«Per noi è un dolore, un omicida condannato in via definitiva non dovrebbe poter ottenere permessi premio, non dovrebbe essergli concesso di rifarsi una parvenza di vita, di intrecciare relazioni sociali, di avere voce in televisione. Si parla tanto di leggi contro i femminicidi, si fanno leggi e leggine e poi si premiano così i delinquenti». Così Michele Rea, fratello di Melania, commenta la “libertà” – la possibilità di permessi premio concessa a Salvatore Parolisi che, come stabilito da tre gradi di giudizio, ha ucciso sua moglie con 35 coltellate.
Era l’aprile del 2011, Parolisi fu arrestato nel luglio dello stesso anno. Da allora, dopo la condanna definitiva a vent’anni di prigione, l’ex caporalmaggiore dell’esercito ha lavorato in carcere come centralinista, ha iniziato anche gli studi di giurisprudenza, è stato definito un «detenuto modello» e non ha mai più né sentito né visto sua figlia Vittoria, oggi 13 anni, della quale gli è stata tolta la patria potestà e che oggi porta il cognome della mamma, Rea, ed è stata proprio lei a chiederlo. Ieri sera è andata in onda, nella trasmissione «Chi l’ha visto?» condotta da Federica Sciarelli su Rai 3, un’intervista nel quale Parolisi confessa di essere preoccupato dei «pregiudizi» nei suoi confronti, dice che sarà alquanto difficile la vita nelle giornate di permesso, fuori dal carcere di Bollate dove sta scontando la sua condanna.
«Lui almeno una vita ce l’ha, respira - commenta il suo ex cognato che, in tutti questi anni, insieme ai genitori, ha allevato Vittoria, fondato un’associazione contro la violenza sulle donne e ricordato ogni giorno Melania – da dodici anni noi non abbiamo più mia sorella e Vittoria non ha mai potuto pronunciare la parola “mamma”.
La figlia di Melania, ormai adolescente, vive a Somma Vesuviana, va a scuola, è circondata dall’amore dei nonni e di tutta la famiglia Rea. «Lei è la nostra gioia – ripete Michele – sa tutto quanto, porta il nostro cognome, lui non la rivedrà più, né ora né mai». Intanto l’esclusiva di «Chi l’ha visto?» fuori dal carcere ha provocato anche i commenti della nota criminologa Roberta Bruzzone che è stata consulente dei Rea nel corso dei processi: «Ho ancora in mente le bugie clamorose che ha raccontato durante le molte ore di interrogatorio, abbraccio forte la famiglia Rea, loro sì condannati all’ergastolo della sofferenza senza sconti di pena».