«Aperi-Napoli», ecco la mappa del cocktail giusto in città

Mixologia & tapas made in campania nell’ultima tendenza preserale urbana

«Aperi-Napoli»: ecco il cocktail giusto
«Aperi-Napoli»: ecco il cocktail giusto
di Salvio Parisi
Giovedì 14 Marzo 2024, 11:52
8 Minuti di Lettura

«Ci vediamo?»: parliamo di aggregazione, di meeting, di stare insieme. Qui da noi un’uscita serale o l’appuntamento per un caffè, una chiacchiera e uno spezzafame sono il miglior pretesto per vivere il tempo e la città in compagnia, sospesi dai ritmi e dagli impegni.
Un tempo c’era il by night, il clubbing e i top dj’s: Napoli ha senz’altro stabilito per oltre vent’anni un primato nazionale (e non solo) per la musica underground e i tour dei grandi nomi delle consolle da tutto il globo. Poi con l’appeal delle mode meneghine e internazionali dell’incontro al bar e il drink con stuzzichino nel preserale, anche qui a Sud s’è iniziato a parlare, vedere e consumare «l’ape»: non già e non solo un appetizer prima di cena, ma una godibile degustazione di prelibatezze nostrane tout court.

Nella città più turisticamente declinata allo street food e al cibo frugale d’Italia (ricordiamo che la pizza è il primo fast food della storia), riusciamo a intercettare anche il modo, la voglia e una serie di posticini per un cocktail ben eseguito e un appetizer volutamente partenopei, così tanto tradizio-artigianali e persino “glocal”.

In giro per Chiaia, Santa Lucia, Quartieri Spagnoli, Centro Storico, Posillipo e Vomero, ma anche in periferia o da chef stellati e mixologist blasonati, abbiamo ridisegnato in ogni senso il concetto di drink o chupito pre dinner e tapas, tartina o stuzzichini con prodotti nostrani ben assemblati, materie prime a kilometro breve e preparazioni neo-tradizionali. Risultato? Una micro-mappa per l’aperitivo napoletano ovvero il cocktail giusto made in campania.

 

Dietro piazza Vittoria L’Antiquario è senz’altro un punto di partenza: vero speakeasy, apprezzato da David Wondrich (guru della mixologia internazionale), è il primo locale partenopeo tra i World’s 50 Best Bar. Alla corte di Alex Frezza e i suoi signature cocktail, incontriamo Dario Tortorella che prepara un “Macchiato”: bitter rosso e whisky torbato in pairing con un’autentica oliva Nocellara. Ci spiega che l’ingrediente napoletano che ha usato è “l’arte d’arrangiarsi”: «qualche anno fa avevo appena iniziato all’Antiquario e c’era a Napoli David Wondrich: sapevo che sarebbe passato qui e che in alcuni bar aveva chiesto cocktail sì classici ma inusuali. Ovviamente ero timoroso, volevo far bella figura e soprattutto dimostrare di "tenere banco", quindi la cosa che mi venne in mente fu di anticipare tutti: senza dare il tempo, accolsi gli ospiti, li feci accomodare e offrii loro dell’acqua. Poi a voce alta domandai: Shakerato per tutti? Non potevano mica dirmi di no? Wondrich si alza e mi fa: sì, ma con un goccio di whisky! Lì per lì scelsi di utilizzare un torbato, "macchiando" appunto quel po’ che bastava lo Shakerato. Disse che era molto buono e da allora accolgo tutti così…»

Lungo la Riviera di Chiaia al music fusion bar Quartiere Generale patròn Enrico Schettino dalle 19.00 offre un Brezza Marina (polpa di frutti misti della Costiera, mirtilli freschi, liquore d’arancia homemade e vodka) e un Basil Smash con succo di limoni sorrentini e gin vesuviano, abbinati a un twist di lumpia (involtini primavera) al provolone del Monaco, un cuoppo d’alga nori di paranza in tempura e tre polpette napoletane di pesce. A Chiaia in zona baretti si passa da Joca e La Fesseria al Bloom. Al primo lo chef avellinese Gianluca D’Agostino, una stella Michelin, prepara una “focaccia tartare” (manzo, colatura di alici, nocciole e tartufo nero) affiancata a una coppetta di Campari e angostura, spumante di fiano d’Avellino e Don Fà, aglianico e barbera fortificati all’amarena: l’Irpinia da gustare.

Alla Fesseria (secondo di due drink bar in centro) Davide Di Guida mixa un “Ripresino”, fatto con tequila al pimento, espresso Passalacqua, sciroppo variegato (nocciola di Giffoni, mandorla e cocco) e ci affianca “bim Bun bam”, ossia tre minibun Troisi farciti con salsiccia, friarielli e provola d’Agerola, con parmigiana destrutturata e con zucchine Nerano e provolone del Monaco.

Il Bloom, invece, è un vintage bar tra modernariato e jungle style a pochi metri da piazzetta Rodinò. Carmine e Gabriella Fuorvia, un po' fashion designer e un po’ locandieri, sotto ora di cena amano stuzzicare con una coppa di Monkey Spritz (Select e spumante di aglianico rosè Dubl) e un appetizer da acquolina: polpetta al ragù, friarielli e frittata di cipolle.

