Grand Hotel La Sonrisa, il castello delle cerimonie sotto racket: arrestati gli esattori della camorra

Il fratello del defunto «boss delle cerimonie» avrebbe avvisato il clan delle indagini in corso

Il Grand Hotel La Sonrisa
Il Grand Hotel La Sonrisa
di Dario Sautto
Martedì 16 Aprile 2024, 07:05 - Ultimo agg. 10:20
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La Sonrisa era vittima di estorsioni da parte del «nuovo» clan di camorra di Castellammare di Stabia, ma il fratello del defunto «boss delle cerimonie» Antonio Polese avrebbe avvisato l'esattore della camorra delle indagini in corso. È quanto emerso nel corso delle indagini condotte dalla polizia hanno preso parte i reparti Sisco e Sco, con il supporto di squadra mobile di Napoli e commissariato di Castellammare di Stabia e coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli (procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Sergio Ferrigno, sostituto Giuseppe Cimmarotta).

Nove persone sono finite in carcere, un'altra ai domiciliari, nel blitz anticamorra condotto ieri, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare che ha previsto anche l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria ogni mattina per Sabato Polese, 75enne fratello del defunto «boss delle cerimonie» Antonio Polese, il cui nome è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Dda per il reato di favoreggiamento aggravato dal metodo mafioso.

Le telecamere

Il nuovo clan di camorra del Rione Moscarella di Castellammare di Stabia, nato da una scissione con lo storico clan Cesarano, avrebbe imposto il racket a un ingrosso alimentari, importanti concessionarie auto, sale bingo, ristoranti per cerimonie.

Tra questi, proprio La Sonrisa di Sant'Antonio Abate, costretta a versare 5mila euro a settembre del 2023, con gli esattori del «terzo sistema» stabiese che si sarebbero recati a pranzo nella nota struttura ricettiva, famosa in tutto il mondo per il programma che racconta «il matrimonio napoletano», prodotto da Discovery e in onda sul canale Real Time. Dopo aver pagato il pizzo, gli investigatori hanno chiesto l'acquisizione dei filmati registrati dalle telecamere di videosorveglianza interne al «Castello» delle cerimonie, ma «zio Sabatino» Polese avrebbe raggiunto il bar frequentato da uno degli esattori della camorra per avvisarlo di quanto accaduto. Accuse, queste, dalle quali Polese potrà difendersi già nei prossimi giorni, chiedendo interrogatorio.

Associazione di tipo mafioso, estorsione, tentata estorsione, detenzione di armi e detenzione a fine di spaccio di droga, tutti reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l'associazione camorristica denominata clan del Rione Moscarella, sono le accuse mosse a vario titolo ai dieci arrestati, ritenuti affiliati al nuovo clan che avrebbe esteso in pochi mesi la sua area di influenza dalla periferia di Castellammare di Stabia verso Pompei, Sant'Antonio Abate e zone limitrofe.

Le minacce 

A guidare la nuova cosca ci sarebbe Michele Onorato, 60 anni, alias «'o pimuntese», storico affiliato al clan Cesarano che, dalla sua cella nel carcere di Frosinone, avrebbe impartito ordini a moglie, figli e affiliati attraverso un telefonino. A gestire la cassa del clan sarebbe stata Carmela Zurlo, 57enne moglie di Onorato, finita in carcere ieri mattina insieme al figlio 35enne Silverio Onorato e agli indagati Salvatore Scotognella, 28 anni, ritenuto l'estorsore della Sonrisa, e ancora Pasquale Palma, 48 anni, Renato Avitabile, 22 anni, Luciano Polito, 39 anni, Giuseppina Concilio, 59 anni, e Michele Santarpia, 42 anni. Ai domiciliari è finita Maria Onorato, 36 anni, figlia di Michele e della Zurlo.

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«Io non ti voglio uccidere, noi la gente la facciamo soffrire, non ammazziamo» è una delle frasi intercettate nel corso delle indagini. Il clan del rione Moscarella non aveva pietà per le sue vittime, neppure se già vessate da un'altra organizzazione malavitosa come il clan Cesarano. Le indagini sono partite nel luglio del 2023, quando l'aspirante boss Michele Onorato via telefono avrebbe coordinato le estorsioni dal carcere, imponendo a un suo luogotenente di riscuotere 1500 euro in un ristorante di Castellammare. Il titolare, però, già pagava il pizzo al clan Cesarano e gli esattori si sono mostrati impietosi: «Domani vengono a prendere i soldi»; «io non ti voglio uccidere, noi la gente la facciamo soffrire, non l'ammazziamo». Il pizzo, poi, una volta incassato è stato diviso in tre parti, una delle quali direttamente alla moglie di Onorato, quindi nelle casse del clan. 

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