Napoli, l'indagine segreta dell'ingegnere:
falsi e silenzi sulla morte di papà

Napoli, l'indagine segreta dell'ingegnere: falsi e silenzi sulla morte di papà
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 1 Dicembre 2016, 08:25 - Ultimo agg. 22:22
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Ha passato gli ultimi mesi a raccogliere testimonianze giurate, a incrociare dati e documenti, a valorizzare punti poco battuti. Ha svolto per mesi - gli ultimi di vita - una sorta di controinchiesta, per dimostrare che sulla morte del padre non poteva calare il sipario. Anzi. Sulla scomparsa di Lucio Materazzo, l'ingegnere ottantenne deceduto il 25 luglio del 2013, non poteva esserci un'archiviazione, quel caso non poteva rimanere senza un colpevole. Eccolo Vittorio Materazzo, il 51enne ucciso lunedì sera in viale Maria Cristina di Savoia. Pochi mesi prima di morire aveva messo insieme una serie di dati e testimonianze, frutto di indagini difensive condotte dal suo legale di fiducia, il penalista Luigi Ferrandino. Indagini che un risultato concreto l'avevano pure ottenuto: avevano spinto la Procura di Napoli ad aprire un fascicolo per falso, in relazione ad alcune presunte anomalie nei documenti legati alla morte di Lucio Materazzo. Dal suo punto di vista, aveva fatto bingo. Vittorio, che aveva ereditato dal padre la passione per il lavoro di ingegnere, aveva ottenuto che sul decesso del genitore si indagasse ancora. Una svolta che oggi potrebbe essere il movente del suo omicidio, la causa scatenante della follia che ha armato la mano dell'assassino. Già, l'assassino. Non è un criminale di professione, conosceva la vittima ed è libero. Vive tra noi. Magari finge un atteggiamento mesto e collaborativo, si appresta a mostrarsi affranto nel corso del funerale, che verrà celebrato subito dopo l'autopsia (prevista questa mattina). Ma torniamo a quella sorta di controinchiesta che ha animato l'ultimo periodo di vita di Vittorio Materazzo, che lo aveva posto di fronte ad una convinzione da brividi: «Mio padre è stato ucciso - ripeteva agli amici di sempre - lo hanno ammazzato e anche io sono a rischio. Ho alzato un tale polverone, che vogliono ammazzare anche me, proveranno ad uccidermi».

I soccorritori
Ma in cosa consiste la controindagine di Vittorio? Proviamo a seguire il ragionamento dell'avvocato Ferrandino, nell'istanza di apertura di indagini sulla morte di Lucio Materazzo. Nel corso di questi mesi, il difensore ha ascoltato i primi soccorritori, gli uomini che intervennero dopo le sette del mattino di quel 25 aprile del 2013. Tutti concordano su un punto: il corpo di Lucio era come rannicchiato in posizione fetale («di difesa») e rigido; c'erano gocce di sangue coagulate sul viso, ci volle lo sforzo di almeno tre uomini per rimettere in posizione orizzontale la sagoma della vittima.

L'orario del decesso
Anche questo punto è controverso, almeno secondo l'istruttoria difensiva. A che ora è morto Lucio Materazzo? Secondo la testimonianza di Vittorio e della moglie, l'allarme venne lanciato tra le 6.30 e le 7.00 del mattino. Eppure era in stato di «rigor mortis» che, per la letteratura scientifica condivisa, sopraggiunge a distanza di tre quattro ore dal decesso. Eppure - si legge nell'istanza -, quando viene lanciato l'allarme in famiglia da parte di un fratello di Vittorio e della convivente di Lucio, il messaggio è chiaro: «Papà sta male, chiamate il pronto soccorso...»; eppure, sin dalla prima visione del corpo, appariva chiaro che l'uomo era già deceduto da qualche ora.


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