Clan Abbinante, in fuga il boss Francesco Abbinante: è sfuggito al maxi blitz di Scampia

Il clan imponeva un doppio pizzo a tutti i commercianti del popoloso Rione Monterosa

In fuga il boss Francesco Abbinante
In fuga il boss Francesco Abbinante
di Giuseppe Crimaldi
Mercoledì 8 Novembre 2023, 11:00
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La droga, ma anche le estorsioni capaci di imporre ad intere zone della periferia nord di Napoli l'esclusiva su pane e mozzarella, erano il tesoro del clan Abbinante. La cosca nata da una sanguinosa scissione dopo la prima faida di Scampia dettava la sua legge dalla roccaforte della Vinella Grassi fino ai rioni Monterosa, Ises e 33 è al centro di un'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia confluita ieri in una raffica di arresti e misure cautelari alternative emesse dal giudice per le indagini preliminari a carico di 37 presunti affiliati.

Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia Stella, hanno permesso di svelare i meccanismi illeciti capaci di garantire introiti milionari fondati sullo spaccio e sul racket. 

Stroncati i vertici e i quadri intermedi del gruppo capeggiato dai fratelli Arcangelo e Francesco Abbinante (sfuggito alla cattura).

L'operazione dei militari dell'Arma è scattata all'alba di ieri, anche se la caccia ai signori della droga non è ancora terminata, e all'appello mancano ancora sette fuggitivi. Alla base dell'inchiesta, oltre alle intercettazioni telefoniche, ci sono anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, a cominciare da quelle fornite da Luigi Rignante, che ha fornito un contributo importantissimo a ricostruire i nuovi organigrammi del clan e i suoi metodi criminali.

Un fiume di droga - cocaina, hashish, marijuana, kobrett - veniva spacciato senza sosta nelle piazze guardate a vista da sentinelle in azione giorno e notte, con pusher che si alternavano seguendo precisi turni di lavoro.

Poi c'erano le estorsioni. Gli Abbinante imponevano un doppio pizzo a tutti i commercianti del popoloso Rione Monterosa: in prima battuta esigendo salatissime rate settimanali o mensili, e poi imponendo la commercializzazione di alcuni prodotti riconducibili ad aziende a loro vicine o comunque vittime del racket, a cominciare dalla mozzarella, dal pane e persino dalle shopper, le buste di plastica per fare la spesa. 

Per i destinatari delle misure, accuse a vario titolo: associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, tutti reati aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose. 

«Questi rioni sono Casa Nostra»: questo l'ordine impartito dai boss agli affiliati, con un evidente gioco di parole con Cosa Nostra. La cosca rispondeva a ferree logiche familistiche, al punto che al vertice della cupola camorristica non poteva che sedere uno dei componenti della famiglia Abbinante. Non a caso, tra i destinatari delle misure cautelari in carcere figurano anche i nipoti di Arcangelo Abbinante, figli del suo terzogenito Guido. 

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Dalle dichiarazioni dei pentiti emerge anche la strategia degli Abbinante, che dopo la terza faida di Scampia si sarebbero riorganizzati e rafforzati anche militarmente, stringendo accordi di non belligeranza con gli altri gruppi criminali attivi nell'area nord della città.

Determinati e spietati, secondo il peggior copione che da sempre descrive i camorristi: questi erano gli Abbinante. In occasione di un incontro tra gli emissari del racket e un ambulante che cercava di ritardare il pagamento di una rata, l'esattore gli si rivolse con queste parole: «Tu devi chiudere con 50 euro al mese, venditi la bancarella, fai quello che vuoi che devo fare? Ti devo prendere e ti devo buttare nel bidone dell'immondizia?». Stesso modus operandi è stato riscontrato dai carabinieri anche per coloro a cui era concessa l'esclusività della fornitura del pane (300 euro mensili) e per le buste da dare ai clienti che acquistavano i prodotti. Il "pizzo" veniva imposto ai commercianti i quali, oltre a pagare l'estorsione, dovevano anche acquistare prodotti caseari, pane e buste per la spesa da coloro che venivano indicati dal clan. 

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