Napoli, Stalking, condannato e poi licenziato ma il giudice del lavoro lo reintegra

Napoli, Stalking, condannato e poi licenziato ma il giudice del lavoro lo reintegra
di Mariagiovanna Capone
Giovedì 18 Maggio 2017, 09:32 - Ultimo agg. 09:37
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Una vicenda assurda, pirandelliana. Che mette in evidenza quanto il confine tra giustizia e ingiustizia sia spesso molto labile. Una storia che racchiude quanto di peggio possa accadere a una donna che per mesi subisce stalking e ogni sorta di violenza psicologica da parte del suo capo, e quando trova il coraggio di denunciarlo spera che il suo incubo sia finalmente finito. Invece no. A Nina (nome di fantasia) non è andata così. Il ritorno a una vita normale, senza ossessioni e persecuzioni dura solo una manciata di mesi. Il tempo di un nuovo processo, stavolta indetto dall’uomo verso l’azienda Tim, che lo ha licenziato dopo la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del luglio scorso e gli ha assegnato otto mesi di reclusione.


Tra qualche settimana per Nina l’incubo potrebbe tornare, trovandosi di nuovo faccia a faccia con il suo carnefice sul luogo del lavoro. A decidere la reintegrazione dell’uomo che per mesi ha perseguitato, minacciato e ingiuriato Nina, è il giudice del lavoro di Napoli che con un’ordinanza del 4 maggio 2017 ha annullato il licenziamento. In pratica costringe Tim a riassumere una persona condannata penalmente per un reato perpetrato sul posto di lavoro, affermando che i fatti contestati attengono alla sua vita privata e non hanno assunto carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e in particolare di quello fiduciario.

Una decisione che contrasta con i consolidati orientamenti della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, che ha più volte rivelato la «diretta incidenza sul vincolo di condotte dolose» quale quella in esame. La storia inizia nel 2009, con l’uomo che dopo aver incontrato Nina a un corso di aggiornamento, la fa spostare nella sede di Napoli e diventa una sua sottoposta. All’inizio le ronza intorno, si mostra gentile. Poi quando la donna si separa inizia a corteggiarla con insistenza, e al diniego scatta la molestia. È talmente ossessionato che le clona perfino la scheda telefonica aziendale pur di leggere ogni messaggio.


Per Nina è l’inizio dell’inferno.
Se lo ritrova ovunque: a un corso di scrittura, davanti scuola del figlio, sotto casa, dove si da appuntamento con le amiche, perfino a una crociera. L’uomo insiste e dopo l’ennesimo rifiuto di una relazione, le scrive minacce, insulti volgari e promesse di distruggerne rispettabilità e carriera. Per mesi Nina subisce, poi dopo un’aggressione violenta al suo ennesimo no, lo denuncia. Ci vorranno alcuni anni per arrivare a sentenza ma il tribunale penale lo riconosce colpevole e qualche settimana dopo, Tim lo licenzia constatando la violazione del codice disciplinare aziendale. L’uomo però non si da per vinto e ricorre al giudice del lavoro che gli ha dato ragione. Tra qualche settimana tornerà negli uffici della Tim.


 
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