Definirla una nuova crisi è riduttivo, perché quella in corso fra Hamas e Israele da sabato è una guerra non paragonabili alle precedenti tensioni che per quanto cruente non avevano mai raggiunto l'intensità della fase attuale che prevede persino l'invasione di tutta la striscia di Gaza da parte di Tel Aviv.
Per di più il contesto attuale comprende anche una gerra come quella scatenata dalla Russia in Ucraina, senza dimenticare le tensioni in Asia che vedono in campo Cina, Stati Uniti, Taiwan, Corea del Nord e Corea del Sud.
Chi sta con chi? Chi sta contro chi? Per tentare di fare chiarezza già 9 anni fa il giornalisti americani Joshua Keating e Chris Kirk hanno pubblicato su Slate una tabellona con le emoticon (le faccine). Un espediente efficace ripreso anche dal Post. Rispetto al 2014 sono cambiate parecchie cose a cominciare dalla fine dell'Isis, e della stabilizzione della crisi siriana. Ma sostanzialmente l'impianto delle alleanze tracciato da Slate, media liberale americano, sembra reggere con l'eccezione dell'avvicinamento netto dell'Iran ad Hamas e una più marcata equidistanza della Turchia da Hamas e Israele.
Tra i sostenitori espliciti di Hamas oltre all'Iran possiamo considerare Hezbollah, mentre con Israele si sono rafforzate le alleanze con gli Stati Uniti e l'Europa, che nella tabellona non è nemmeno considerata tanto viene considerata influente, circostanza purtroppo che sembra persistere. Va poi sottolineato il ruolo dell'Arabia Saudita che all'epoca era strettamente alleata (storicamente lo è) degli Usa, ma non certo di Israele, mentre adesso i tre possono essere messi nello stesso sottoinsieme del Medio Oriente. Tanto che molti analisti spiegano l'offensiva di Hamas anche con la volontà di far saltare quel tavolo che bloccherebbe molte delle line di azione della frangia più estremista dei palestinesi. E lo stato della Palestina, ovvero quello che resta dell'Olp? Conta sul sostegno dell'Iraq, della Turchia e della stessa Arabia Saudita, ma in chiave anti Hamas.