Verso via Partenope e Castel dell’Ovo, appena dietro i grandi alberghi si entra al Restaqmmè, un’elegante secret venue (parola di Denzel Washington), condotta da Lord Genny Parlati, dove si può cenare con garbo e intimità o si possono assaggiare in versione finger le genialate gastronomiche di chef Magdalena Buczynska (partenopea d’adozione), ad esempio una millefoglie di patate, caprino al mandarino e tangerine gel, una cialda di ceci, curcuma, filetto di nero casertano stagionato al ginepro e majo all’aglio nero, un paninetto alle olive ripieno di genovese con una coppa di limoncello sorrentino, amaro Dios (quello con yerba mate ispirato a Dieguito) e spumante di asprinio aversano.

Sempre a Santa Lucia si va al Grand Tour, un piccolo boutique bar dal design razional chic. I due bartender, Manuela Albano e Dante Pregnolato, preparano a quattro mani un “Vesuvia” (bourbon, limone di Procida, sciroppo di percoca e aglianico) e un “Sorrento Basil Smash” per accompagnare il loro mitico appetizer, ovvero polpettine di carne e melanzane con bruschetta di datterino salernitano.

Si sale ai Quartieri Spagnoli, dove nel dedalo di bar, botteghelle e risto-pizza s’incontra Salvatore Visone alias il Barrucchiere, un dual store tra beauty e drink: direttamente dai suoi seguitissimi profili social si può assaggiare “Azzurro”, fatto con spumante di falanghina flegrea, limoncello sorrentino e un tocco di blu curaçao, accompagnato da bocconcini pepati di mozzarella aversana e olive aitane. Guadagnando piazza Dante, si giunge in Galleria Principe di Napoli e si entra nel regno di Scotto Jonno, biblio-bistrot dall’allure art e liberty, dove Luca Iannuzzi organizza pre-cena e light dinner, complice Leandro Ruggiero, che dal bar prepara “Strega del Vesuvio” (con caffè, tagete, cialda di pomodoro del piennolo, gin homeselected, scotch whisky e tanto di affumicatura) o “Spaccanapoli” (con cetriolo, sesamo tostato, dry vermouth e rhum di Haiti, infuso con spirulina blu), semplicemente accompagnati con olive caiazzane e tarallini napoletani.

È la volta della Sanità, il quartiere della più interessante street art cittadina: ai Vergini c’è la centenaria Cantina Sepe, dove Ciccio (Sepe) ha ormai da tempo ridisegnato l’aperitivo nostrano e ogni pomeriggio (soprattutto al giovedì) racconta il miglior bere campano e propone un abbinamento di spumante rosè di piedirosso flegreo con un assaggio della storica parmigiana di mammà.

Alla storica Enoteca Scagliola quasi di fronte al conservatorio in San Pietro a Majella, il buon Nicola da rodato sommelier e buongustaio vecchia scuola propone un Aperol Spritz con asprinio d’Aversa frizzante perfettamente abbinato a una classica pizza di scarola homemade.

Si salta in zona Garibaldi e dietro la stazione alla “cine” trattoria Ieri Oggi Domani in tardo pomeriggio patròn Pasquale Casillo sotto gli occhi di Sofia Loren (dalle gigantografie in sala) organizza l’ape con il “Gin tonic di Ieri”, cui aggiunge scorza di limone di Amalfi e qualche goccia di liquore al caffè: l’appetizer qui diventa una pietanza e dalla cucina di Antonio Castellano arriva una terrina di pasta patate e provola gratinata in forno a legna con polvere di caffè. Si va al Vomero e a un passo da Medaglie d’Oro c’è The Jungle, uno stiloso tapas bar dai toni esotici e animalier, dove Antonio Di Gennaro a proposito di basso tasso alcolico mixa in un tumbler il “Fizz low Abv” con liquore alla mela annurca, Italicus, limone di Procida e top di soda, abbinandolo a un bao con parmigiana di melanzane e friarielli.

Riscendendo la collina, in via Manzoni si raggiunge il Riserva Rooftop, brasserie-bar con vista, dove dalle 20 si staziona sia al banco cocktail che ai tavoli cena e Michael Reale propone il “Napul’è”, fatto con gin Vesuvius, bitter infuso al babà e vermut rosso, guarnito con un piccolo babà su ice cube; da Davide Cannavale in cucina arrivano bon bon di pizza ripiena (cicoli, ricotta, provola e pesto), minibun salsiccia e friarielli con una sifonata di ricotta e salsa al piennolo.

Anche in periferia la moda dell’ape made in naples funziona benone: lo sanno persino ad Identità Golose, l’annuale kermesse enogastronomica milanese, che ha da appena conferito un riconoscimento “cocktail & pizza” al vesuviano Jack Prisco, che dal suo Pizza&Spirits ha miscelato Annù, ovvero liquore alla mela annurca Igp, grappa bianca di Greco e ginger ale, abbinandolo a una fetta di “maruzzella croccante”, pizza in tre cotture (vapore, fritta e forno) condita con alici, piennolo e giallo Giagiù del Vesuvio, capperi, olive nere e origano dall’orto.

 

Sempre alle porte di Napoli all’elegante bistrò bar Ro di Nola Antonio Onorato prepara il “GinRo” con base di distillato di nocciole avellane, succo d’agrumi della Costiera, triple sec, tonica e sale Maldon in pairing con un tacos di ventresca di tonno rosso e maionese ai limoni di Sorrento.

Si chiude in rosa con Marianna Vitale, la più giovane chef stellata in Campania, che dalla sua ultima creatura puteolana Mar Limone inventa e impiatta prelibatezze in punta di dita tra marinaro e neo-tradizionale, come il crocchè di patate e cozze flegree perfettamente abbinato alla sua fresca birra artigianale Marialga, leggera e salmastra d’alga marina: l’aperi-Napoli d’autore.

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