Deborah, pendolare a Milano: «4 ore per andare al lavoro, per colpa dei ritardi dei treni mi hanno licenziata»

Vive ad Abbiategrasso e dovrebbe metterci 25 minuti ad arrivare ma sistematicamente i treni sono in ritardato o soppressi

Deborah, 4 ore per andare a lavoro: «A causa dei continui ritardi dei treni ho perso il lavoro»
Deborah, 4 ore per andare a lavoro: «A causa dei continui ritardi dei treni ho perso il lavoro»
Domenica 3 Dicembre 2023, 11:40
4 Minuti di Lettura

Deborah Simeone fino a poco fa lavorava come portinaia in un palazzo signorile a Milano. Poi, dopo mesi di ritardi dei treni sulla linea Milano-Mortara e i conseguenti ritardi sul posto di lavoro, ha perso il suo impiego. Il racconto di Deborah è una delle tante storie di pendolarismi impossibili e viaggi estenuanti, in cui il tempo di percorrenza tra casa e ufficio si dilata al punto da rendere l'odissea stessa un lavoro, ma non pagato. 

«Per colpa dei ritardi dei treni ho perso il mio impiego. Raggiungere il posto di lavoro era diventato ormai impossibile. Per arrivare in zona Wagner, a Milano, ci mettevo più di quattro ore, nonostante il tempo di percorrenza stimato sia di soli 24 minuti.

Per non parlare delle corse soppresse, che mi obbligavano ad attendere ore in stazione», così Deborah racconta al Corriere i viaggi infiniti per il suo posto part-time. 

«Per due anni non ho mai fatto un ritardo sul posto di lavoro. Poi mi però mi sono trasferita ad Abbiategrasso. Qui è iniziata la mia odissea con treni ogni giorno in ritardo o soppressi. E così in meno di otto mesi ho perso il lavoro», ha spiegato. «Ogni mattina, fino a giovedì, ho preso il treno per andare a lavorare a Milano. Ad Abbiategrasso passano due linee. In 25 minuti permettono di arrivare in centro», un tempo che rimane utopia, e chi viaggia su quella tratta lo sa bene. «Ci mettevo almeno quattro ore a cause dei ritardi, quando il treno non veniva soppresso del tutto. Un disagio che però l’utente scopre solo arrivando in stazione». 

«Sull’app di Trenord il ritardo non viene segnalato», si legge. «Conosco pendolari che partono alle 6 per arrivare alle 8.30 in ufficio. Ma io avevo un lavoro part-time, non potevo stare in giro quattro ore per lavorarne solo altre quattro. Se andare al lavoro è già un lavoro, tornare a casa lo è altrettanto».  

«Come pendolari ci siamo resi conto che Trenord non segnala i disagi così da non peggiorare le sue statistiche. Ma le associazioni di pendolari come la “Mimoal” hanno registrato i dati reali dimostrando che il servizio è garantito solo al 60%». Una situazione paradossale che ha avuto un esito prevedibile: «Avevo già avuto due lettere di richiamo per i ritardi. Non ho avuto scelta. Diciamo che è stata una decisione consensuale. Il mio datore di lavoro sapeva che non mentivo sui ritardi ma ovviamente non si poteva andare avanti così». 

C'è un gruppo su Facebook per i pendolari come lei, si chiama «La freccia delle risaie - Linea Milano - Mortara». Proprio quattro giorni fa Deborah aveva scritto un post di sfogo per raccontare quello che stava succedendo: «Giovedì avrò un colloquio con il mio datore di lavoro. Mi licenzierò. Tanto ormai sono già a 2 lettere di richiamo per ritardi», ha cominciato. «Oggi per l’ennesima volta treno pieno causa soppressioni, attacchi di panico e condizioni igieniche da terzo mondo. Sono dovuta scendere ad Albairate perché stavo malissimo. Come ieri d’altronde. Non sono servite email, non è servito discutere con il capotreno, non è servito scrivere a qualche associazione», ha protestato Simeone.

«Non riesco più a reggere questi ritmi, a svegliarmi e pensare chissà se ci sarà un treno. Non è più umano. Ovviamente rischierò molto e spero di arrivare ad un accordo in modo di avere la dissocupazione. Ma se così non sarà, devo sperare di trovare qualcosa subito ad Abbiategrasso o comunque qualcosa che si raggiunga con la navetta (anche Magenta) perché non ho chissà quanto da parte per rimanere senza nulla.
Sono arrabbiata, ovvio, ma in un certo senso sollevata, io mi sto ammalando ormai e l’unica certezza al momento che ho è che andando avanti così non vado da nessuna parte», ha continuato.

Il commento di sfogo si conclude così: «Post fine a se stesso, niente di che, io in questa linea non sono nemmeno durata un anno, ma mi è bastato. E ho fatto la pendolare per anni con altre linee e avevo lo stesso problema, ma qui non sono problemi, non si tratta più di qualche minuto di ritardo, si tratta di ammalarsi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA