentare la risposta definitiva alla domanda da mesi sul tappeto. E cioè: come garantire la ripresa dell'occupazione al Sud? Non è un mistero che tra le tre opzioni all'attenzione dei tecnici l'ipotesi di uno sgravio limitato ai giovani disoccupati del Sud è al primo posto anche se il nodo delle coperture è tutt'altro che secondario.
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