Faida del Principino di Secondigliano: condannati mandanti e killer di 12 omicidi

Luce su una serie di omicidi avvenuti nella periferia di Napoli

L'omicidio del 1997 di Pasquale Benderi
L'omicidio del 1997 di Pasquale Benderi
di Luigi Sabino
Lunedì 29 Gennaio 2024, 14:43 - Ultimo agg. 30 Gennaio, 07:24
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Mano pesante della giustizia nei confronti di mandanti ed esecutori di una serie di omicidi che sconvolsero la periferia nord di Napoli alla fine degli anni ’90 nell’ambito di quella che è passata alla storia come la cosiddetta faida del principino.

Una dozzina gli omicidi per cui sono finiti alla sbarra altrettanti esponenti di spicco della camorra dell’area nord, primo fra tutti Paolo Di Lauro, indiscusso padrino del Rione dei Fiori di Secondigliano. Pesantissima la condanna emessa dal Gup di Napoli nei suoi confronti perché ritenuto il mandante dell’omicidio di Francesco Fusco. Per il boss, da tempo detenuto, carcere a vita, interdizione dai pubblici uffici e decadenza della responsabilità genitoriale. Stessa pena inflitta a Raffaele Perfetto, ras e sicario di fiducia della cosca Lo Russo di Miano condannato, invece, per l’omicidio di Raffaele Ruggiero, anche questo da incasellare nella lunga scia della primavera del ’97. 

Accanto a loro l’intero gotha della camorra della periferia nord di Napoli come i fratelli Guido e Raffaele Abbinante, all’epoca dei fatti colonnelli del clan Di Lauro, Gennaro Trambarulo, vertice della cosca Licciardi della Masseria Cardone e Giuseppe Lo Russo, capo dell’omonimo sodalizio che controllava il quartiere di Miano. Condannati, per il loro ruolo avuto nella mattanza, anche i collaboratori di giustizia Maurizio Prestieri ed Ettore Sabatino così come Rito Calzone alias ‘o pisano, già detenuto per altro e considerato uno dei sicari più affidabili di quelli che, negli anni a venire, diventeranno tristemente noti come gli scissionisti di Scampia.  

Difeso dall’avvocato Luigi Senese, Calzone ha incassato una condanna a poco più di diciotto anni di reclusione per il ruolo avuto nell’uccisione di Ciro Cianciulli. Un omicidio, quello di ‘o sfregiato come la vittima era nota negli ambienti criminali, su cui, a fare luce, sono state proprio le dichiarazioni di Calzone che, dinanzi ai magistrati, ha ricostruito le fasi dell’esecuzione. Altri collaboratori, come Maurizio Prestieri, ne hanno, invece, spiegato il movente. La vittima, infatti, aveva deciso di lasciare il clan Di Lauro, di cui faceva parte, per passare con la potente cosca dei Mazzarella. Un passaggio che, però, richiedeva un prezzo, la testa di Ettore Sabatino, ras dell’Alleanza di Secondigliano.

La notizia del tradimento, tuttavia, arrivò ai padrini dell’area nord che, temendo uno scontro, decisero di eliminare Cianciulli. Altri delitti svelati, oltre a quelli di Fusco, Cianciulli e Ruggiero sono quelli di Pasquale Benderi, ammazzato perché sospettato di essere un confidente delle forze dell’ordine, Umberto Zovasco, trucidato perché possibile testimone scomodo di un omicidio cui aveva partecipato come filatore e Raffaele Cianciulli, fratello di Ciro, ucciso perché intenzionato a vendicare la morte del congiunto. Capitolo a parte, invece, è la mattanza che seguì alla morte di Vincenzo Esposito alias ‘o Principino, nipote prediletto di Maria e Vincenzo Licciardi, ucciso per futili motivi dopo una lite in discoteca con esponente del gruppo Prestieri, all’epoca costola del clan Di Lauro.

La morte del giovanissimo ras e, soprattutto, la possibilità di uno scontro frontale tra i Di Lauro e L’Alleanza di Secondigliano spinse i boss a sedere al tavolo delle trattative. La pace, questa l’intesa, sarebbe stata mantenuta solo a condizione che i responsabili, tutti legati al ras Francesco Fusco, fossero ammazzati. A ucciderli commando di sicari composti da appartenenti alle cosche Di Lauro, Licciardi e Lo Russo.

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