La morte di Fortuna, viaggio nel quartiere della faida tra clan

La morte di Fortuna, viaggio nel quartiere della faida tra clan
di ​Giuseppe Crimaldi - INVIATO
Giovedì 16 Ottobre 2014, 17:42 - Ultimo agg. 19:12
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Caivano. Se non fosse per la camorra il Parco Verde non esisterebbe nemmeno. Nessuno ne parlerebbe e pochi ci ronzerebbero intorno.

video - La morte di Fortuna Loffredo, parla l'avv. Angelo Pisani

Proiettato oggi verso una nuova tragica ribaltadella cronaca e a vicende che giorno dopo giorno svelano scenari popolati da orchi e vittime innocenti, il blocco di casermoni costruiti a Caivano dopo il terremoto del 1980 torna al centro di vicende torbide. Due bambini morti in circostanze misteriose e l'ombra della pedofilia in un quartiere noto per essere la nuova e più fiorente piazza dello spaccio di droga alle porte di Napoli.

La morte è diventata di casa tra queste palazzine, un dormitorio popolato da seimila anime.

Solo tre giorni fa proprio di fronte alla chiesa di don Maurizio Patriciello, il prete-coraggio che si batte contro i disastri ambientali e i veleni della Terra dei fuochi, l'ennesimo morto ammazzato. Si chiamava Emilio Solimene, aveva 27 anni e amicizie pericolose tra gli spacciatori della zona. È la nona vittima della faida di camorra culminata all'inizio dell'anno nella "strage dei carbonizzati", i morti sparati e poi dati alle fiamme in un ultimo, estremo oltraggio. Già nove omicidi in pochi mesi.

Da quando gli scissionisti del gruppo Amato-Pagano hanno spostato l'asse dei traffici da Scampia ai Comuni dell'hinterland settentrionale il Parco Verde è diventato l'epicentro di scontri sanguinosi combattuti senza esclusione di colpi. Si spara a ogni ora del giorno e della notte, se serve anche tra i bambini che giocano in strada, perché qui la strada è l'unico posto dove stare.

Nel Parco oggi si contano addirittura 13 piazze di spaccio. Tutte attive, operative e fiorenti. La droga è la sola benzina che fa girare questo motore infernale, un'economia illegale che dà da mangiare a tutti, persino alle "vecchiarelle": anziane che vengono pagate 40-50 euro al giorno per confezionare i "pallini" di cocaina nelle bustine di cellophane termosaldate e destinate alla vendita al minuto. In uno dei viali non lontani dall'Asl c'è lo smercio di hashish e cocaina; nei cortili non lontano da dove si è consumata la tragedia della povera Fortuna Loffredo ci sono i pusher pronti a smerciare il crak e il kobrett, e per la cocaina c'è solo l'imbarazzo della scelta.

Poi ci sono loro, i ragazzini. Il "sistema" li arruola scegliendoli con cura tra le famiglie degli affiliati, ma anche in quelle dei cosiddetti "orfani del carcere", cioè i figli dei detenuti: sono poco più che bambini - l'età media si aggira intorno ai 15 anni - che fanno i turni a bordo dei motorini come vere e proprie sentinelle. Vengono pagati dieci euro per ora. Il loro compito è quello di segnalare presenze scomode: facce strane e sbirri in borghese, ma anche eventuali incursioni di bande rivali. Adolescenti sulla prima linea della morte, che qui corre veloce come i soldi che inondano le casse dei clan.

Già, perché chi controlla le 13 piazze del Parco Verde a fine mese intasca qualcosa come due milioni di euro. Una posta in gioco che giustifica tutto quanto il resto. Il controllo camorristico è totale. Militare, economico ma soprattutto sociale. Non a caso si contano 350 appartamenti occupati abusivamente. «Funziona così - spiega un investigatore - se il clan ha interesse a prendersi una casa, alla fine te ne vai comunque, con le buone o con le cattive. Con le buone significa che ti viene corrisposta una sorta di buonuscita in denaro, e qui c'è chi lo fa anche per poco e niente perché ne ha necessità; con le cattive basta un incontro ravvicinato con un paio di sgherri che fanno la faccia feroce, e quello è il primo avvertimento. Il secondo arriverà a breve, con una sventagliata di colpi fuori la porta».

In questo il Parco Verde di Caivano non è poi così distante da tanti altri luoghi: il Rione Traiano, Ponticelli o Scampia. Zone in cui vivono anche tante persone oneste e tuttavia costrette a subìre in silenzio. E così - mai come adesso - tante mamme raccomandano ai loro bambini di non uscire dal portone di casa, nemmeno di giorno. I bimbi giocano "in verticale": cioè nella tromba delle scale degli edifici. Poi capita di chiedere al primo che incontri nei viali come si fa a resistere in questa bolgia di dannati, e allora ti accorgi che anche in questo non sei lontano da scene già viste in molti altri luoghi al centro del nulla. Taccuino e penna infastidiscono l'uomo della strada: «Perché lo vuoi sapere? Chi sei?».

La diffidenza cresce se in giro iniziano a circolare telecamere e macchine fotografiche. Qui gli sconosciuti non sono i benvenuti, e ti domandi se sia tutta colpa della paura o di un'omertà strisciante che cuce le bocche alla gente. Farsi i fatti propri paga sempre più del coraggio. E poco importa se sai che qui il pericolo è dietro l'angolo, oltre il varco dell'ennesimo casermone sul quale veglia l'immancabile statua di un San Pio devotamente infiorata.

L'antistato del Parco Verde parla chiaro e forte. Lo ha sempre fatto, e oggi forse si sente ancor più potente. Nel 2007 da qui partì l'assalto alla tenenza dei carabinieri dopo che i militari avevano arrestato quattro spacciatori. La rabbia prese forma plastica e si materializzò in una furente ondata umana: una cinquantina di persone - tra loro anche molte donne - che assediarono la stazione nel tentativo di pretendere la liberazione dei fermati.

Prove muscolari e rappresentazione spudorata di un degrado che non muore. In questa enclave di camorra c'è chi coraggiosamente continua ancora a resistere: sono i sacerdoti come don Patriciello, gli insegnanti che non si stancano di denunciare l'alto tasso di evasione scolastica, le associazioni di volontariato che si battono per il recupero del territorio. Ma il cammino da percorrere per uscire dal buio e dal vuoto pneumatico appare ancora lungo. E il risveglio delle coscienze è un puntino di luce troppo lontano. Te ne accorgi anche lungo l'ultimo tratto di strada prima di imboccare l'asse mediano, quando la coppia di centauri che non ha mai smesso di seguirti in questo viaggio di sola andata all'inferno inverte il senso di marcia per ritornare a presidiare il proprio centro del nulla.