Valentino Gionta, nuova condanna: guidava il clan di Torre Annunziata dal 41 bis

Il padrino comandava dal carcere duro grazie alla figlia Teresa Gionta

Valentino Gionta
Valentino Gionta
di Dario Sautto
Sabato 29 Aprile 2023, 09:00 - Ultimo agg. 13:00
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Un'altra condanna a tredici anni e quattro mesi di reclusione. Lui che sta scontando l'ergastolo e che è detenuto ormai ininterrottamente da oltre trent'anni al regime del 41-bis, il carcere duro riservato ai boss irriducibili, controllava ancora gli affari del clan da lui fondato oltre quarant'anni fa a Torre Annunziata. Il primo nome pronunciato dal gup del tribunale di Napoli Marcello De Chiara è quello di Valentino Gionta, classe 1953, il sanguinario capoclan che negli anni 80 ha trasformato Torre Annunziata nella «Fortapàsc» raccontata da Giancarlo Siani, diventato anche un aggettivo per identificare i «valentini», i suoi fedelissimi affiliati. Uno che, nei rari colloqui con i propri familiari, «se pronuncia un nome e gira il tappo di una bottiglia ha ordinato un omicidio» come ha raccontato il nuovo collaboratore di giustizia Pietro Izzo.

Secondo l'Antimafia procuratrice Rosa Volpe, aggiunto Sergio Ferrigno, sostituti Ivana Fulco e Valentina Sincero alla soglia dei settant'anni Valentino Gionta è ancora il capo indiscusso del suo clan. E comandava dal carcere duro, grazie alla figlia Teresa Gionta (condannata a undici anni di reclusione) e al genero Giuseppe Carpentieri che, in piena pandemia, appena scarcerato nel 2020 dopo una lunga detenzione, fu vittima di un agguato di camorra mentre era balcone, sopravvivendo per miracolo.

A Carpentieri è andata la pena più elevata: sedici anni e mezzo di carcere. Alla guida del clan c'era anche uno dei Valentino Gionta «junior», lui classe 1983, figlio del fratello del capoclan, condannato ieri e a nove anni di reclusione.

Proprio questo processo, si era aperto lo scorso 7 novembre con il primo clamoroso interrogatorio del boss Valentino Gionta, che ha risposto per la prima volta in 44 anni di camorra alle domande di un magistrato, spiegando che la sua famiglia non è solo malaffare ma è sentimenti e affetto. E che nelle frasi intercettate «voi vedete solo cose di camorra», invece ci sarebbero questioni di natura privata.

Invece, secondo l'Antimafia indagini dei carabinieri del nucleo investigativo del Gruppo di Torre Annunziata i Gionta avevano riorganizzato attorno a quelle tre figure di spicco il giro delle estorsioni a commercianti e imprenditori, scontrandosi più volte sul terreno con il neonato clan rivale ribattezzato «quarto sistema». Per Luca Cherillo, il boss rivale con il reddito di cittadinanza (due giorni fa raggiunto da un nuovo decreto di sequestro per truffa ai danni dello Stato), ritenuto uno dei capi del nuovo gruppo camorristico con base nel rione Penniniello di Torre Annunziata, è arrivata la condanna a quattordici anni di carcere.

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Tra i nuovi affiliati ai Gionta, spicca il nome di Antonio Cirillo, di recente condannato a ventitré anni di carcere come autore materiale dell'omicidio di Maurizio Cerrato, accoltellato a morte per una vendetta per un parcheggio: per lui una nuova condanna a otto anni e otto mesi di reclusione per camorra. Per Ciro Coppola, 20enne a processo per l'omicidio di Francesco Immobile (agguato consumato di domenica mattina nel piazzale della chiesa a settembre 2021), è arrivata la condanna a sette anni e quattro mesi. Dodici anni e otto mesi di carcere ciascuno per gli storici affiliati Alfredo Della Grotta e Salvatore Agnello Palumbo, undici anni e quattro mesi per Angelo e Salvatore Palumbo (quasi omonimi del precedente), condanna a otto anni per Antonio Palumbo, cinque anni e mezzo a Luigi Esposito. Inoltre, condannato a quattro anni di reclusione anche il rampollo del clan Gallo-Cavalieri, Michele Colonia. Infine, assolti Michele Guarro (ferito in un agguato la sera prima dell'omicidio Immobile e difeso dall'avvocato Maria Palmieri) e Immacolata Salvatore, moglie di Pasquale Gionta (terzogenito del capoclan Valentino) assistita dall'avvocato Antonio Iorio. 

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