Vincenzo ucciso con due proiettili al cuore, in caserma il fratello dell'ex militare

Vincenzo ucciso con due proiettili al cuore, in caserma il fratello dell'ex militare
di Mary Liguori e Marilù Musto
Sabato 5 Agosto 2017, 10:06
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Gli ha sparato e poi lo ha fatto a pezzi. E ha cercato di cancellare le tracce, e il corpo stesso, con acido e cemento. È stato tutto inutile. La spirale di bugie lo sta stritolando come un filo d'acciaio stretto intorno al collo. Ciro Guarente potrebbe vuotare il sacco, forse gli converrebbe addirittura, ma ancora non lo ha fatto, e benché ieri il suo avvocato lo abbia incontrato, di nuovo, in carcere, a Santa Maria Capua Vetere, non si ha notizia di un colloquio tra l'assassino reo confesso del giovane attivista gay, Vincenzo Ruggiero, e i magistrati che stanno conducendo l'inchiesta sull'atroce morte del 25enne di Parete. I silenzi e le bugie dell'ex militare oggi dipendente civile della Marina, non hanno però fermato l'inchiesta. L'hanno rallentata e la rendono difficoltosa per il tempo trascorso tra l'omicidio e l'avvio delle indagini, ma nonostante tutto la procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco, ha chiaro il quadro. Ed è un thriller che imputare alla sola gelosia pare veramente pazzesco. Sta nel mezzo tra i delitti di tipo mafioso da lupara bianca e la tecnica militare, la modalità dell'omicidio che ha sconvolto l'Italia. Guarente ha creduto di poter fregare tutti, eliminare quello che considerava un rivale in amore e passarla liscia. Ma è stato maldestro e tutte le sue bugie sono riaffiorate insieme alle parti anatomiche ritrovate nel garage dell'orrore a Ponticelli, dove ha cercato invano di seppellire la mostruosità di ciò che aveva fatto, nascondendo i resti della sua vittima sotto un cumulo di cemento, rifiuti e acido muriatico.

Guarente ha sparato a Vincenzo Ruggiero, gli ha sparato due colpi al cuore. Dove e quando, è tutto da stabilire. A questo punto, non si può neanche escludere che quel filmato in cui si vede l'ex militare gay lasciare casa di Heven, trascinando a fatica un grosso sacco, possa nascondere un'altra orrenda verità. Di un Vincenzo stordito, chiuso nel bustone, portato a Ponticelli e finito a colpi di pistola. Se lo ha drogato prima di portarlo nel box sotto casa dei suoi saranno gli esami tossicologici a stabilirlo. Se ha veramente battuto la testa, come l'assassino ha cercato di far credere, e ha perso i sensi prima di venir centrato dagli spari.
 

 

Dopo aver fatto tutto questo, Guarente è andato in giro a dire a tutti che Vincenzo se n'era andato di sua spontanea volontà. Mentiva, e la prima a non credere alla sua versione è stata proprio la sua fidanzata, Heven Grimaldi, nota anche come Tiffani Armato, la transessuale con la quale l'ex marinaio ha vissuto una love story, come in un film. Una Pretty Woman in chiave nostrana.

Lei, straniera, aiutata da lui, anche economicamente, a tagliare i ponti col passato, in tutti i sensi. Guarente che le avrebbe pagato casa, ma anche le operazioni chirurgiche con le quali la trans ha conquistato l'aspetto avvenente che risalta nelle pose sexy pubblicate su un sito di escort. Riteneva che fosse cosa sua, Heven, Guarente era geloso al punto che, dicono amici della coppia, l'ha schiaffeggiata in pubblico almeno in una occasione. Ieri sera prima di bloccare la privacy della sua bacheca, Heven ha condiviso il video della canzone «E l'amore» di Mina e Celentano, e ha scritto «per sempre». Poi ha chiuso il suo profilo ai curiosi, lei che proprio attraverso il social si è più volte espressa in questi drammatici giorni. D'altronde dopo aver denunciato la scomparsa del suo amico e coinquilino, Heven ha fatto passare più di dieci giorni prima di andare dai carabinieri, ad Aversa, a riferire che Ciro era geloso marcio di Vincenzo. Dai carabinieri, la trans ci è andata con un esponente dell'Arcigay e insieme hanno spiegato anche dei problemi che Vincenzo aveva avuto con suo fratello in ragione della sua omosessualità. Ma questa è un'altra storia. Di violenza ottusa, ma non di orrore, dell'orrore che sta delineando la sagoma di Guarente. Un sadico, un mostro, ma certo, prima di domenica, nessuno avrebbe potuto immaginare che sarebbe arrivato a tanto.

