Non è stato semplice ritrovarsi davanti le sue scarpette, le sue tute. Le maglie. «Mi sono fermata, come se avessi ricevuto uno schiaffo, e mi sono detta: "Vivo o muoio?" Ho scelto di vivere». Al settimanale Chi, Arianna Mihajlovic racconta la sua prima estate senza di lui, senza Sinisa.
«All’inizio ho provato una sensazione orrenda: lo sentivo per casa, ovunque. Poi ho scelto di vivere e non perire. Nicholas, il più piccolo di casa, mi vedeva da sola e mi chiedeva quando sarei uscita: si sentiva in colpa se rimanevo a casa. Allora mi sono circondata di amiche, ho provato a non farmi vedere triste. Ho mostrato sorrisi forzati, con Sinisa nel cuore. Perché lui ci sarà sempre, fino a quando non lo ritroverò... perché lo ritroverò! E i sorrisi dei miei figli hanno ricreato l’amore che lui ci ha insegnato».
A chi l'ha giudicata fino a oggi per i suoi comportamenti, i suoi atteggiamenti, lei risponde così: «Giudicatemi pure, non me ne frega niente.
Arianna tira dritto perché lei sa cosa vuol dire provare dolore. «Io ho vissuto quasi quattro anni di ospedale. Ho visto mio marito fare due trapianti di midollo ed esultare se le analisi andavano leggermente bene. Ho visto per troppo tempo persone appese alla vita. Un conto è parlare di dolore, un altro è viverlo. Mio marito una settimana prima di morire ha fatto dieci chilometri di corsa e io mi devo abbattere o cadere nella depressione? No! Continuo a vivere per i miei figli».
E tra i cinque figli «Vicky, la più grande, paradossalmente è la più fragile, perché aveva un amore particolare per il padre. Lei dice “Non troverò mai un fidanzato come papà”».
C’era un sogno che Sinisa non è riuscito a realizzare prima di andarsene? «Allenare la Lazio: avrebbe voluto farlo a tutti i costi, i miei tre figli sono tutti laziali. Questo era il suo sogno nel cassetto...».