E «tanto» in questo caso, sembra più che mai una quantità indefinibile, visto che da quando ha confessato, i colpi di scena, e la conseguente scia di macabre scoperte, sembrano non conoscere una fine.
 

Ieri sono stati resi noti i risultati dell'autopsia ed è emerso che nel torace di Vincenzo c'erano due proiettili. Il calibro non è ancora stato individuato, l'acido li ha corrosi, ma si sa che l'assassino ha un porto d'armi e anche che, quando è stato arrestato, ha giurato «di non toccare armi dal 2003, anno in cui mi sono arruolato. Ma forse una pistola l'aveva, o se l'era procurata, tuttavia per ora non è stata ritrovata.

Qualcuno l'avrebbe fatta sparire. Forse lo stesso Guarente che, tra le altre cose, si è disfatto anche di tutti i vestiti della vittima, intenzionato a depistare le indagini e far passare la scomparsa del ragazzo per un allontanamento volontario. Tanto che ha cercato di liberarsi per sempre anche del suo corpo. Gli abiti che non si trovano più erano nell'armadio della casa di Aversa che Vincenzo condivideva con Heven e non sono mai stati trovati, né è stato trovato il cellulare del ragazzo. Purtroppo alla raccapricciante conta, manca anche una parte della testa del giovane attivista dell'Arcigay e solo l'assassino può dire dove sia e permettere che la salma venga finalmente ricomposta. A meno che non l'abbia buttata in mare, a Licola, dove si è recato due volte nella notte tra il 7 e l'8 luglio, così come stabilito attraverso le celle agganciate dal suo cellulare. Tabulati e video ricostruiscono la notte di «Ciro il mostro». Il resto, dal ritrovamento del cadavere alla scoperta della causa del decesso, è opera dei investigatori, i carabinieri di Aversa diretti dal maggiore Antonio Forte e coordinati dal tenente Flavio Annunziata. 

Ma ora la parola passa alle perizie medico-legali, agli esami tossicologici e alle analisi balistiche. E ai tempi che accertamenti di questo tipo richiedono. Dai test balistici dovrebbe evincersi la vera scena del crimine, stabilire dove Guarente ha sparato a Vincenzo, se in casa di Heven ad Aversa, o nel box di Ponticelli. Ieri sono stati eseguiti anche i test irripetibili sul cellulare dell'indagato mentre, in quelle stesse ore, suo fratello veniva ascoltato in qualità di testimone in caserma dai carabinieri di Aversa. A Roberto Guarente sono state fatte domande sulle abitudini del fratello, sulle sue frequentazioni e sulla personalità; da fonti investigative viene categoricamente esclusa una partecipazione del fratello nel crudele delitto del 7 luglio.

In realtà, è stato proprio lui, con i genitori, a mettere sulla buona strada gli investigatori, indicando, sembrerebbe, il garage di via Scarpetta a Ponticelli preso in affitto dal fratello Ciro per nascondere i resti della vittima.

Intanto, attraverso una pagina web, emergono degli elementi in merito al rapporto tra Heven, Vincenzo e Ciro. Sembra che il 25enne fosse intenzionato ad andare via dalla casa della trans perché quest'ultima si era «infatuata di lui, ma Vincenzo non era attratto dai transessuali». L'anonimo curatore della pagina spiega che Ciro avrebbe assassinato Vincenzo perché lo «vedeva migliore di lui .. un nemico da togliere di mezzo .. ma era ed è un suo pensiero». Tanti i dubbi anche sul movente.

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